Sunday, April 26, 2009

DOV'E', O MORTE, LA TUA VITTORIA ?



A volte mi domando quali possano essere le ragioni per tenere aperto ed aggiornato un blog.
Potrebbe essere l'argomento di un nuovo post.
Ma intanto sono felice che questo possa essere anche un luogo dove veicolare la straordinaria esperienza di padre Aldo Trento, sacerdote ad Asunciòn, in Paraguay.
Non sono l'unico a farlo, per fortuna - altri blog amici pubblicano le lettere che lui manda - ma non credo che la ridondanza, in questo caso, faccia male.
Ecco la sua ultima mail:

Cari amici,
“P.Aldo, credi tu questo?” mi sento chiedere in questo momento da Gesù, mentre ho il cuore spezzato guardando il cadavere di mia figlia Alice, appena morta, a 22 anni e mentre stringo al mio petto la piccola Yasmina, la più grande dei suoi tre figli.  Yasmina vive con me, insieme ad altri 20 bambini della casetta di Betlemme. Ha 8 anni. Ho raccolto Alice dalla strada,  distrutta dall’AIDS. Sola al mondo, usata e abusata da tutti. Entrava e usciva dalla nostra clinica. L’amore per lei è sempre stato grande, ma la sua libertà ha spesso chiuso gli occhi e come il figlio della parabola alla fine seguiva i suoi pensieri. Però sapeva sempre che il mio cuore era con lei. E così dopo mesi è ritornata, ma per morire. Era molto bella e adesso che la vedo qui al mio fianco morta, è ancora più bella . La morte, quando la misericordia di Dio entra nella libertà umana, trasfigura anche il corpo, mostrando il “già” della risurrezione. Yasmina è qui con me e la mamma adottiva Cristina, la mamma dei 20 bambini. Le ho chiesto, mentre stretta a me mi fissava con i suoi bellissimi occhi neri: “dov’è la mamma?” e lei: “in cielo”. Abbiamo recitato assieme il rosario e poi l’ho mandata coi suoi 20 fratellini della casetta di Betlemme. Non una lacrima lei, a differenza di me. Ma conoscendola so che il suo piccolo cuore ha conosciuto solo il dolore da quando è stata concepita. Che dolore per me!! Sì, perché la verginità rende l’uomo padre come nessuna altra vocazione al mondo. Sento fisicamente il dolore, per cui mi viene da chiedere a Gesù come a Marta: “se tu fossi stato qui…”. Ma Lui mi risponde: “Padre Aldo, Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in Me non conoscerà la morte. CREDI TU QUESTO?” “Si, Signore, credo, come credo che non c’è niente al mondo che impedisca questa certezza: né la depressione, né il cancro, né l’AIDS. A fianco di Alice giace morta per un cancro Carmen, di 53 anni, mentre nella camera a fianco dell’obitorio sta morendo Susanna, una signora rimasta sola al mondo dopo un incidente aereo, che cadendo sulla sua casa le ha ucciso i suoi 5 giovani figli, il marito e tutti i parenti. Quanto dolore! Eppure vedo in me come la familiarità con Cristo, perché questo è il problema, pur nel grande dolore - perché quanto più sei cosciente di essere tutto di Cristo, senti tuo ogni dolore dell’uomo - vivo la certezza della positività del reale. Alice grazie all’AIDS ha lasciato la strada, è venuta qui e qui ha incontrato Gesù. Quando avevo letto il suo diario personale ero rimasto sconvolto di tutte le violenze di cui era stata oggetto dalla nascita. Eppure Dio che non dimentica nessuno dei suoi figli, l’ha condotta qui, dove ha visto il Suo volto e guardando il volto di Dio è morta. Cari amici, ho davvero una grande grazia, la grazia della speranza che è già visibile in me e nei miei moribondi del Paradiso, del compiersi della mia e tua umanità. L’altro giorno nella scuola di comunità con gli ammalati terminali ancora “abili”, Marziana, una bella ragazza di 20 anni, già verso la fine, ha detto “ringrazio Dio di essere qui, in questo luogo, perché vedo che la speranza è un fatto presente, è l’aria che respiro. Sono contenta e offro tutto a Gesù”.

