Thursday, April 17, 2014

OCCHI DI PASQUA

Erano passati anni. Ed era vecchio e stanco, ormai. Eppure ricordava tutto perfettamente, come fosse accaduto pochi istanti prima. Era corso lassù, quel giorno, senza sapere neppure il perché. Qualcosa l'aveva misteriosamente attratto in quel punto, lungo il sentiero. E sì che non era neppure una novità, quel che stava accadendo. Ogni giorno i romani ne ammazzavano qualcuno. Ladri, assassini o semplici oppositori del regime. Avevano inventato quel sistema così barbaro per uccidere la persone - crocifissione, l'avevano chiamato -  che proprio loro, i depositari della legge, gli uomini dotti e sapienti, sembravano i più barbari di tutti, peggio degli animali. Ma tra la gente si mormorava: quell'uomo che stava salendo il Calvario, Gesù di Nazareth, non era passato inosservato. Non che gliene importasse granché a lui, Simone di Cirene, che non aveva mai conosciuto nessuno dei suoi discepoli o di quelli che lo avevano visto o sentito parlare. Ma per qualche strana ragione ora si trovava lì, nel punto del suo passaggio, tra due corridoi di folla che i soldati romani tenevano a bada a forza di pugni, calci e minacce di spada. Poi Gesù era caduto per terra proprio davanti ai suoi occhi, stremato dalla fatica. Ed uno dei soldati aveva tirato proprio lui, Simone, per un braccio e gli aveva intimato di caricarsi la croce sulla spalle. Non aveva neppure provato a farsi da parte e scappare: c'era poco da scherzare con quella gente. Solo, aveva sperato che il suo supplizio durasse un tratto di strada il più breve possibile. Ma in quei pochi istanti aveva incrociato gli occhi di Gesù. Ed era stato come un raggio di luce che era entrato diritto nelle crepe del suo cuore. Quegli occhi erano pieni di strazio, di angoscia e di timore, di sangue e di sudore. Eppure non c'era un barlume di rabbia o di dubbio. L'uomo si era trascinato con lui, carponi, finché i soldati gli avevano tolto la croce di dosso per rigettarla di nuovo su Gesù. Era rimasto lì come impietrito, in mezzo al sentiero, poi, lentamente aveva ripreso a salire, anche lui verso la cima del Calvario. 
Era stato lì tutto il tempo, insieme a pochi altri curiosi e a Maria e Giovanni, la madre e l'amico di quell'uomo. Tutto il tempo di quella folle e atroce crocifissione, e il tempo per udire quel grido assurdo. Colui che dice d'essere il figlio di Dio che urla a gran voce "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Poi non ce l'aveva fatta più. Era davvero troppo ed aveva cominciato a correre giù dal Golgota. Una corsa a perdifiato, i polmoni che scoppiavano, il cuore che batteva nel petto all'impazzata. Era arrivato a Gerusalemme alle tre del pomeriggio e all'improvviso il sole si era oscurato all'orizzonte. Buio in città, buio dappertutto. E il centurione che gli era arrivato quasi addosso, correndo anche lui, sconvolto dopo aver visto il velo del tempio squarciato. "Davvero costui era il figlio di Dio!", gli aveva gridato come un pazzo. 
Poi, seduto in un angolo, aveva incontrato quell'uomo di nome Barabba. Sedeva tranquillo, sembrava l'avesse aspettato da sempre. "Anche tu hai incrociato gli occhi di quell'uomo?", gli aveva chiesto. "So cosa significa, é capitato anche a me". E gli aveva raccontato a lungo di quegli occhi visti anche da lui per un solo istante dopo la scelta della folla alla domanda di Pilato. Occhi sudati e insanguinati, occhi impauriti. Ma occhi ricolmi di un amore infinito. E che non aveva dimenticato mai più.

Adesso, anni ed anni dopo, vedeva con tenerezza tutto il cammino percorso fino a lì. L'incontro con Pietro e Giovanni, che erano corsi quella mattina al sepolcro, il racconto dei discepoli di Gesù risorto e vivo in mezzo a loro. L'amicizia con Barabba e con quel centurione, che si era consolidata poco a poco. E la vita, quotidiana, che si era snocciolata istante dopo istante, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Era stato un bel vivere, pur in mezzo alle incertezze ed agli affanni. Una vita di comunione, con Gesù ancora vivo in mezzo a loro, come aveva promesso a quelli che si sarebbero uniti nel Suo nome. 
In cuore, Simone aveva conservato sempre quello sguardo di Gesù, quegli occhi di Pasqua incrociati un giorno sul calvario. Quegli occhi avevano colorato per sempre la domanda e la strada del suo cuore, che ora era colmo di una gratitudine senza fine. E la sua vita, che stava per finire, era stata, da lì, in poi, una meravigliosa avventura insieme a tutti quelli che l'avevano condivisa con lui. 
Una compagnia di uomini in cammino, che Gesù aveva chiamato Chiesa.




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