Tuesday, June 28, 2011

PORTANDO TUTTO A CASA

Aveva visto Travis fermo al semaforo, il mattino di una già afosa giornata di giugno. Il solito sguardo perso, gli abiti sdruciti, il cappellino in testa, l'aspetto triste e trasandato. Adesso però stava mangiando un biscotto, girato verso l'altro lato della strada. Lui aveva abbassato il finestrino, qualche monetina in mano, ma Travis si era messo in tasca il bicchiere con cui chiedeva sempre la carità. Aveva rallentato apposta per dargli qualcosa, fermandosi pure all'incrocio col semaforo giallo, mentre il traffico impazzito già gli suonava dietro per sorpassarlo. Non li aveva neppure sentiti, quegli stupidi clacson della città. E dal basso della polvere della sua vecchia auto, non riusciva neppure a distinguere i tratti decisi della rabbia a bordo dei SUV che gli sfrecciavano accanto.
Poi Travis si era finalmente girato verso di lui ed aveva tirato fuori il bicchiere dalla tasca. Un sorriso quasi ironico e beffardo, ma allo stesso tempo di una tenerezza immensa. Nessuna fretta nel vivere il suo tempo, neppure nell'approfittare di un gesto di carità. E così le monetine erano scese, risuonando, nel fondo del bicchiere, solo quando era giusto che vi dovessero arrivare.
Cosa ci faceva lì Travis, in uno squallido semaforo di periferia? In una Milano, Lombardia non così tanto diversa da una Parigi, Texas? Una città carica degli stessi guai, delle medesime speranze disattese, un unico fagotto di tristezze e desolazioni infinite? Lo salutò con la mano, mentre il verde del semaforo, comparso inesorabilmente e troppo presto, l'aveva costretto ad andar via. E mentre l'auto si allontanava provò a tener desto nella mente il ricordo di quell'uomo, che non desiderava volasse via con la stessa rapidità con cui era apparso.
"Cosa ne sarà di loro?" : era quello lo sguardo che stava imparando, a poco a poco, ad avere su chiunque gli fosse veramente caro. Uno sguardo che fosse capace d'appassionare il suo cuore, vecchio ed indurito, al Destino dell'altro. Provò a rivestire di quell'abito anche il volto dell'uomo incontrato poco prima. Pensò alla moglie ed ai figli che magari aveva avuto e che adesso erano in giro chissà dove; ad una vita diventata diseredata all'improvviso, ma che sempre sarebbe stata, comunque, nel Cuore di un Altro, che un Destino buono l'aveva pensato anche per lui, come per ciascuno di tutti gli altri. "Cosa é l'uomo perchè te ne curi?" : questo era l'uomo, niente di più e niente di meno. Eppure un Dio aveva dato la vita per lui.

Era arrivato finalmente a casa, la strada porta sempre verso casa, alla fine del giorno o della notte. Mentre parcheggiava l'auto in garage si accorse che anche quella volta aveva portato con sé un cumulo di polvere e che gli sarebbe riuscito sempre più difficile scrollarsela di dosso. Avrebbe fatto una doccia, certamente, appena dopo aver varcato la soglia e posato la borsa, ma sapeva già che non sarebbe bastato. Eppure non gli dispiacque affatto, quel mattino, anzi ne fu persino felice, perché si stava inevitabilmente affezionando a quel denso strato che gli si stava formando addosso. E tutta quella polvere incontrata - ormai - era sempre più l'unica cosa, giorno dopo giorno, di cui avesse voglia di scrivere e raccontare.