Amici, per me la scuola di comunità sulla speranza la tocco con mano. E’ come se la morte quotidiana dei miei moribondi mi facesse toccare fisicamente ogni parola di Giussani e di Carron. Allora, anche le notti insonni, il malumore, la fatica, le difficoltà, la drammatica situazione del paese con il caos del Presidente-vescovo (ex-vescovo) che come e peggio del terremoto sta sconquassando la Chiesa e la società, tutto diventa possibilità di dire: “…ma Cristo è risorto”. Risorto a tal punto che domenica una delle nostre infermiere ha voluto sposarsi dopo 10 anni di concubinato qui nella clinica, circondata da noi che portiamo i segni della morte negli occhi. E l’ha voluto perché qui - parole sue - ha incontrato la fede, la speranza e la carità.

Con affetto

P.Aldo

Amici, pregate per me perché veramente come dice S.Gregorio “… se non fossimo Tuoi saremmo creature finite” e sfinite.
Guardate la foto della mia Alice un mese fa quando é arrivata per morire:
“Dov’é o morte la tua vottoria?!"
Alice adesso é davvero la mia Alice


Monday, April 20, 2009

IN LINE WITH MY HORIZON


In line with my horizon
emozioni di viaggio,
lungo l'ascolto dell'ultimo disco degli U2



L'inizio di Unknown Caller é ipnotico. Note magiche ed avvolgenti, come le prime luci dell'alba. Accompagnano il torpore del tuo io, ancora troppo in balia delle emozioni, per poi scuoterlo con forza e richiamarlo alla realtà, ancor prima che sia il sole a farlo, quando, ormai alto, divenga efficace nel risvegliare il desiderio più profondo del tuo cuore.
Tutto l'impatto emotivo musicale con questo disco é un su e giù, un'altalena di sentimenti ora di speranza e frenesia, ora d'intimo ripiegamento su dubbi, ma anche su ciò che conservi di più prezioso. Pennellate di colore potenti - non certo tenui acquarelli - ma tinte di pittori fiamminghi, che ti trapassano attraverso i colpi di plettro della chitarra di The Edge, o passaggi epici che rimandano alla mente echi di Pink Floyd.
Fin dalle prime note del disco ti eri sentito afferrato così.
Una sorta di urto violento, un muro di suono - wall of sound tutto targato U2 - che ti era venuto innanzi senza sconti, solo addolcito, forse, da bassorilievi quali la chitarra di Edge - ancora lei - o le pieghe affascinanti della voce e dei sospiri di Bono.
Quel muro, incisivo ed improvviso, aveva rotto la crosta del tuo io, troppo ripiegato su di sé per vedere al di là del proprio naso.
E così una sorta di solennità ti aveva preso a poco a poco, costretto ad entrare tra le note, a riascoltarle con attenzione, sino a scoprirne le pieghe più nascoste e, con esse, quelle del tuo presente che tentavi in qualche modo di allontanare.
Era così che "No line in the horizon" era divenuto richiamo netto all'infinito, dentro l'orizzonte apparentemente limitato del tuo vivere quotidiano.

