Friday, August 27, 2010

CRONACHE DEL CUORE


Le note di Piper To The End in sottofondo, mentre l'auto scorre veloce lungo l'autostrada, mia figlia sul sedile a fianco e gli altri due più piccoli a sonnecchiare su quelli di dietro. Mia moglie é al lavoro, non é riuscita a venire e allora cosa mi spinge ad andare sin laggiù, in quel posto che proprio lei mi aveva fatto scoprire anni fa? Dev'essere qualcosa che ha a che fare col cuore, quello che desidera qualcosa e che é tutta estate che m'insegue.
Sto andando al meeting di Rimini e il titolo - ma guarda un po' - c'entra con lui un'altra volta: "quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi é il cuore". Allora é per quello che l'auto sta mangiando la strada, che due giorni liberi sono stati ritagliati con fatica, dentro la frenesia della città e del lavoro. Per trovare là una risposta, un volto, un'incarnazione a quel "ciò che il tuo cuore desidera esiste", scritto sulla maglietta dei miei figli al ritorno da una vacanzina.

Non siamo ancora arrivati e squilla già il cellulare. Dall'altra parte c'é la Manu, che sta prendendo gli ordini per fare lo scontrino del pranzo. Non siamo ancora arrivati e c'é già chi pensa a noi. Ecco la prima risposta a tutti i dubbi, le incertezze e le infedeltà che ti porti dentro. La risposta é un'amicizia che ha già pensato a te prima che tu la potessi incontrare o meritare. Un'amicizia che non é pensiero o ideologia, ma carne ed ossa e che appena entrato in fiera ti accoglie con un abbraccio e ti fa sedere a tavola saltando la coda.
Dopo pranzo accompagno i ragazzi più piccoli al villaggio ragazzi. Chiara, la più grande, ha già trovato le sue amiche e vola via per il "suo" meeting, che, lo scoprirò man mano, sarà vissuto con allegria e pienezza. Io vado a sentire Fiammetta Cappellini, volontaria di AVSI ad Haiti, che ha più di qualcosa da raccontare. Prima di lei, la testimonianza di Mireille Yoga, educatrice in Cameroun in mezzo alla dura realtà dei ragazzi di strada. Fiammetta, ad Haiti con AVSI, ha fatto cose inenarrabili. Eppure quella che passa é la sua disarmante semplicità. La mamma di Haiti - come l'ha chiamata qualcuno - riesce a raccontare il proprio agire come quello di qualcuno che é cosciente di essere strumento nelle mani di Uno più grande di noi. "Sapete - ci dice a un certo punto - i professionisti del soccorso internazionale ci hanno detto che laggiù si può dare una mano, ma che ormai non c'é più niente da fare. Ma noi abbiamo visto che il popolo di Haiti ha desiderio di cose grandi. E dove c'é gente che desidera cose grandi, noi non possiamo non essere lì con loro". Un brivido scorre sotto la pelle, mentre la platea sottolinea col proprio applauso l'emozione dell'animo. Eccolo lì, dentro quelle parole, il titolo del meeting. Eccolo lì il desiderio e il cuore, il motivo per cui oggi sono qua.


