Tuesday, February 26, 2008

DIAVUL D'UN VAN DE SFROOS


"Picchia e scava, batti e innalza, cerca, trova e spendi, per poi ricominciare il viaggio, per riascoltare il cuore, ricordargli che lui é la roccia, ma anche la mazza che la colpisce"

(Davide Van De Sfroos)


Dovevo aspettarmelo, lo so, che alla fine a fregarmi sarebbe stato proprio un italiano.
Dopo anni di ascolti di musica americana - perché il rock l'é minga una roba italiana, gh'é gnent de fà - eccolo lì, il Davide Bernasconi, in arte Davide Van De Sfroos, a sfornare uno dei dischi più belli che abbia mai ascoltato, da tanto, troppo tempo a questa parte.
Che poi Pica ! non é neanche troppo italiano, pieno com'é di quel bel dialetto tremezzino, come da tradizione nei lavori di quest'artista straordinario; così hai pure bisogno di prenderti in mano il libretto coi testi, perché sarai pure lumbaard anca ti, ma mica capisci sempre quel che dice.
Sta di fatto che ho comprato questo disco già da un po', ma non riesco più a toglierlo dal lettore.  E non é solo per la musica, sebbene basterebbe solo quella a far alzare quest'album di una spanna sopra tanti altri.  Perché é davvero bello sentire quelle chitarre e quel rock, e quei ritmi ora country, ora un po' cajun, con tanto di banjo e fisarmonica; e poi l'organo Hammond e persino l'armonica, a sfidare a duello quella voce che parla el dialèt e che é musica anche lei allo stesso tempo.  Già, la voce di Van De Sfross, appunto: l'altro giorno quando ho fatto sentire il disco a mia moglie, che non lo conosceva ancora, é saltata su dalla sedia e ha detto : "ha una voce pazzesca !".    Ed ora faccio anche fatica a riprendermi indietro il cd.
Me lo sono ripreso eccome, invece, perché mentre ascolti le canzoni devi scoprire anche le persone che ci sono dentro. E cominci dalle foto che trovi nel libretto, quasi tutte scattate dall'autore.  Foto di personaggi, la gente delle storie di cui senti cantare, un popolo vero che De Sfroos ha incontrato e che ha narrato.  Allora cominci a capire come mai di questo disco t'innamori poco a poco e vorresti non lasciarlo più: é perché chi canta s'é fatto prima compagnia.
Il costruttore di motoscafi, l'Alain Delon De Lenn, il minatore di Frontale.
Per arrivare poi anche alla gente di New Orleans ed é il primo colpo basso del disco.
Un breve attacco di bottleneck e poi una ballata intensa, forte ed avvolgente, struggente come non mai. New Orleans ti porta fin laggiù, insieme a lei, vegnuda granda giò in paluud - cresciuta in palude - finché il racconto diventa davvero condivisione, dentro le lacrime di un uragano, che tanti hanno descritto, ma pochi raccontano davvero. Così ascolti e ascolti di nuovo, e cominci a piangere anche tu, perché questa sì che é compagnia al dolore e solo chi sa prendere tanto su di sé ti può dire che é possibile tornare lì, ricominciare ancora :
E adess che canzon te canti, che la chitàra l'ha purtada via el fioemm
E adess che canzon te soni, che la mia trumba l'ha bufada via el veent...
Le nostre lacrime sul Mississipi sono difficili da far vedere
Le nostre urla dentro l'uragano e queste assenze da lasciar tacere
E come mai piovono aghi da lassù e siamo bambole voodoo
Trafitte in ogni punto ormai...
E te... desmett de piaang o mon amour
Te tegneroo la man toujours ... e ti riporto a New Orleans


Ed alla commozione torni, anche più di prima, quando finisce la storia di 40 Pass.
Ma non é il piano e neppure il violino; e neanche quella voce, pure così bella ancora; é il racconto di una storia, che potrebbe essere la tua.  Storia comune, di chi arriva in questa città, troppo spesso inospitale.  Racconto di corsari della bovisa, tutti uguali, tutti con lo stesso timore, davanti a un Domm de Milan, a quella chiesa troppo grande, che forse per entrare ci vuole pure il telepass e che per pregarci dentro devi imparare una preghiera de città.
Salvo scoprire che quella Madonnina é ancora l'unica a dare un senso a ciò che ti accade, l'unica che riesca ancora ad ascoltare trii cume luur.
Così é per quello che ti commuovi veramente, perché questa volta il cantastorie ha fatto un passo in più.  L'andare per mano adesso é dietro al desiderio e quella cordata che vedi é diventata compagnia al destino.  Per questo tutto cambia e non é più come prima.   E per questo 40 Pass - forse - è davvero il cuore del disco, il punto nevralgico intorno al quale tutte le storie acquistano un senso vero.   Perché questa  - e lo ha detto, Van De Sfroos - é una storia di redenzione :

