Wednesday, April 30, 2008

MY LIFE IN A STOLEN MOMENT


Somewhere back I took the time to start playin' the guitar
Somewhere back I took the time to start singin'
Somewhere back I took the time to start writin'
But I never ever did take the time to find out why

Da qualche parte, un giorno, trovai il tempo per cominciare a suonare la chitarra
Da qualche parte, un giorno, trovai il tempo di cominciare a cantare
Da qualche parte, un giorno, trovai il tempo per cominciare a scrivere
Ma non trovai mai il tempo di scoprire il perchè

(Bob Dylan) (1)


Per misurare veramente la realtà devi prendere coscienza di ciò che sei.
E' per questo che quando i limiti sembrano prevalere su tutto, condizionare fatti e tono dell'umore, devi renderti conto di quanto è prezioso ciò che ti accade e di quanto ciò che rigetti possa diventare oro tra le tue mani.
Ieri sera tutto si è trasformato, dentro un'azione - un sacramento - che è Riconciliazione, ma che, più d'ogni altra cosa, mi è parso solo abbraccio.
Chi si trovava di fronte a me, a raccogliere e condividere miserie, mi ha dato un solo consiglio: "recuperare la grandezza di un gesto"; e quel gesto è diventato luogo e tramite, posto necessario alla Misericordia per agire, poichè essa doveva per forza passare dalla mia libertà.
Così quest'oggi sono grato, per un attimo ho fregato l'uomo vecchio (2).
E gli ho rubato la vita - my life in a stolen moment - , quella che lui si prende troppo spesso, ma che non gli è mai appartenuta davvero.
Gli ho fatto violenza. 
Ed è passato un Altro.

Non so dove trovai, un giorno, il tempo per cominciare a scrivere.
Ma oggi sono contento d'aver trovato il perchè.
Quel perchè è l'essermi affidato.
E l'affidarmi mi ha ridato indietro la realtà.

Note:
(1) Bob Dylan - My Life In A Stolen Moment, 1962
(2) "Vi siete spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova..."  (San Paolo, Col 3, 9-11)

Thursday, April 24, 2008

GRATITUDINE



Metti una sera a Milano.
Una sera di pioggia, in un piccolo locale, ad ascoltare un po' di gente suonare.
Gente che non conosci, o che conosci poco, ma che senti già amica, perché sul palco mette proprio quello: un'Amicizia.
Poi quella frase di Massimo - spettatore come noi di quella sera - buttata lì a mia moglie, che gli dice quanto bella sia quella sua canzone - la strada del davai
Frase semplice e bella, ma purtroppo anche inusuale: "Dobbiamo ricordare di chi siamo figli".
E quelle parole, da lei riverberate in me, che ora continuano a rimbalzarmi in mente.

Attraversano l'anima ed i pensieri, a rendere visibile e presente la figliolanza, che ha reso la nostra vita più vera.
Su e giù, di continuo, finchè tutto si trasforma dolcemente in altro, che ha dentro tutto questo e molto di più.
E che - alla fine - si riassume in me in una sola parola: gratitudine.
Anche quella d'incontrare amici così.

Monday, April 21, 2008

ANIMA IN FESTA


"Quando la musica è "popolare" attraversa e commuove il cuore del popolo.
E Van De Sfroos sa bene cosa genera un popolo: il suo senso del mistero e il nome che gli dà".
(Il Grillo Cantante - numero 15 - 26 marzo 2008)





E questa volta sul palco sono saliti anche i minatori.
Poco prima, da quel palco, lui ci aveva detto che c'è gente che si chiede se esistano ancora.
"Certo che esistono" - ci aveva risposto - "solo che la gente non li vede perchè stanno sotto".
Questa volta, invece, i minatori di Frontale, Valtellina, sono sopra, insieme a Davide Van De Sfroos e forse non potrebbero stare con nessun altro.
Non potrebbero perchè forse sanno riconoscere ciò che è vero. E vero Davide lo è stato anche l'altra sera, la sera del Forum a Milano. La sera dell'incredibile, degli undicimila spettatori per il cantastorie più autentico che ci sia in Italia.
Cantastorie e non "cantautore", perchè comporre canzoni e narrare storie che hai incontrato non è mica un mestiere per tutti, sebbene molti se ne ritengano capaci.
Davide arriva al Forum come uno di quegli undicimila, come uno che di quel popolo fa parte e che ha diritto a rappresentarlo, per capacità di narrarne il cuore, in parole e talento musicale che tanti altri non hanno e non avranno mai.
Ma soprattutto per averne colto il desiderio.
Quello che fa di ogni storia qualcosa di grande e di speciale.
E di tutte le storie, quando sono insieme così, l'andare in compagnia al Destino.