Ed era così che l'urto aveva prodotto - a poco a poco anch'esso - una resa.
Perché di resa si era trattato - sorprendentemente dolce e priva di dolore, peraltro - quand'eri giunto a Moment Of Surrender. La canzone più lunga di sempre degli U2, quella che secondo Brian Eno sarebbe la migliore mai incisa con lui dalla band, doveva pur significare qualcosa. Resa di fronte al dolore che l'uomo é capace di procurarsi da sé, stazioni di via crucis capaci d'interrogarti nel profondo: "I was speeding on the subway / through the stations of the cross". Racconta Bono, a proposito di questa canzone: "Conosco molte persone, non ultimo il bassista della mia band che hanno dovuto affrontare i loro demoni. Forse c’è una parte di me che pensa: “Wow, ci sono andato vicino!” Ho anch’io la mia vena selvaggia, e so perfettamente con quanta facilità io perda le staffe. Sai: se vado in chiesa non è solo perché mi piace l’architettura religiosa…".
Ma quella resa ti si era resa ancor più evidente quand'eri arrivato quasi alla fine, sull'unica vera "resa sonora" del disco, quella White As Snow così dolce ed avvolgente, ma allo stesso tempo così simile ad un disperato grido di bisogno: la consapevolezza di non farcela da soli: "Un tempo sapevo che vi era un amore divino / Poi venne il tempo in cui pensai che non mi avesse conosciuto / Chi può perdonare il perdono quando perdono non é / Solo l'agnello bianco come la neve" (White As Snow).



Solo arrivato a quel punto ti era parso di sentirti finalmente liberato, perché avevi scorto un amore più grande, capace di guarire le ferite più profonde e persino le cicatrici: "God is love / And love is evolution's very best day" (Stand Up Comedy), "Only love can leave such a mark, only love can heal such a scar" (Magnificent). Ed era di questa prospettiva che scoprivi d'aver bisogno perché il sole potesse spuntare nuovamente all'orizzonte; occhiali che sapessero vedere la realtà per ciò che é, un disegno d'Amore al di là della sofferenza contingente, una moneta già pagata da Qualcuno più grande di te e della tua storia, ma che ha a cuore entrambe e la tua capacità di cogliere il significato di ciò che accade. E' una "vision over visibility" quella che si fa strada un po' alla volta, quella che sembra stare a cuore a Bono e compagni: "Non sono tipo da tatuaggi, ma se ne avessi uno, sarebbe quello. Elvis aveva "Take care of business", io avrei "Vision over visibility".


Sono appunti di un viaggio felice, questi, presi navigando sulle note dell'ultimo lavoro degli U2. Una musicalità che mi attrae, forse un po' sovraprodotta dal lavoro di Brian Eno e Daniel Lanois, ma incisiva ed efficace nell'impatto sonoro complessivo. La voce di Bono ancora in forma smagliante, ma soprattutto il fatto che abbia ancora qualcosa da dire e da cantare a squarciagola.
Qualcosa che oggi ha fatto irruzione nella mia giornata, facendole rammentare che é sempre sostenuta da un Amore più grande.
La grazia di una Misericordia, oggi é passata attraverso luci e suoni:
"Walk out, into the sunburst street / Sing your heart out, sing my heart out / I’ve found grace inside a sound / I found grace, it’s all that I found / And I can breathe / Breathe now"

"Esci fuori, nella strada bruciata dal sole / canta il tuo cuore, canta il mio cuore / Ho trovato grazia dentro un suono / Ho trovato grazia, é tutto quel che ho trovato / E posso respirare / Posso respirare ora" (Breathe)





Note e ringraziamenti
:
Nel corso del mio viaggio mi sono avvalso di alcune utilissime note tratte da questo sito:
http://digilander.libero.it/u2anchetu/index.html


Friday, April 17, 2009

SACRIFICI


Mi é ricapitata tra le mani, ingiallita dal tempo, questa vecchia lettera d'auguri, inviata dall'amministrazione comunale ai miei genitori, quand'ero in procinto d'iniziare la scuola elementare.
Un linguaggio d'altri tempi, sembra quasi di sentire il doppiaggio di certi vecchi film di Hollywood che piacciono tanto a mia madre e qualche volta perfino a mia moglie (come facciano a guardare "Via col vento", non l'ho mai capito...).
Però in quelle poche righe non ci sono mica fregnacce.
"questo primo passo nella vita ti costerà piccoli sacrifici" e se "li accetterai e sarai diligente", "ti preparerai bene alla vita".
Come dire: mica é uno scherzo questo, la vita é una cosa seria.
E come fai a pensare di viverla, cioé di cavartela, se fai fuori il concetto di fatica, sacrificio e - mi verrebbe da aggiungere - quello di gratuità ?