E l'è tuta per luur questa gèsa troppa granda
e forsi per nà deent basta fa quaranta pass.
Una preghiera per Bob Marley e per el nonu in paradiis
una candela a Sant'Ambroes e una candela a San Vituur
e a sta bela Madunina che la riess amò a brilà...
la sarà anca piscinina ma la rièss anca a scultà
trii cume luur....

Vai avanti ad ascoltare il disco e ti pare incredibile non trovare un punto debole da nessuna parte. Quanto tempo era che non mi succedeva più.  Così, tra canzoni come Loena de Picch o Furestèe, che partono così bene che ti sembrano la Knockin' On Heaven's Door dei tempi migliori, arrivi al Cavaliere Senza Morte e finalmente riesci ad ascoltare ancora una volta una canzone che parli della guerra.  Anche le sonorità acquistano una solennità prima sconosciuta, accompagnando un testo che ti richiama alla mente immagini d'inferno dantesco; e intanto assisti ad un crescendo della musica, prima medievale e poi quasi sinfonica, fino alla sorpresa finale, quando un attacco di batteria, seguito dalle acide chitarre, accompagna l'arrivo dei carri armati, davanti agli occhi di quel cavaliere, che ha posato il martello di Thor, ma non riesce più a morire.


Ecco é finito il disco e sono pure arrivato al lavoro.
Ma come é possibile che hai tolto il cd dall'autoradio e dentro ti sei sentito cambiato ?
Eppure l'hai sempre saputo che 
la musica non potrà mai salvare il mondo: solo Uno l'ha fatto ed una volta per tutte.  Ma, lo sai ormai, ti può aiutare: eccome se lo fa; e ti alza lo sguardo, sguardo debole e indifeso, forse, perfino quando appare fiero, ma incessante e sicuro, perché certo che troverà una Madre, che anche oggi, un'altra volta ancora, gli darà tutta la forza per tirare avanti.

E quando, un attimo dopo, sono salito sull'ascensore in ospedale e sono arrivato in reparto, e poi in ambulatorio, ho trovato tanta gente a salutarmi, con quei "buondì dutùr" che troppe volte ho sentito, ma poche ho ascoltato veramente; e in un istante mi é venuto in mente Il Costruttore Di Motoscafi.
Allora sì che finalmente ho risposto anch'io e ci voleva quel buon diavolo d'un Van De Sfroos a svegliarmi sul serio.
A svelarmi che dietro ogni volto c'é una storia.
E che nessuno la cancellerà mai.

Ghirigori sura l'acqua e la mia firma sura l'unda
cun la barca che s'impenna, quajvolta la funda..
e poe ruverà la breva a scancelà questa mia scia,
ma el sègn de la mia storia me la purterà mai via...

Friday, February 22, 2008

HEART OF MINE

"Sì, é proprio vero: noi abbiamo incontrato Gesù e abbiamo fatto e facciamo l'esperienza del centuplo quaggiù.
Proprio per questo Don Giussani ha sempre voluto scommettere tutto sulla nostra libertà"
(don Julian Carron)



Il giorno del funerale lo seguii dalla tv, con tante lacrime ed emozione.
E, come a me, fu evidente a tutti - a chiunque avesse un cuore - che il Don Giuss, già nato al cielo, fosse rinato in modo nuovo in mezzo a noi.

Mentre io partecipavo da lì, tu avesti il privilegio d'essere con lui e ancor di più di accompagnarlo, non solo nella folla di tutti quegli amici, ma anche fino all'ultimo passo, quando ormai pochi erano rimasti stretti attorno a lui.  E riuscisti a buttare un fiore, proprio un attimo prima che la pietra lo togliesse per sempre dal nostro sguardo umano.
Scrivesti "un fiore, un pezzettino del nostro cuore, dentro il loculo con lui, per fargli compagnia per l'eternità"; e quella frase rimase scolpita per sempre nella mia memoria.