Note:
"Il Grillo Cantante - la coscienza della musica suonata per davvero" è a quest'indirizzo :
La recensione del concerto, sul blog di Paolo Vites:

Tuesday, April 15, 2008

SI PUO' VIVERE COSI'

Si può vivere così
storie di Parola vissuta



Un cd rimesso nel lettore quasi per caso.
Ed una canzone che mi ricorda all'improvviso la sua storia.
La storia di Chiara Badano, per tutti Chiara Luce, una ragazza morta a soli 18 anni, in odore di santità.
Avevo già parlato di lei, in un post del 2006 ed ora che la ritrovo mi viene voglia di rifarlo.
Una storia affascinante la sua, anche se non unica, simile a quella di altri che incontrano la sofferenza e, invece che viverla come ostacolo, ne fanno una pedana di lancio, verso una vita più vera.
Quanti ne incontro, tutti i giorni, nei letti d'ospedale.
E Chiara ci finisce anche lei, contro ogni logica umana che non vorrebbe vederla lì, una ragazza giovane e bella, sportiva e intraprendente qual'era lei.
Il nemico è terribilmente ostile: il tumore, un sarcoma, è di quelli che non risparmiano la sofferenza a nessuno. Ma Chiara è armata bene e parte subito battagliera. In una lettera del 1985 scrive: "Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce. Ho capito che non ero una cristiana autentica perchè non lo vivevo sino in fondo. Ora voglio fare di questo magnifico libro il mio unico scopo. Non posso e non voglio rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio.".
Poi la scalata, rapida, inesorabile, dentro il mistero di quella vita, sino all'inimmaginabile, il rifiuto della morfina (voleva avere ancora "qualcosa da offrire") per essere più simile a Lui: "La medicina ha deposto le armi... Mi sento così piccola e la strada da compiere è così ardua. Spesso mi sento sopraffatta dal dolore. ma è per Gesù che viene a trovarmi. E così gli ripeto: se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch'io".

Allora l'ho ripensata a lungo Chiara.
E l'ho guardata, ma non come si guarda chi si pensa distante da noi.
L'ho pensata come una persona qualunque, una che con la mia vita possa centrare davvero.
E che ha fatto qualcosa d'eroico, certo, ma giorno per giorno, dentro il quotidiano. Qualcosa non d'irraggiungibile, quindi, ma alla portata di tutti; di tutti coloro che decidano di lasciarsi portare da un Altro.

E poi ho trovato anche le immagini di quella canzone.
Provate a guardarle e guardate come canta e come suona questa gente.
Ragazzi come Chiara, pronti a fare la stessa scelta, senza paura; scelta di dare la propria vita per un Altro, in ogni istante, sin dalle piccole cose d'ogni giorno.
E che non smette di correre, mai.
Perchè in quella Luce non c'è più nulla da temere:

"Corri, corri, brilla accanto a me, nella stessa luce
corri, corri, brilla brilla che luce chiara e bella sei.
Corri, corri, dimmi che non c'è, nulla da temere
Corri, corri, brilla, brilla che la tua luce ora è in me
"






Note:

1) per il titolo di questo post mi sono appropriato di quello di un bellissimo libro di Luigi Giussani; penso che lui, da lassù, mi perdonerà.
2) Chiara "Luce" Badano è partita per il cielo il 7 ottobre 1990. Il processo per la causa di beatificazione è stato avviato dieci anni dopo, il 7 ottobre 2000. La sua storia è raccontata, tra gli altri, in questi due libri:

Michele Zanzucchi - Io ho Tutto - Città Nuova editrice.
Mariagrazia Magrini - Di luce in luce - edizioni San Paolo

Tuesday, April 08, 2008

FIGLIOLANZA


Il cielo è grigio stamani, sembra autunno invece che aprile.
Smonto dalla guardia in ospedale. E' stata dura questa notte, c'è stato da combattere laggiù.
Il freddo mi avvolge. Il gelo dell'aria, quello della sofferenza che ho incontrato, quello - soprattutto - delle miserie di me stesso, che a volte mi attanagliano senza pietà.