"la narrativa riguarda tutto ciò che é umano e noi siamo polvere, dunque se disdegnate d'impolverarvi, non dovreste tentar di scrivere narrativa"
(Flannery O'Connor)

Wednesday, June 22, 2011

THE BALLAD OF FRANKIE LEE AND JUDAS PRIEST


"Eternità?" chiese Frankie Lee, con voce fredda come il ghiaccio
"Già" disse Judas Priest, "Eternità", o magari vuoi chiamarla Paradiso.
"Io non la chiamo proprio niente" ribatté Frankie Lee con un sorriso
"Come vuoi" disse Judas Priest, "ci vediamo fra un po' "

Quella volta non ce l'aveva fatta. A guardare in faccia Frankie Lee. "Hey, doctor, come è andato l'esame?", gli aveva chiesto lui. "Tutto bene, niente di particolare", gli aveva risposto, pure un po' scocciato ed annoiato. "Meno male, almeno un esame che va bene", aveva aggiunto Frankie. Rispondono sempre tutti così, aveva pensato, mentre si avviava a scrivere il referto sul computer; sempre la stessa storia, gli dici che va tutto bene e si lamentano comunque di qualcosa. Poi l'infermiera l'aveva preso per un braccio, nascosto dietro il paravento, dove Frankie non vedeva. "Oggi gli hanno fatto diagnosi di un cancro; è già pieno di metastasi", gli aveva detto lei. Una sberla in pieno viso, a risvegliarlo da tutto il suo maleducato torpore. Era a quel punto che il dottore non era più riuscito a guardare in faccia Frankie, anche se adesso era diventato facile essere un po' più gentile ed educato. Quella ferita dell'altro, incontrata tutti i giorni, così difficile da abbracciare ogni maledetta volta.
Poi Frankie era uscito dall'ambulatorio, per fortuna qualcuno se l'era portato via anche in fretta. E lui, allora, si era messo sotto a lavorare, di buona lena, impegno e sudore, senza risparmiarsi fino alla fine del giorno. E senza farsi troppe domande.

Poi, arrivato a sera, lei gli aveva raccontato di Judas Priest. Pochi giorni di vita, la stessa malattia di Frankie, solo piazzata in un posto diverso. Ma come diavolo si fa a lavorare in oncologia, aveva pensato lui, molto meglio avere a che fare con le ferite del cuore, c'è molta più soddisfazione. Che poi, quelle ferite, lui che le curava tutti i giorni, gli sembravano sempre più cose di cui fosse difficile prendersi cura. Invocava la stanchezza e lo stress, pure la vecchiaia a volte. ma la verità era che quel suo vecchio cuore stava diventando giorno dopo giorno solo più indurito.
Judas aveva lottato otto anni con la bestia ed ora sembrava davvero giunto alla fine. Judas non aveva fede, solo un amico - un compagno - a percorrere con lui anche l'ultimo tratto di strada. Judas aveva al collo la catena di un rosario, rosario di Lourdes. Regalato da amici, a lui che diceva di non credere. Ma non riusciva più a staccarsene, te lo diceva con un gran sorriso: "non potrei mai più togliermelo di dosso", aveva detto a lei.

Lui, the doctor, era sempre più spesso troppo confuso ed impotente. La morte e la sofferenza, compagni di strada sempre più stretti, apparivano giorno dopo giorno sempre più ingombranti. Ma non ne provava fastidio, in fondo, solo un senso d'inadeguatezza sempre più grande di fronte a ciò che sapeva sempre più di sacro. La morte e la sofferenza restavano un mistero. Come quello di un Dio che sulla croce grida l'assurdo dell'abbandono dal Padre. La redenzione - invece - quella appariva sempre più una una certezza. Sperimentata ogni volta nel volto di ciascuno.

Si mise a pregare, quella sera, più intensamente di quanto avesse fatto tante altre volte. Ed era felice di trovarsi, all'indomani, ancora una volta laggiù in trincea.
Non aveva nulla da donare, se non la pochezza di sé. Ma la voglia di farsi compagno di strada, insieme all'Uomo dei dolori, quella si era fatta prepotentemente strada nel suo cuore. Ci avrebbe provato un'altra volta, all'indomani. A fare ciò di cui gli sembrava di non esser mai capace. Prendersi cura di ciò che gli sarebbe passato accanto. E dei Frankie e dei Judas che avrebbe incontrato di nuovo. In fondo, pensò - sceso finalmente da tutta la propria supponenza - non era chiamato a fare altro se non questo.