Fuori da lì eccoli di nuovo, ad uno ad uno li incontro tutti. Gli amici. Sguardi, strette di mano, abbracci tra uomini veri. Incontro Paolo Vites, mi presenta Terra Naomi, bella e brava cantautrice newyorkese che la sera ci delizierà con le sue canzoni. "Hi, how are you?", un sorriso disarmante. C'é don Eugenio con lei, che é già riuscito a portarla in Italia senza che lei sapesse che era un prete. E' un uomo grosso così, di una simpatia travolgente. "Ho capito che dovevo fare il prete ascoltando la musica rock", ci dice. Come mi piacciono i tipi così.
Poco dopo sono davanti alla mostra di Solidarnosc. Trent'anni da quei giorni. E li ricordo ancora, quei momenti dei miei diciott'anni. Ma non avevo capito cosa fosse successo veramente. E allora sono qui per entrare dentro quella storia, una vicenda incredibile di operai che s'inginocchiano davanti ad un quadro della Madonna, dentro un cantiere gestito dall'oppressione comunista. La storia di un popolo che prima di chiedere il pane - quello che gli manca ogni giorno - chiede la possibilità di esprimere ciò che ha nel cuore: la libertà. Libertà di riconoscere quella natura che ci fa desiderare cose grandi.
Le mostre al meeting sono una più bella dell'altra. Non avrò la possibilità di vederle tutte, in due soli giorni. Ma ce n'é un'altra che mi attanaglia l'anima per poi farla volare senza freni. E' la storia - umana soprattutto, più che il racconto dei suoi scritti - di Flannery O'Connor. Qui c'entra il limite ed il fatto che misteriosamente sia proprio quello a condurti ad un'esperienza di verità. Ecco dove sta la bellezza del seguire Cristo. Il tuo peccato, il fallimento e la fatica, non sono un'obiezione, ma un fatto già redento dall'Uomo dei Dolori, Colui che sulla croce s'é fatto così tutto con noi, da arrivare a provare la sensazione dello straziante abbandono del Padre. E, nella vita della scrittrice, la malattia, e tutto il resto si trasformano in una strada dove comprendere sempre più come Dio parla attraverso la realtà di ogni giorno.



Il pomeriggio del mio secondo ed ultimo giorno al Meeting c'é un amico importante da incontrare. Massimo Priviero é venuto fino a qui, per cantare un paio di canzoni all'interno dell'incontro di presentazione del libro "Cosa sarà: l'avventura del mistero nella canzone italiana". Ci regala La Strada Del Davai ed un medley di Chimes of Freedom con Nessuna Resa Mai, prima di lasciarci con una versione da brividi di Amazing Grace. In contemporanea c'é l'incontro con la vedova Coletta e solo il cielo sa quanto avrei bisogno di sentir parlare di perdono da parte di una donna così. Ma incontrare gli amici e condividere un'esperienza é tramutare in carne il desiderio del cuore e allora é per questo che sono qui. Perché l'abbraccio con Massimo é una di quelle cose calde che lasciano il segno e che ti porti fino a casa. Alcuni fans di Priviero si erano stupiti della sua presenza qui: "che cos'hai in comune con quella gente là?" gli avevano chiesto. E lui risponde - lo dice a Walter Gatti, che gli chiede sul palco di rendere conto, in un certo senso, del motivo della sua presenza - : "il mio bisogno di cristianesimo é il loro bisogno di cristianesimo". E davvero non c'é bisogno d'altro per stare insieme, penso, mentre sale l'applauso della platea.


Faccio in tempo ad ascoltare qualcosa del cardinal Scola, prima che la giornata volga al termine. Ha fatto uno sforzo per essere un po' più semplice e comprensibile del solito, ha detto sorridendo. Io ascolto solo gli ultimi dieci minuti del suo discorso, ma sono un vero e proprio sussulto. "Vieni e vedi" é l'esperienza che ci richiama a fare. Ecco perché, allora, anch'io ho fatto l'esperienza quaggiù che tutti gli amici sono tali perché testimoni. Ecco cos'era che mi faceva sussultare ogni volta che ne incrociavo uno. E Scola lo spiega bene che cos'é il testimone: "colui che, condividendo di persona anche l’ultimo frammento del desiderio che permane sempre in ogni uomo, ridesta nel suo cuore la nostalgia del desiderio di Dio, cioè del compimento della propria felicità. Questa nostalgia ha un nome semplice e luminoso. Si chiama santità". Una santità a portata di mano finalmente. Santità che non é merito nostro, ma che é raggiungibile e possibile. E che passa attraverso il fratello. E attraverso gli amici.