E' per questo che ancora oggi, quando passo a salutarlo - il Don Giuss - e leggo sulla lapide quella frase di certezza - "Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza !" - non riesco a non pensare a lui, a quel pezzettino di cuore là dietro per sempre.
Perché io, quel fiore, l'ho gettato con te.
E da quel giorno, ogni volta, é come fosse un po' anche il mio.

Saturday, February 16, 2008

LIBERTA'


"Lei sta eludendo il problema principale: perché, prima di tutto, Dio lo permette ?"
"La risposta a quella domanda é un'altra: perché ha creato un universo dove c'é la libertà ?"
"Non lo so. Mi sembra un modo inefficace di mandare avanti un universo".
"Lei ha ragione, se l'universo fosse un meccanismo che perde carica. E se fosse qualcosa di diverso ?"
"Cioé ?"
"Un universo creatore. Un luogo dove la bellezza é stata fatta per crescere e moltiplicarsi incessantemente, dove esseri unici si amano reciprocamente e creano ancora più vita. Sempre differente, sempre rivelatrice di nuove prospettive di gioia" (1)

* * *

E va bene, anche oggi sono in ritardo, ma non importa.
Come sempre, d'altra parte, questa vita scorre via così veloce, troppo veloce a volte.
E allora, ritardo per ritardo, questa volta non ci sto. Fermo la macchina e spengo il motore.
E scendo dall'auto: voglio godermi quello che c'é qua fuori.
Fa freddo ancora al mattino, mi allaccio il cappotto. Tutto intorno il bianco della brina ricopre ogni cosa, senza pietà.
Gli alberi sembrano davvero inerti d'inverno. Li vedi dritti e assiderati, marroni e senza foglie, come lasciati lì a morire così.
E lo stesso dei campi, distese piatte, anonime e senza fine: un'unica linea, che finisce all'orizzonte, interrotta da una casa, laggiù in fondo, anch'essa grigia e apparentemente senza vita.
Tra un po' farà più caldo e il sole, quel pallido sole che intravedi farsi spazio tra il grigiore del cielo, riuscirà a cacciare la nebbia e torneranno luce e colori, in un miracolo che, inaspettatamente, riaccade ogni giorno.
Eppure quel gelo ti sembra impossibile da vincere, tutto sembra troppo freddo per avere ancora vita.
C'é una terra arata, ci sono i semi del campo, ma non basta.
Perché c'é una crosta da rompere, la crosta del freddo, e lo devi fare ogni mattino.
Crosta di egoismo, di compiacimento a volte, di fierezza e presunzione di bastare a se stessi.
Ma se non ti arrendi e giocherai bene le tue carte, quella sarà la vera libertà.
E potrai vedere di nuovo il sole, sciogliere ancora la brina del mattino.

" Hai mai visto
come in una strada abbandonata,
ma accarezzata dalla primavera,
spunti l'erbetta e rifiorisca, senza tregua, la vita ?
Così é dell'umanità che ti circonda,
se tu trascuri di guardarla con l'occhio della terra
e la ristori col raggio divino della carità.
L'amore soprannaturale nel tuo animo
é un sole,
che non ammette sosta al rifiorir della vita.
E' una vita,
che fa pietra d'angolo nel tuo angolo di vita.
Non occorre altro per sollevare il mondo,
per ridonarlo a Dio. "

(Chiara Lubich) (2)


A volte mi viene in mente di farlo: guardare indietro al mio passato.
Non molto spesso, però.
Forse perché non riesco a fare a meno di resistere al fascino dell'attimo presente; di sentire come nient'altro mi appartenga veramente: la circostanza messa lì da Dio in quel momento, quel prossimo che hai davanti, quella situazione in cui ti trovi proprio ora, tutta da vivere.
E allora il passato non é che non ci sia, anzi; ma é la traccia di un cammino, il pezzo di un percorso, che hai già messo, ormai, nelle mani di una Misericordia più grande di te, l'unica capace di purificare la memoria.

E' così che il passato lo capisci di nuovo, perché anch'esso diventa qualcosa da cui imparare, ma solo nel momento in cui comprendi che non é un bene che possiedi.
Smetti di guardarlo con rimpianto o nostalgia, e lo consegni, proprio come il futuro, che neppure saprai se verrà.
La tua libertà, giocata bene nell'attimo presente: solo questo vale.
Solo così Dio potrà fare, col tuo aiuto, le cose grandi che aveva pensato da sempre per te.
Ed é la risposta ad una vocazione: niente di più, ma nulla di meno.

