L'auto percorre la strada, a poco a poco, avvolta nell'oscurità.
La luce dei fari non riesce ad illuminare la notte, a rompere la cappa di tristezza.
Ma procede lo stesso, lenta ed avvolta in quella musica che sa di ghiaccio e brulle lande desolate, in una malinconia quasi insostenibile, della quale, tuttavia, non riesce a fare a meno.
Le note dolci dei Sigur Ros l'accompagnano e lei procede, mentre tu ti senti a pezzi, distrutto e stregato.
L'ira che hai provato, causata dai nemici; il dolore che hai sentito, tradito dagli amici.
E tutto il male che ti attraversa da ogni parte, in ciò che vedi e senti; male di uomini pazzi, che si ostinano a percorrere fieri un cammino senza bussola, tra ponti che crollano alle loro spalle e strade infuocate da ciò che loro stessi hanno costruito.
Ma non é questo, in fondo che ti opprime: ciò che é insopportabile al tuo orgoglio é il limite di te.
La pace non trovata non é la rabbia che provi, ma quel sentirti inadaguato di fronte a tutto ciò, incapace di una risposta positiva, di uno sguardo sul reale che abbia il gusto della gratitudine e della speranza, nonostante tutto.
Così continui a guidare, non abbandoni quella musica. E la tua voce grida per un perché.
Non sembra trovare la risposta di cui ha bisogno.
Quel grido aveva lacerato l'aria, eppure nessuno sembrava averlo sentito.
Nessuno, eccetto Maria e Giovanni, ai piedi della croce.
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".
Il dolore era diventato l'Assurdo. Che bisogno c'era, Gesù, di arrivare a questo punto?
Non era già un eccesso d'amore l'esserTi fatto inchiodare dagli uomini?
Nel silenzio assordante che circonda la croce, tutti, salvo loro due, ti hanno lasciato solo; ma sono troppo piccoli laggiù, uomini schiacciati dal dolore, come Te.
Eppure, Gesù, c'é ancora qualcosa, non tutto é perduto. Puoi farti avvolgere da una tenerezza, quella sì che ti é rimasta ancora: il Padre é sempre stato con te.
E invece no, Tu non lo fai. La follia d'amore é l'Abbandono anche di quella.
Che cosa accade adesso? Questa é pazzia: la Trinità é spaccata! Perché?
E' questo, alla fine, il "tutto compiuto", mentre nelle Sue mani consegni il Tuo spirito?
E' così, Signore, solo così, che desideri tracciare una strada?
Non importa dov'eri destinato, ma ormai sei giunto e l'auto si é arrestata.
Dovunque tu sia ora, continui a non trovare pace.
Affaticato e oppresso e tutto quel dolore sembra distruggerti a poco a poco. Crepe che t'incrinano, una dopo l'altra; una superficie di fierezza e sicurezza, che si frantuma inesorabilmente. Crepe sempre più grosse e numerose, finché diventano fessure.
Fino a quando giunge ad intravedersi qualcosa; qualcosa sotto una scorza che si é rotta.
E' adesso e solo ora che Qualcuno - l'Amore - può provare ad infilarsi dentro. Perché prima non poteva, chiuso com'era al di fuori del cancello invalicabile della tua libertà.
E la superficie, come d'incanto, comincia a ripararsi, anzi a farsi nuova.
Ciò ch'era freddo ed insensibile ora si fa capace di dolcezza e di stupore:
"Chi lascia entrare Cristo attraverso la crepa delle proprie ferite e del proprio bisogno umano, si riempie di stupore davanti a quanto accade" (Julian Carron) (1)
All'improvviso ti ritorna in mente quel racconto. Quando Chiara incontrò e conobbe lo Sposo, Gesù Abbandonato, per non lasciarLo mai più nella sua vita. Dori, una delle sue prime compagne, fu spettatrice di quel fatto e in quel momento lo abbracciò per sempre anche lei:
"(...) si andava a trovare i poveri e da questi, probabilmente, avevo preso un'infezione al volto. Ero piena di piaghe e le medicine non fermavano il male. Continuavo però, con il volto opportunamente protetto, ad andare a Messa e al sabato alla riunione... Faceva freddo e uscire in quelle condizioni poteva essere dannoso. Poiché i miei me lo proibivano, Chiara chiese ad un padre cappuccino di portarmi la Comunione. Mentre facevo il ringraziamento, quel sacerdote domandò a Chiara qual era stato, secondo lei, il momento nel quale Gesù aveva sofferto di più durante la sua passione. Ella rispose d'aver sempre sentito dire che era stato il dolore patito nell'orto degli ulivi. Ma il sacerdote: "Io credo, invece, che sia stato quello in croce, quando ha gridato: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'" Appena il Padre se ne andò, avendo udito le parole di Chiara mi rivolsi a lei, sicura d'una spiegazione. Mi disse invece: "Se il più grande dolore di Gesù é stato l'abbandono da parte del Padre suo, noi lo scegliamo come Ideale e lo seguiamo così". In quel momento, nella mia mente, nella mia fantasia, si impresse la convinzione che l'Ideale nostro era Gesù col volto straziato che grida al Padre. E le mie povere piaghe sul viso, che m'apparivano ombre del suo dolore, mi davano gioia, perché mi facevano un po' simile a Lui. Da quel giorno Chiara spesso, anzi sempre, mi parlò di Gesù Abbandonato. era il personaggio vivo della nostra esistenza". (2)
Sto imparando a seguirLo, a poco a poco.