Vado a trovare Don Giussani al Monumentale.
Hanno traslato il suo corpo in una nuova cappellina, più bella, al centro del cimitero.
Ed io, da quando Chiara è partita, dovevo tornare anche qui.
Colei che mi è sempre stata madre ha raggiunto colui che negli anni è diventato come un padre.
Ed ora la figliolanza è completa.
Dentro di essa mi sembra di ritrovare la pace che a volte non ho.
Quella pace pronta a dileguarsi all'improvviso, quando la durezza del mio cuore prende il sopravvento.
Eppure sto imparando a riconoscerTi sempre più, ad andare al di là della piaga, dentro quel grido misterioso che hai emesso in croce - "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" - che ha spalancato l'umanità all'Amore infinito.
E sto imparando ad abbandonare in Te tutto quel freddo, per incontrarTi in ogni fratello che mi si para innanzi, in quell'avventura sempre nuova e affascinante che è l'attimo presente della vita.
Così - forse oggi più di ieri - mi appaiono più vere quelle parole di Chiara, che sempre mi hanno affascinato:

"Ogni volta che il tuo cuore dispera
e tu continui a sorridere e a parlare di speranza agli altri,

Ogni volta che senti la morte nell'anima
e tu continui a sorridere e a parlare agli altri di vita,

Ogni volta che ti senti peccato
e tu continui a sorridere e a parlare di amore agli altri
e ad amare concretamente,

Ogni volta che sei circondato da oscurità totale
e tu continui a sorridere e a parlare di luce agli altri,

Ti sembrerà di recitare una commedia,
di non vivere nella verità.

Ricordati che questa è la commedia divina,
è l'Ideale allo stato puro,
è essere Gesù Abbandonato"

(Chiara Lubich)

Me ne vado via sollevato, accarezzando la tomba del Don Gius.
Il miracolo si è compiuto, il cuore si è scaldato, ed anche oggi le nebbie della mente si sono come dileguate.
Mentre scrivo queste righe sul blog, mi domando se sia il luogo a cui esse debbano essere davvero destinate. Ma se questo, come accade sempre più, è divenuto il diario dell'anima mia, allora le lascio cadere proprio qui.
Faranno scappare qualcuno forse, ma non importa.
Spero possano far compagnia ad altri, invece.
A chi, come me, corre dietro a un desiderio.
Quello d'incontrare la Bellezza nella propria vita.

Monday, April 07, 2008

CIAO ANZOLON


E così anche Natalia ha finito la sua corsa quaggiù.
Per continuare la sua avventura con Chiara Lubich, raggiungendola là dove essa non avrà mai fine.
La prima ad affiancarsi a lei, in quel lontano 1943 e poi una vita tutta nella fedeltà e nell'umiltà.
Una volta Chiara disse di lei, a sottolinearne le virtù, durante un'intervista televisiva : "Natalia? Ah, quella andrà dritta in Paradiso!" E le sue compagne, allora, subito dopo a stringersi intorno a lei, per dirle con affetto : "Hai sentito cosa ha detto di te Chiara?". E lei, senza modestia né improvviso entusiasmo: "Se l'ha detto Chiara...." Come a dire: vado avanti a seguirla, solo questo m'importa, dentro il disegno di Dio di questa straordinaria avventura.

Ecco qualche riga che tratteggia il suo profilo, tratta dal comunicato stampa del Movimento dei Focolari, trasmesso lo scorso 2 aprile:

Nella vita e nella morte, io sono sempre con te”. L’aveva promesso a Chiara Lubich e così si è attuato. Natalia Dallapiccola, la prima che ha seguito Chiara in terra nel 1943, è stata la prima a raggiungerla, a distanza di pochi giorni, nell’Al di Là. Aveva 83 anni. E’ deceduta ieri sera, nella sua casa a Rocca di Papa poco dopo le 21, in seguito a disturbi cardiaci e polmonari, attorniata da Graziella De Luca, Valeria Ronchetti, Vittoria Salizzoni, Doriana Zamboni, le prime compagne degli inizi, con cui viveva. Natalia è stata “presente” sino alla fine. Poche ore prime della “partenza” aveva meditato su una pagina di Chiara, che aveva modellato la sua vita: “Ho una sola madre sulla terra, Maria Desolata… nel suo stabat, il mio stare, nel suo stabat, il mio andare…”. A chi gliel’ha letta, la sua piena adesione e gratitudine: “Sì, era proprio quello che volevo”.