Eppure, qualche volta, mi sono voltato ancora, ho portato lo sguardo indietro.
Ed é stato per comprendere meglio, forse, qual é il fascino dell'oggi che mi ha rapito per sempre.
E' un passato di solitudine, quello che talvolta affiora.
Solitudine semplice, quotidiana, fatta di tutto e di niente, ricca e fiera, piena di consapevolezza di limiti e di presunte certezze. Convinzione di bastare a se stessi, di farcela da sé.
Poi, ad un certo punto, qualcosa di più grande ha fatto irruzione nella mia vita e nulla é stato più come prima.
Fu come un abbraccio, discreto ma efficace, terribile e potente,ma affascinante al tempo stesso.
L'abbraccio di un popolo, la compagnia nel cammino; il desiderio del cuore divenuto carne, un disegno che si svela a poco a poco.
Fu il giorno, in cui compresi, finalmente, che la felicità consiste in una sequela:

"Vedi, io sono un'anima che passa per questo mondo.
Ho visto tante cose belle e buone e sono sempre stata attratta solo da quelle.
Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce.
Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii.
Mi accorsi che era la Verità."

(Chiara Lubich) (3)

E' buffo, ora sì che sono veramente felice.
Nel momento in cui ho messo la mia vita nelle mani di un Altro, ho riacquistato finalmente la mia libertà.  E la miseria, come d'incanto, é svanita davvero.  
Col mio sì, un progetto, un disegno d'Amore può finalmente cominciare a svelarsi.  E giungere - ne sono convinto - a vedersi un giorno realizzato, in ciò che fin dall'inizio era stato pensato, ma che non avrebbe mai potuto compiersi da solo.  
Ed é il sogno più folle, quello di un Dio incarnato, che ha scritto un testamento che grida una sola parola: Unità.

E' per questo che un cammino di popolo é l'unico che mi possa davvero affascinare.
Così che non guardo quasi più indietro, non più spesso come prima.
E ho deciso di puntare lo sguardo in alto, ma non ho più paura.  
In fondo, come disse qualcuno, sono molto più giovane adesso, cosa potrei desiderare di più ?

"Ah, but I was so much older then,
I'm younger than that now"
("Ah, ero così vecchio allora, sono molto più giovane adesso")

(Bob Dylan) (4)

Note:
(1) tratto da "Il nemico", di Michael D. O'Brien, ed. San Paolo (pag269).
(2) Chiara Lubich - L'attrattiva del tempo moderno - scritti spirituali/1 - ed. Città Nuova (pag.74)
(3) Chiara Lubich, da una lettera degli anni '40 - IV di copertina de "La dottrina spirituale", ed. Mondadori
(4) "My Back Pages" - dall'album "Another Side Of Bob Dylan", 1964

Friday, February 15, 2008

SHERYL & SHELBY



"Sono trent'anni che canto, abbastanza per potermi rendere conto del talento altrui".
Se corrisponde al vero che Bob Dylan, in tempi non sospetti, disse questa frase a proposito di Sheryl Crow, non ci si può proprio esimere dall'ascoltare il suo ultimo lavoro, Detours.
E l'album non delude affatto, un rock che si ascolta con piacere, persino con spunti folk che richiamano alla memoria proprio l'illustre menestrello di Duluth.
Certo il songwriting é quello che é: si sale su treni che non sembrano sbuffare proprio d'assoluto. Ma d'altra parte treni del genere, di questi tempi, non se ne trovano facilmente, pronti alla stazione per partire. Come scrive Paolo Vites nell'ultimo numero di Jam : "qualcuno pensava che ci fosse in giro una nuova Joni Mitchell o un nuovo Bob Dylan ?". No davvero, ma le liriche di questo disco sono comunque oneste e sincere ed attingono in profondità all'esperienza personale dell'artista, non tutta rose e fiori negli ultimi tempi.
Stesso discorso lo si potrebbe applicare a Shelby Lynne, che riesce forse ad attingere dalla sofferenza della propria vita personale, per giungere a realizzare uno dei migliori dischi della sua carriera, il cristallino, Just A Little Lovin', tributo all'inglese Dusty Springfield.
Gran bella voce anche quella di Shelby, che qui raggiunge vertici interpretativi davvero notevoli, in una chiave decisamente pop, ma senza perdere le tipiche sfumature country delle sue radici.
Insomma due dischi da ascoltare con piacere, che sia davanti ad un bicchiere di whisky con gli amici, piuttosto che in solitarie scorribande autostradali o, peggio, in mezzo al sempre immobile traffico cittadino. Magari proprio mentre Sheryl attacca "gasoline, we'll be free"...