Si parte per tornare a casa che é già sera. Arriveremo a notte fonda. "papi, ma come si fa a capire se una persona é quella giusta?". Mia figlia, sul sedile a fianco, mi spiazza, mentre gli altri due, sui soliti sedili posteriori, stanno già dormendo. Quattordici anni e già fanno domande che sanno d'infinito. "Non c'é un metodo, un sistema, ma si capisce, Chiara, si capisce. Nel profondo del tuo cuore lo capisci". Per più di due ore parliamo di tutto. Di matrimonio e fedeltà, di amici, della mostra di Dante che ha visto e che le ha allargato il cuore. Di gioia di vivere, al fondo di tutto. Poi, sugli ultimi cinquanta chilometri che ci separano da Milano, si addormenta anche lei. Sono stanco, maledettamente stanco, ma felice. Ho trovato un'altra volta il cuore ed ho capito cosa sia, lo ha detto don Stefano Alberto a tutto il popolo del meeting: "cosa sia il cuore lo capiamo dalla testimonianza degli amici". Ed io, di testimoni, qui ne ho trovati parecchi, quelli che mi aiutano ad andare avanti tutti i giorni, nonostante la mia pochezza, perché grazie a loro si genera Quella presenza in mezzo a noi che é l'unica capace di cambiarlo, quel cuore desideroso d'infinito.
Quando arriviamo a casa troviamo mia moglie in piedi ad aspettarci. E' stanca, ma felice anche lei. Che siamo tornati, certamente, ma soprattutto che siamo stati là. Mi é mancata parecchio in questi due giorni, anche se il "suo" meeting ora é diventato anche il mio. E il suo cuore l'ho sentito palpitare laggiù con me, anche se lei era lontana.

"Quello che il tuo cuore desidera, esiste". L'ho percepito tutta estate, ho cercato a lungo quel desiderio. L'ho trovato, finalmente, lungo la strada che porta verso casa.
Ora posso ripartire per davvero.
Nell'avventura dell'attimo presente della vita.


Wednesday, August 18, 2010

LA MUSICA DEL CUORE


Ci sono giorni in cui mi assale un'insanabile ed inspiegabile tristezza. Altre volte é la malinconia, che spesso non riesco a distinguerle tra di loro, diverse ma anche così simili, i margini dell'una a sconfinare in quelli dell'altra, come i profili di orizzonti lontani. Due sorelle che camminano lentamente mano nella mano, dal carattere difficile, sempre pronte a farti compagnia anche quando non ne avresti voglia. Stati d'animo cuciti addosso come vestiti stretti; altre volte, invece, abitini tenuti inutilmente su di sé, con un sottile compiacimento della mente, quando invece basterebbe così poco a scrollarseli via.
Ma io non ci sto, c'é necessità di provare ad anestetizzare queste scomode presenze, compagne d'armi del mattino o del tramonto; ho bisogno di tentare di tramutare gli intrecci della mente in parole che abbiano un senso compiuto, perché il disagio svanisca al più presto, affinché al suo posto si renda visibile e presente un virile e gioioso approccio alle circostanze della vita. La verità che si fa strada, mentre le incertezze lasciano il passo all'agire dell'Amore nel fluire incessante dell'attimo presente.
Mi é d'aiuto don Giussani, che la malinconia la definì mirabilmente un giorno, capendo come della vita non dovesse essere censurato nulla - tanto meno le emozioni - ma tutto dovesse invece essere semplicemente rivolto e ricondotto verso Colui che ha in mano il destino di ogni cosa. La malinconia é nostalgia - aveva detto - nostalgia del rapporto con l'infinito, che emerge - guarda un po' - come tristezza.
Una tristezza che però non é disperazione, né tanto meno sentimentalismo, quell'impostore che non consente alla tua vita di fare un passo verso una direzione che abbia anche solo un barlume di vera consistenza. E' tenerezza, invece, ed é, allo stesso tempo, passione per quella nostalgia. Ecco perché a quel prete brianzolo piacevano così tanto i canti napoletani, che quell' "intensità di tenerezza e di passione", erano capaci di "rovesciartela addosso" intensamente.