Natalia Dallapiccola era nata in un paesino sui monti trentini, Fornace, il 27 giugno 1924. Incontra Chiara a Trento, dove vive con la famiglia, nel giugno 1943. Sta attraversando una crisi profonda in seguito alla morte del padre e all’infuriare della guerra. Deve interrompere gli studi e lavorare per aiutare la famiglia. “Pian piano la musica, la natura, le amicizie perdevano il loro valore. Mi sono trovata in un buio profondo, sino a credere che l’amore in terra non esiste”. Chiara la colpisce per l’armonia esteriore e interiore e per le sue parole con cui comunica la sua grande scoperta, “Dio è amore”: “…Ma se l’amore è la cosa più che bella che esiste sulla terra, che cosa sarà Dio che l’ha creato?”. Dirà lei stessa: “Mi sentivo portare su, su, in Dio. Vedevo tutta la vita passata con le sue circostanze gioiose e dolorose, come legate dal filo d’oro del suo amore; e nell’anima la certezza che Dio mi amava immensamente. Questo immenso e personale amore di Dio aveva capovolto la mia vita”.


Natalia è con Chiara nel primo focolare di Trento, in piazza Cappuccini. Poi la segue a Roma. Avrà un ruolo determinante, nel 1959, nella fondazione del focolare di Berlino Ovest. Sarà parte del primo gruppo che varca il muro, nel 1962, insieme a focolarine e focolarini medici chiamati dal vescovo di Lipsia a prestare la loro opera nell’ospedale cattolico della città, carente di personale sanitario per le fughe in occidente. Il suo segreto era la fedeltà alla scelta di rivivere Maria Desolata, nel suo “stabat” ai piedi della croce nel momento in cui Gesù lancia al Padre il grido di abbandono. Riconosceva ed amava il suo volto che si presentava ad ogni passo. Natalia era di sostegno a chi condivideva con lei l’impegno a costruire l'unità in ogni ambiente. Un fatto che sconcertava e si rivelava "contagioso". Ha sorpreso trovarlo documentato nei rapporti della Stasi, la polizia segreta tedesca: si parla del “programma del Movimento ‘Fucolar’ di creare “una forte unità religiosa nonostante le opinioni nazionali diverse”. Era una corrente d'amore che passava da persona a persona.

Dal 1976 è al Centro del Movimento. Ha la salute seriamente compromessa. Nel 1977 non può seguire Chiara a Londra, dove è invitata a ricevere il premio Templeton per il progresso della religione. Per il sorprendente interesse mostrato al racconto dell’esperienza spirituale della fondatrice dei Focolari da parte dei rappresentanti delle varie religioni presenti nella Guildhall, quell’evento segnerà il momento fondante del dialogo interreligioso che si aprirà nel Movimento. Da Londra Chiara le telefona, affidando a lei questa nuova pagina con una consegna: “Amali!”. E’ ciò che ha fatto in tutte le occasioni, come alle assemblee generali della Conferenza mondiale delle Religioni per la Pace (WCRP), in cui rappresentava Chiara. Sono rapporti profondi che costruisce con vari leader del mondo ebraico, musulmano, induista, buddista ecc. Natalia prepara così gli sviluppi che nasceranno dal loro incontro con Chiara.


Sin dall’inizio per la particolare profondità con cui vive la spiritualità dell’unità, svolge un ruolo importante per la formazione spirituale dei membri del Movimento. Dopo la “partenza” di Chiara, Natalia avvertiva l’impegno a fare tutta la sua parte per portare avanti il movimento. Chiara aveva soprannominato Natalia, “Anzolon” (in dialetto trentino significa “angelo”), per l’amore sempre vivo in lei verso tutti, vissuto con la radicalità degli inizi.