Peccato che certe lettere, di questi tempi, non le scriva più nessuno.
Perché quando incontri qualcuno che invece ti aiuta a dare un volto al sacrificio, a donare senso a ciò che fa male e non capisci - senso che, spesso, non é comprensione "intellettuale" - e ti affianca in un agire che é un caricarsi di quell'oscurità senza opporle un rifiuto, di solito scopri che questo qualcuno ti é vero amico ed attraverso quel passaggio ti ha fatto scoprire qualcosa che altrimenti non avresti mai vissuto.
Quel qualcosa, spesso e volentieri, é luce in fondo al tunnel, é centuplo d'amore dove pensavi di trovare solo odio, é misericordia che prende il posto del rancore.
Insomma, in una parola, risurrezione.
Come quella a cui é giunto Colui che la moneta del dolore l'ha già pagata per il mondo intero.

Friday, April 10, 2009

OGGI COME ALLORA

Guardo i fatti d'Abruzzo, con l'anima straziata, e non riesco a non pensare ai tempi di guerra ed all'esperienza di Chiara Lubich e delle sue prime compagne.
Stessa distruzione, stessa morte ovunque, ma la certezza che c'é un Ideale che non potrà crollare, e che "omnia vincit amor", tutto vince l'amore.
Ecco, dalle parole di Igino Giordani, il racconto di alcuni di quei momenti:

"(...) Il 13 maggio si scatenò a Trento il secondo grande bombardamento. Fra le tante, una casa accanto all'abitazione di Chiara restò distrutta e l'abitazione stessa di Chiara fu lesionata, con mura e vetri in frantumi. Inabitabili risultarono pure le case di Dori e Natalia (1) e altre. L'ospedale, dove lavorava il fratello di Chiara come assistente medico, in gran parte schiantato, con morti e feriti.
Quel giorno stesso lei incontrò Dori e si abbracciarono: erano entrambe senza casa.
Andò all'ospedale e contemplò la strage; e allora Gino, il fratello medico, constatò: "Vanità delle vanità; tutto passa".
La notte ella dormì all'aperto, nel giardino di Gocciadoro (2), verso la collina, coi genitori, i quali passarono quelle ore a meditare sul modo come sfollare. Chiara ricordò che, nel fare il voto di castità, aveva promesso al padre spirituale di non abbandonare la città di Trento: donde la sofferenza al pensiero dell'imminente seprazione. E pianse dirottamente. I genitori, non sapendo, cercavano di consolarla. Si consolò ricordando il motto virgiliano: "Omnia vincit amor!". E pregando tutta la notte con gli occhi alle stelle vide passare il carro dell'Orsa. E poco prima dell'alba, quando i genitori obbligati a sfollare presero a raccogliere le poche cose salvabili nella casa, ella dichiarò al padre di non poter partire per la promessa fatta: s'inginocchiò davanti a lui, e lo guardò. E il padre la benedisse, assentendo. Ella ripeté il gesto con la mamma, la quale però oppose resistenza.
E i genitori, con sacchi sulle spalle, s'avviarono per la campagna; lei, senza niente in mano, con l'anima straziata, piangendo s'avviò per la città distrutta. Ad un dato punto incontrò una signora. Sembrava impazzita dal dolore e le disse: "Quattro me ne sono morti!". Chiara la consolò e pensò di dimenticare il suo dolore per pensare a quello dell'umanità..."


(tratto da "Erano i tempi di guerra", Città Nuova editrice)
Note:
(1) Dori e Natalia furono le prime due compagne di Chiara Lubich
(2) il giardino di Gocciadoro si trovava alla periferia di Trento


E' l'inizio della storia di Chiara e del nascente Movimento dei Focolari. Un inizio sotto i bombardamenti che fanno crollare ogni cosa - come il terremoto - ma dentro una certezza: l'incontro con Dio Amore, l'Unico che non crolla. Una scoperta definita da Chiara "folgorante", "più forte delle bombe che colpivano Trento", subito comunicata e condivisa con le sue prime compagne.
Una vita che cambia e, con la loro, quella di tantissime altre persone negli anni a venire, che hanno seguito quella scintilla ispiratrice e quella strada.
Il passaggio dal venerdì santo alla Pasqua, dall'abbraccio di Gesù crocifisso e Abbandonato a quello di Gesù Risorto.