Monday, June 20, 2011

YOU SEE ME ON STREET


Something is happening here, but you don't know waht it is. Do you mister Jones?

Ancora un paio di notti e sarai di nuovo tra noi. Non riuscirò ad esserci, probabilmente, ed è un peccato, con tutte le volte che ti ho visto fino a qua; perdermi proprio la sera dei tuoi settant'anni. Quasi come sbagliare un calcio di rigore, mancare ad un appuntamento così. Ma tant'è, le cose vanno come devono andare, ed io, in fondo, non ho poi così paura di sbagliare, che non è da questi particolari che si giudica un campione.
Chissà se mercoledì sera, a Milano come in qualunque data in giro per il neverending tour, saprai finalmente cosa sta succedendo quaggiù. Ne dubito fortemente. La faccenda esistenziale, al fondo, è ancora rischiare la vita su quel palco, costi quel che costi, non il sapere esattamente quel che ci accade sopra.
Come nella vita, in fondo. Mica sempre ti è dato di sapere, di capire. Ma è bello giocare, provare a scagliare il pallone forte in porta. Vita da mediano che sia, o centravanti che non ha paura di sbagliare. Quel che conta è sapere che quello che ti passa la palla ha dentro il cuore un Destino che è scritto per il bene, proprio come l'avversario che quel pallone cerca di portarlo via. E appassionarsi a quel gioco di squadra che è lo stare in campo tutti insieme, è questo il bello, amici ed avversari, ma abbracciati tutti da un unico e solo Disegno buono.
Buon compleanno, vecchio Bob, have a nice staying here, one more time, spero ci si riveda presto, anche da queste parti.
Io, intanto, continuo a giocare.

Wednesday, June 15, 2011

UN LIBRO PER L'ESTATE

Due bambini, vicini di casa, che giocano assieme a soldatini, a basket o a calcetto. Poi i due amici crescono e percorrono strade sempre più diverse: uno, attivista della Fgci, impegnato politicamente, l’altro che entra in seminario. Non si sentono più per anni, poi, all’improvviso, lui, con una mail, ricontatta l’amico prete: “Ti ricordi di me? Giochi ancora a basket?”. Comincia così il dialogo tra don Paolo Zago e “Nic”, il suo amico ateo. Dalle mail si passa rapidamente ad una serie d’incontri, a volte dietro ad una pizza o un boccale di birra. I loro discorsi vertono su tutto, anche su argomenti scabrosi: la fede, i soldi della Chiesa, la vicenda della pedofilia; l’amico vuol sapere - “cosa fa un prete tutto il giorno?” -, entrare nell’intimo dell’esperienza dell’altro, nelle sue gioie e nelle sue sofferenze. Il prete ci sta, si mette a nudo, in un rapporto che, via via, diviene sempre più profondo e finisce per mettere in luce anche l’animo dell’altro. Eppure non è chiaro perché Nic l’abbia ricontattato, dopo tutto quel tempo: cosa c’è dietro a quegli interrogativi?
Il libro di Paolo Zago - Prete in comunità - edito da Città Nuova per la collana Passaparola, si legge d’un fiato ed è un affascinante e profondissimo excursus dentro l’esperienza di vita dell’autore. “Ma cosa vuol dire fare il prete oggi?”, chiede l’amico a don Paolo, ad un certo punto. “Significa essere dentro una comunità - gli viene risposto - Il prete è espressione della comunità e nello stesso tempo ciò che fa è per creare comunione. Un tempo l’idea di una parrocchia era quella dei laici che danno una mano al prete; oggi è quella di un prete che si mette a servizio dei laici”. Questa comunità, quella degli amici di don Paolo, si affaccia anche alla finestra che l’amico ha spalancato, con tutto il suo desiderio di capire. Tra quegli amici, una sera, c’è anche don Carlo, un perenne, splendido sorriso, che talvolta accompagna anche uno straordinario talento di pianista; Nic vuole che suoni per lui qualcosa e, mentre la musica di Liszt si fa strada tra di loro, don Paolo si accorge che una sorta di miracolo è già compiuto: “quando l’umanità si racconta, pur con tutte le sue diversità, trova terreno in cui attecchire in ogni cuore aperto al vero e al bello”. Il segreto del libro e dell’avventura dei due amici è forse tutto qui, in quel terreno reso fertile dal dialogo d’amore tra due persone, terreno in, cui, poi, sarà un Altro a seminare ciò che il cuore desidera nel suo intimo più profondo. Rimane solo un dubbio: cosa ha spinto Nic a contattare quel suo amico prete, dopo tutti quegli anni trascorsi altrove? E’ la felice sorpresa che si scopre alla fine del libro.