L'altra sera, però, mi ha aggredito di nuovo. La tristezza, la malinconia, chiamatela pure come vi pare.
Un cielo rosa e azzurro, e la luna sullo sfondo, e il sole già annegato all'orizzonte. Una macchina che sfreccia solitaria lunga la strada deserta e silenziosa e gli affetti maledettamente troppo lontani. C'é il Barotti che canta in sottofondo a squarciagola: "chiedete a chi di mestiere se sono vivo anch'io"... ed io sento che sono vivo eccome e che "la mia ossatura é un tutt'uno con la carne ed il sangue, come le corde e il legno delle mie chitarre"...
Se solo sapessi scriverla o dipingerla, la tristezza, allora sì che sarei artista, ma artista non lo sono. Sono strumento, invece, come il pennello o lo scalpello, che non sa cosa uscirà dalla tela o dalla pietra informe, ma che si fa felice d'essere stretto nelle mani di Chi lo saprà usare. Così non importa se ogni tanto può fare pure male, purché la strada sia sempre costellata di lampi, anche nel buio, ché la strada passa dentro la luce, anche quando tu non vedi, basta che sia sequela.

E allora, alla fine, lasciatemi tornare alla musica, perché é quella, che ancora una volta, oggi, canta prepotentemente al centro del petto. E musica di tre amici, perché é con gli amici che bisogna andare, quando il cuore si mette a battere così forte.
La poesia rock di Frank D'Acri , che a settembre uscirà finalmente col suo primo disco, l'allegria di Stefano Barotti, che nella blue room dell'uomo armadillo riesce a portarci col suo sorriso scanzonato e la forza e la passione di Massimo Priviero, perché nessuna resa mai, alla fine, é l'urlo che esce prepotentemente da quel cuore.
Musica per cuori forti e fragili allo stesso tempo.
Musica da ascoltare, in queste fresche notti d'estate.
Musica per gente come noi.






Monday, August 09, 2010

CRONACHE DALL'ARCIPELAGO

"Sei proprio come questo mare: immenso ed arcano, che sempre lo senti dire un suo misterioso profondo, che capisci, ma non sai ridirtelo a te stesso con parole comprensibili e determinate; questo mare che ora è calmo ed a stento lo odi ora ansare sulla riva e sembra che sogni, e dopo poche ore è tutto tribulato ed ansimante e appassionato, e non sai il perchè... ma calmo o agitato, silenzioso o irato, il mare ha ogni giorno ed ogni istante un minimo comun denominatore, un significato base unico ed inesorabile, che è la sua grandezza: il senso travolgente di una immane aspirazione all'infinito, al mistero infinito".
(Luigi Giussani)


Oggi il vento ha spazzato in lungo e in largo tutto l'arcipelago. Ha increspato il mare, reso inquieti i naviganti, trasportato le nuvole da un capo all'altro del cielo. Il sole ha fatto capolino qua e là, timido ed incostante, come la ragione che cerca d'insinuarsi tra le preoccupazioni ed i pensieri, senza riuscire a mutarne il fluire incessante. Così é stato il vento stesso a provare a farsi carico di soffiare prepotentemente tra solchi e valli della mente, entrando negli anfratti più riparati e nascosti, per portare via i pensieri più cupi, l'ansia dei dolori lasciati irrisolti a casa.
Quando il vento cessa di soffiare, i colori tornano ad essere accesi. Il mar dei Caraibi é qui, una manciata di ore di navigazione dal porto di Genova. Spargi, Budelli, La Maddalena e Caprera. Il mare si tinge di verde e di turchese e il cielo non potrebbe essere più azzurro di così. I pesci non sono variopinti come i loro fratelli dei mari tropicali, ma si sentono più liberi di nuotare tra i piedi dei bagnanti, salvo sfuggire, quando é l'ora del tramonto, ai gabbiani, che svolazzano dolcemente a ridosso della spiaggia, incuranti della gente ancora oziosamente distesa sulla battigia a caccia dei raggi dell'ultimo sole del giorno. La trasparenza dell'acqua é cristallina come quella dei pensieri, finalmente liberi da tutto ciò che li ha annebbiati, dentro il ricordo dello stress di una città divenuta ormai troppo disumana. Immerse in squarci di vero e proprio paradiso, le preoccupazioni riescono a farsi anche preghiera, nella contemplazione della meraviglia del creato. Sofferenze morali e corporali di persone amate, cucite addosso come vestiti stretti e portate sino a qui, riescono alla fine a ricoprirsi di una fiducia che é consapevolezza che anche il più piccolo dei capelli del capo é contato.
Si dovrà lasciare inaspettatamente presto questo luogo di sogno e di realtà: la partenza é dolorosamente anticipata perché i dolori reclamano anzitempo a sé una presenza. Ma la certezza di un Amore che riveste ogni circostanza accarezza la pelle come la sabbia e il vento ed entra nel profondo, a diluire di serenità il sangue oscuro che scorre nelle vene. Ed é questa presenza che mi accompagna lungo la strada che porta verso casa.