Wednesday, April 02, 2008

IL SILENZIO DI ADAM


"The silence of God is God"
(Carolyn Forché - The Angel Of History)



Che Adam Duritz non sia un tipo semplice, acqua e sapone, è fatto risaputo e d'altra parte il suo spazio su Myspace.com inizia proprio con le testuali parole "I'm just a wired guy". Così non può certo stupire che anche l'ultimo atteso lavoro coi suoi Counting Crows - Saturday Nights & Sunday Mornings -  inizi in modo duro e sferzante, con la prima track del disco - 1492 - a lasciarti subito senza respiro sia nel testo che nel ritmo incalzante.
Eppure, superato l'urto iniziale, questo è un disco che non ti disturba affatto.
Anzi diviene a poco a poco affascinante, musicalmente attraente com'è, e concept-album quale si rivela, vero e proprio lp d'altri tempi, quelli in cui la prima facciata del disco poteva avere un significato ben preciso, da mettere di fianco alla seconda, come due capitoli di un libro da leggere tutto d'un fiato. E infatti qui si parte su ritmi densi e martellanti, fatti di un rock di classe ma incisivo, per passare ad atmosfere improvvisamente calme e di ampio respiro, di sapore più decisamente country e folk.
E' un percorso voluto, quindi; quello che dalle atmosfere del sabato sera, allucinate e alla deriva, porta fino a quelle della domenica mattina, in cui la realtà ti riappare davanti per ciò che è realmente e, smaltita la sbornia, lascia spazio al rimorso ed al rimpianto. Un passaggio che, ascoltando il disco, avverti netto, quando le chitarre sferraglianti di Cowboys vanno letteralmente in frenata alla fine del brano e quei pochi secondi che le separano dalle prime note di chitarra acustica di Washington Square ti appaiono la resa della notte di fronte all'alba del nuovo giorno.
Questa è la trama del racconto, il percorso da peccato a pentimento, che Duritz stesso spiega e delinea, a vantaggio di chi non si sia accorto già da solo della strada su cui viaggiano le canzoni dell'album. Eppure questa non è storia di redenzione: è stato già scritto da altri (1) ed è profondamente vero. Ma può significare forse che essa non ci sia, che questa non possa divenire il capitolo successivo del seguito della storia, l'epilogo di una giornata - Sunday morning - che è appena cominciata ?




Su Myspace.com il cantante racconta cosa gli accadde anni fa, quando, ragazzino, si trovò in Israele, "walking into Jerusalem looking for God". E, tra derive trasgressive che ormai non ci sorprendono più, inframezza immagini, quasi inopportune, d'istanti prolungati, trascorsi davanti al muro del pianto, seduto quasi in attesa di lasciarsi provocare da una realtà che a lui sembra non manifestarsi, ma che forse ha solo bisogno di occhi nuovi per essere vista.
E cita il silenzio di Dio: "the silence of God is God", quasi a dire: mi son messo lì, l'ho voluto, l'ho cercato e l'ho aspettato, ma non sono riuscito a trovarlo.
E' una frase tratta da un libro di Carolyn Forché, autrice americana che parla anche di ebrei.
Ed è frase terribile, che narra di un silenzio preoccupante e disarmante, che sembra far capolino nei momenti peggiori dell'esistenza di ciascuno, non solo in drammi della storia quali l'olocausto della seconda guerra mondiale.
Ma quello stesso silenzio l'ha citato anche un papa, tedesco come l'oppressore, ma capace di farsi uno con gli afflitti come Cristo, e che anch'egli - non è un caso, forse - cita il silenzio nel momento in cui, quale viandante e mendicante di Cristo, visita Auschwitz nella primavera del 2006.  Ecco, allora, le parole del Salmo 44 : "Perché dormi, Signore ? Perchè nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?". Ma ecco anche la capacità di andare oltre, nell'aiutarsi a riconoscere che "il nostro grido verso Dio deve essere al contempo un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio. (...) Il Dio in cui noi crediamo è un Dio della ragione, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene.  Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio" (2)


Dentro la mia storia, specie negli ultimi tempi, c'è un altro tipo di silenzio, che avverto farsi strada a poco a poco. 
E' il silenzio che vuol farsi vuoto, che non ha paura di gridare, di chiedere aiuto, ma che vuole anche lasciarsi plasmare. Ed è un silenzio che fa contrasto con tutto il chiasso che c'è là fuori.
Ma il rock di Adam Duritz e dei suoi Counting Crows, ora sferzante, ora struggente, non è rumore che possa disturbarlo.
Anzi lo aiuta, invece.
A riempirsi sempre più di Significato.

Note:
(1) Grazie a Claudio Todesco, per il suo articolo "Counting Crows - Peccato e Pentimento", pubblicato su Jam di marzo 2008 
(2) Il discorso di papa Benedetto XVI, pronunciato in occasione della visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau il 28 maggio 2006, si trova qui.