Tuesday, April 07, 2009

HOLY MOTHER


"Sono entrata in chiesa un giorno
e con il cuore pieno di confidenza Gli chiesi:
"Perché volesti rimanere sulla terra,
su tutti i punti della terra,
nella dolcissima Eucaristia,
e non hai trovato,
Tu che sei Dio, 
una forma per portarvi e lasciarvi anche Maria,
la Mamma di tutti noi che viaggiamo?"
Nel silenzio sembrava rispondesse:
"Non l'ho portata perché la voglio rivedere in te.
Anche se non siete immacolati,
il mio amore vi verginizzerà
e tu, voi,
aprirete braccia e cuori di madri all'umanità,
che, come allora, ha sete del suo Dio
e della Madre di Lui.
A voi ora
lenire i dolori, le piaghe,
asciugare le lacrime.
Canta le litanie
e cerca di rispecchiarti in quelle"

(Chiara Lubich, 1957)




Come riuscire a dormire questa sera, come prendere sonno di nuovo, davanti a notti che portano distruzione?
Guardo mia moglie ed i miei figli, già addormentati e vorrei vegliare accanto a loro, proteggerli dai mali del mondo, per l'eternità. Così rimango sul bordo del letto, uno alla volta, uno dopo l'altro, finché la stanchezza non prenderà il sopravvento anche su di me.
Finché l'amore di una Madre non giungerà a placare le ansie del cuore, del mio come di quello martoriato di chi ha perso tutto, di chi non ha più nulla, neppure le proprie lacrime da versare.

La mia mente, questa sera, vola sulle dolci note di una canzone che é preghiera.
La mia mano, questa notte, stringe il rosario tra le dita.




“Madre Santa, dove sei?/ Stanotte sono a pezzi/ Ho visto le stelle cadere dal cielo/ Madre Santa, non posso trattenermi dal piangere./ Oh, stavolta ho bisogno del tuo aiuto/ Fai che finisca questa notte di solitudine/ Dimmi per favore per quale via andare/ per ritrovare me stesso di nuovo./ Madre Santa ascolta la mia preghiera/ In qualche modo so che ci sei sempre/ Manda un po’ di pace al mio cuore/ toglimi questa angoscia./ non posso più aspettare a lungo, non farti attendere ancora. “Madre Santa ascolta il mio pianto/ io ho imprecato il tuo nome migliaia di volte/ ho sentito la rabbia attraversarmi l’anima/ ma ora ho bisogno della tua mano da poter afferrare./ Oh sento che la fine sta arrivando/ le mie gambe non correranno più a lungo/ Tu sai che in questa notte io preferirei essere tra le tue braccia”/Quando le mie mani non suoneranno più/ la mia voce ci sarà ancora, ma io svanirò/ Madre Santa, allora io sarò/ disteso, in salvo tra le tue braccia.

PS: grazie al blog degli amici di Simone, che ha già pubblicato in precedenza questo video ed il testo di questa canzone.

Monday, April 06, 2009

NEW MORNING


"Gesù, tu, il mattino di Pasqua, appari alla Maddalena e la chiami per nome. Tu hai tutto dimenticato di lei: i suoi peccati, il suo passato.
La chiami.
Dunque, così é anche di ciascuno di noi?
Se abbiamo deciso di amarti, tu non ricordi più nulla e ci chiami?
Come allora conturbarci spesso sui nostri falli, sul nostro passato, sui nostri peccati?
Non sei ora il Gesù di allora?
"

(Chiara Lubich)

fonte: http://www.centrochiaralubich.org/