Sono stato a Bonifacio. Un piccolo gioiello di storia e architettura, casette arroccate su una rupe in un golfo da sogno immerso dentro un mare cristallino. Ho girovagato per le viuzze medievali, mi sono immerso ancora una volta per un po' nella mia adorata Francia, un'isola in mezzo al Tirreno che diventa luogo dove far approdare, per un giorno, aneliti e tristezze, dove far girovagare senza meta e senza tempo la mia mente. Lì, in quel luogo di bellezza, serenità e vacanza, il solito ignoto ha rubato il portafoglio ad uno dei miei figli. Al più sensibile ed al più dolce di loro. Al più indifeso dei tre pezzi del mio cuore. Ho accarezzato le sue lacrime, asciugato il suo viso, fatto mio il suo dolore; la sua sensibilità ferita a scorticare senza pietà la mia, il desiderio maldestramente dichiarato di ridargli indietro non tanto il denaro o chissà cos'altro, ma la felicità di un cuore prima che fosse leso da quella piccola ma dolorosissima ferita.
Poi, nel silenzio di un abbraccio, più consistente di mille inutili parole, mentre, mano nella mano, abbiamo percorso insieme la strada verso il traghetto che portava verso casa, ho ripensato a quei momenti in cui ho visto i miei figli danzare allegramente in mezzo al mare.

Li avevo guardati a lungo, mentre i riflessi del sole sull'acqua creavano una meravigliosa costellazione di diamanti sfolgoranti di luce. In mezzo a quei riflessi avevo percepito il bene provato per loro crescere a poco a poco, sino a raggiungere un'insostenibile intensità. Ed era stato solo a quel punto che era affiorata alla mente la fatidica domanda: quel "che ne sarà di loro?" così colmo d'amore, che solo certi momenti sono in grado di generare come dal nulla. Ed avevo desiderato, in quegli istanti, che nella vita potesse venire risparmiato a loro ogni dolore, sapendo perfettamente come ciò non fosse possibile in alcun modo. Solo allora la percezione chiara, netta, della mia inesorabile impotenza aveva reso vero e possibile affidarli a un Altro, un Padre capace di amarli di un amore che io non ho, Uno che ha a cuore il loro destino più di quanto io stesso abbia a cuore il mio.
Ed ho pregato, sullo sfondo di un mare color turchese e di un cielo immensamente blu, ho pregato come solo raramente mi fosse riuscito sino ad allora. Pregato che nella vita non fosse loro tolta la tristezza od il dolore, ma che sapessero solo e soltanto rivestirsi di quello stesso Amore che li aveva generati un giorno e che non smetteva mai di occuparsi di loro nelle circostanze della loro esistenza.

Poi, dopo un po', é ritornata anche lei. Quella frase scritta su una maglietta e che continua a girovagarmi nella mente da un bel pezzo, quasi non voglia lasciarmi proprio più. E' ricomparsa sulla schiena di quello stesso figlio le cui lacrime avevano straziato per un giorno un pezzo del mio cuore. Una frase sullo sfondo di quello stesso mare e di quello stesso cielo, entrambi azzurri come la speranza: "quello che il tuo cuore desidera, esiste".
Qualunque cosa accada al mondo, qualsiasi cosa accada a me.
E qualunque cosa accada a voi, cari, dolci e amati figli miei.