Thursday, June 09, 2011

LAMPI NEL BUIO


Una colonna interminabile di auto sotto la pioggia battente. Luci rosse e bianche e, ogni tanto, un lampo nel buio. Ma non basta a schiarire il grigio dell'asfalto e del cielo. Il lampo è l'illusione di un istante, attimo di luce che precede tuono e tremore, oscurità che ritorna, istante di un cammino che si fa di nuovo paurosamente incerto.
La strada surreale che porta verso casa, quella di un giugno già iniziato che vorrebbe assomigliare al più buio degli inverni, assomiglia maledettamente all'animo pigro di un mattino e di una giornata proseguita lungo pericolose rotte di frenesia e tempesta. Troppo spesso la realtà s'impone come una burrasca, pronta ad infrangere il litorale dell'apparente tranquillità di un animo non predisposto ad accogliere l'imprevisto della via.
Anche stamani il rischio è stato questo. Quello di non vedere la ferita dell'altro. Che ti viene sempre incontro sotto forma di mare in tempesta, di tuono che segue il lampo di luce.
Pazienti ovunque, in ambulatorio e in pronto soccorso, in reparto e lungo i corridoi dell'ospedale. Realtà posta innanzi alla tua vita, in una misura colma, piena, quasi insostenibile. Quantità in eccesso che richiede qualità abbondante. La ferita dell'altro che interpella la tua. La tua pochezza ed incapacità, le tue miserie, che chiedono soltanto misericordia ad un Altro più grande di tutto ciò che incontri.

Ho provato ad amare il prossimo che ho incrociato ad ogni istante. A metterci dentro tutto l'impegno e la professionalità che mi rimane. I muscoli e la mente, impiegati senza risparmiarsi, finché non fossero resi stanchi e madidi di sudore. Puoi arrivare a tanto, non in ogni istante forse, ma ce la puoi fare. Eppure non basta. Non basta perché nulla cambia, finché l'io non si pone consapevolmente davanti a un tu.
E' stato così che, tornando a casa, tutti i volti incontrati lungo la giornata, li ho come visti ripassare quando quello stesso giorno volgeva ormai alla fine. Ogni volto è un Destino ed è solo la passione per quel Destino che può cambiare il mio modo d'amare.
Il destino di chi ho accanto, innanzitutto, quello della moglie, dei figli, degli amici con cui si condivide da sempre il cammino. E per i quali senti di provare una tenerezza immensa. E' un volto che puoi porre sullo stesso piano di quello del paziente incontrato su una barella con l'infarto, o in ambulatorio, il passo incerto mentre entrava. O di quello dell'insegnante, del genitore del compagno di classe del figlio, incontrato di corsa davanti a scuola. Persino di quell'uomo sempre là, allo stesso posto, sotto la pioggia o sotto il sole, fermo ad un semaforo a chiedere la carità.
Questo é voler bene per davvero, attaccarsi con tenacia e tenerezza al Destino di ciascuno, farsi uno con lui. Solo così la realtà non ti ricatta più e la tua libertà é rigiocata davvero nell'Amore.
E allora ricomincerò la mia giornata, amando tutti in questo modo, con questo sguardo di passione. E se troverò qualcuno, lungo la mia strada, disposto a patteggiare unità sul nulla d'amore dei nostri singoli cuori, allora saprò che quel legame nulla e nessuno lo potrà mai più spezzare.