Nonostante tutto, nonostante, soprattutto, il mio non riuscirci quotidiano.
Ma chi mi guida mi ha insegnato a riconoscere il Suo volto anche lì, dentro il mio stesso fallimento.
Non é un ragionamento, non é un convincimento. E' l'abbraccio a una Persona, é un Tu che mi muove ogni momento.
RiconoscerLo in ogni circostanza stretta, in tutto ciò che suona strano, inopportuno.
In tutto ciò che sa di dolore e che rigetterei in un istante.
La disunità che incontro e che mi ferisce così ferocemente ogni giorno.
La paura e lo sconforto.
Il mio continuo fallimento ed il non saperLo amare.
Questa é la mia battaglia definitiva, la sconfitta finale del Nemico.
Perché la mia sconfitta quotidiana é divenuta Lui.
Solo ora l'alba ha ceduto il passo alla notte.
"(...) Le Sue orme noi le conosciamo: ov'é buio, nero, freddo, c'é passato Lui, lì c'é Lui. Se le anime sapessero che proprio quando non sono niente, quando non hanno più la forma, proprio allora sono Gesù Abbandonato, come sarebbero felici! Tutti oggi imprecano al male, al disordine e al vuoto che c'é, ma se sapessero che proprio amando tutto ciò si diventa Lui, come dedicherebbero meno tempo a rattristarsi per tutto ciò che potrebbe diventare oro nelle loro mani. (...) Osservate bene miei dilettissimi: tutto ciò che voi state soffrendo é già stato vissuto da Lui nel suo grido: "Eli, Eli, lama sabactani" .... Ed ora voi sforzatevi di essere felici di ciò che vi sta succedendo... non vi fate felici che di Lui.
Quando si accavallano problemi nella tua mente, piglia nelle mani il problema chiave - l'Amore - e sciogli tutto in esso. Verrà l'intimità profonda con Gesù; le tue relazioni con Lui saranno vive e gioiose.
Aspetta tutto dalla vita, però dopo che hai dato ad essa tutto te stesso "
(Chiara Lubich) (3)
Note:
(1) tratto da "Un'avventura per sé", di Julian Carron (prefazione del libro "Uomini senza patria" di Luigi Giussani, BUR)
(2) racconto di Dori Zamboni, una delle prime compagne di Chiara Lubich, di un episodio accaduto a Trento, il 24 gennaio 1944. Tratto da : Chiara Lubich - L'unità e Gesù Abbandonato - Città Nuova editrice. pagg 51-52
(3) Chiara Lubich, scritto del 1949
Colonna sonora di questo post é un altro post, splendido, di Maurizio Pratelli.
(http://tornoaivinili.blogspot.com/2009/02/tornando-casa-con-i-sigur-ros.html)
Grazie Maurizio.
Sigur Ròs, Heysàtan
3 comments:
grazie a te è più facile non abbandonarlo... e lasciarlo entrare attraverso le crepe!
ciao!
Ciao, io sono un piccolo blog (ho appena appena compiuto un mese):
Tu che sei grande e anche esperto di canzoni, non ne hai una per me?
Sai, di quelle che si cantano con gli amici, per pensare, per stare insieme, in allegria!;-)
Ti aspetto, a presto, BiB (Born in Bivigliano)
Ps. Avrai notato che il mio nome, come il tuo, è in inglese . . . siamo forse parenti??? :-DDD
a volte basta un sorriso, come quello di chiara, per leggere tante cose, ancora grazie.
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