Monday, February 11, 2008

SGUARDI


Racconta Paola Scaglione (1) che quando Claudio Chieffo arrivò davanti alla statua della Madonna di Lourdes senza nulla tra le mani e dopo una giornata in cui tutto era andato storto, disse alla Madre di tutti : "Non ho altro da offrirti che questo dolore, che di fronte a tutto quello che c'é qui intorno é una sciocchezza, però prendilo".
Tornato a casa - racconta poi ancora - trovò una lettera del vescovo di Terni, che gli chiedeva di comporre un brano sulla Madonna, ma lui non se ne sentiva capace, non gli piaceva scrivere "su commissione": "(...) e poi ero stufo di tante orribili canzoni mariane... e non volevo aggiungermi, mi sembrava di sporcare la grandezza e la purezza di questa donna. In quell'occasione, però, mi sono proprio irritato ed ho scaraventato la lettera in alto, ma prima ancora che la lettera cadesse per terra mi sono venute sulle labbra la musica e le parole del primo verso".

E nacque "Ave Maria splendore del mattino", la Salve Regina degli anni duemila, come la definì poi il cardinale Giacomo Biffi.


Note:
(1) Paola Scaglione - la mia voce e le tue parole - Claudio Chieffo, una lunga storia di musica e poesia - ed. Ares

Saturday, February 09, 2008

COSE DELL'ALTRO MONDO

"Le due grazie che il Signore dona sono la tristezza e la stanchezza. La tristezza perché obbliga alla memoria. La stanchezza perché mi obbliga alle ragioni per cui faccio le cose"
(Luigi Giussani)

E' incredibile come ogni volta possa accadere.
Basta tener desto il desiderio e le risposte, nella vita di ogni giorno, arrivano sempre.
Una, dieci, cento volte al giorno.
E allora, anche oggi, il miracolo riaccade.
Proprio mentre ti senti triste e stanco, incontri qualcuno che chiama grazia queste sensazioni. Lo incontri dentro uno scritto - una lettera - ritrovata quasi per caso (ma nulla accade mai per caso !) , mentre , stancamente appunto, riordini carte polverose sul tuo comodino.
Una lettera bellissima, di Giorgio Bordin, così utile per chi, come me, svolge un'attività di operatore sanitario, ma bella per chiunque, tanto é piena di risposte per le domande che in fondo ognuno si pone in mille momenti.

E allora ne metto alcuni stralci qui, su questo blog, che continua ad essere un diario aperto dell'anima e dello stupore che essa prova nel percepire ogni giorno la misura di un Amore senza misura.
Per scoprire, magari insieme ad altri che la leggeranno, che Giorgio, come Domenico ed Enzo, é un'altro amico in più.
E per concludere con lui, circondati e rafforzati nel cuore da amici così, che "anche i nostri capelli sono davvero contati. Di che dobbiamo avere paura ?"

Il Mantello della misericordia
di Giorgio Bordin,
3 ottobre 2007

" Trovo solo stamani il tempo di scrivere queste cose, che ho però nel cuore da un paio di giorni. Gli impegni sono molti e non sembrano lasciare il tempo per cose piccole ma importanti come queste. Che però gli impegni siano molti é solo il segno che molto ci é dato per le mani, e di questo sono grato alla storia che mi ha portato fino a qui.

L'Hospice dell'ospedale delle Piccole Figlie é stato aperto dopo molti ritardi, essendo stato inaugurato il 14 aprile di quest'anno. E' stato un ritardo condizionato da una burocrazia acefala, senza volto e ultimamente senza cattiva volontà, ma di fatto indifferente ad ogni avvenimento di novità e di maggior utilità per l'umano, così che tutto é appiattito e parificato a ribasso con ciò che non ha valore, e trattato come tale; il nichilismo é peggio della cattiveria, perché é profondamente amorale.

Il 27 settembre, giorno di San Vincenzo de' Paoli, abbiamo definito il contratto con l'ASL di Parma, che ci consentiva il convenzionamento e la conseguente apertura dell'Hospice, che é stata prontamente realizzata il 1 ottobre, giorno di santa Teresina di Lisieux. I primi malati sono stati accolti invece il 2 ottobre, giorno dei Santi Angeli Custodi. Apriamo in mezzo a molte difficoltà residue, più impegnative di quelle che ci hanno accompagnato in questo periodo, ma l'importante é poter iniziare questa presenza verso i malati, che personalmente mi tocca profondamente, arrivando stanco, in un misto di timore, trepidazione e tristezza per l'inevitabile incompiutezza di una modalità per la quale abbiamo impiegato tutte le nostre forze, e che, già dall'inizio si rivela bella ma inadeguata, rispetto all'ideale che l'ha mossa e sostenuta.

Mons. Giussani diceva che
"le due grazie che il Signore dona sono la tristezza e la stanchezza. La tristezza perché obbliga alla memoria. La stanchezza perché mi obbliga alle ragioni per cui faccio le cose."

Tutto (...) é partito da una lettera di mons. Giovanni Danzi e che altri amici hanno preso così seriamente, al punto da farla essere questa cosa, che oggi mostra - in mezzo a tanti inciampi - un cammino più chiaro e i segni di una maggior stabilità;
é la possibilità che la cura dei malati possa trovare qualche punto in cui affermare coscientemente che la volontà di aderire al Mistero percepito nella Realtà ha il volto di un abbraccio e non é determinata dal limite o dalle circostanze.

In mezzo a tante ricorrenze non mi sembra senza significato pensare che mons. Danzi sia morto proprio in coincidenza di quest'avvenimento; noi, che non sapevamo della sua malattia, avevamo in animo di fare una visita a Loreto per raccontargli gli sviluppi di quell'inizio, da lui innescato e posto nelle mani della libertà di gente sconosciuta ma amica della stessa esperienza di Chiesa.
Ora sa tutto meglio di come gliel'avremmo potuto raccontare. Sicuramente un protettore in più a cui affidare la nostra storia, misteriosamente condotta verso un positivo, a dispetto delle nostre incapacità, che tutti i giorni emergono negli aspetti più prosaici delle cose che cerchiamo di mettere in piedi. Sempre il Giuss diceva, a seguito delle parole citate poco sopra:
"Fa, o Dio, che una positività totale guidi il mio animo, in qualsiasi condizione mi trovi, qualunque rimorso abbia, qualunque ingiustizia senta pesare su di me, qualunque oscurità mi circondi, qualunque inimicizia, qualunque morte mi assalga, perché Tu, che hai fatto tutti gli esseri, sei per il bene. Tu sei l'ipotesi positiva su tutto ciò che vive".

(...) La consolazione di avere molti sguardi in cielo e in terra che ci accompagnano fino a determinare i fatti più concreti é più forte della tentazione di sconforto che la contingenza vuole sempre insinuare dentro la fatica. Come diceva Felice Achilli ieri sera in un incontro,
solo guardandoci intorno facciamo esperienza di cose dell'altro mondo, in questo mondo: di eccezionalità nel quotidiano, di eroico nell'ordinario. Anche i nostri capelli sono contati. Di che dobbiamo avere paura ?"



Nota:
Giorgio Bordin é direttore sanitario dell'Hospice Piccole Figlie di Parma.
E' anche autore, con Laura Polo d'Ambrosio, della mostra
"Curare e guarire. Occhio artistico e occhio clinico", curata dall'associazione Medicina e Persona.

Monday, February 04, 2008

ASPETTANDO NICK





"Se la musica non é una finestra spalancata sul Mistero, é solo rumore del nulla"

(William Congdon)


Rumore potrebbe essercene parecchio nel nuovo disco di Nick Cave,"Dig !!!, Lazarus, dig !!!", in uscita ai primi di marzo.
Anche perché il suono dovrebbe essere un garage rock piuttosto duro ed essenziale, simile a quello dei Grinderman, quel progetto parallelo di Cave con Warren Elvis, e che diede luce all'omonimo album del 2007.
Ma il rumore di cui parla Congdon non ha mai riguardato la produzione di questo geniale musicista australiano e sono sicuro che anche questo disco non farà eccezione. 
Anzi, la premessa alla base del lavoro del disco sembra ancora una volta uno spunto quanto mai interessante.  Racconta Cave: "da piccolo, quando andavo in chiesa, la storia della risurrezione di Lazzaro mi inquietava molto.  Anzi, direi che mi ha decisamente traumatizzato, disturbato, terrorizzato.  Non era solo il fatto, già scioccante, del miracolo di Cristo, che risuscitava un uomo dai morti.  Quello che mi domandavo era come si sentisse Lazzaro dopo un'esperienza del genere".  

Bella domanda Nick, alla quale é difficile dare una risposta.
Certo però che fa pensare.  Perché Gesù guariva, o, come nel caso di Lazzaro, arrivava addirittura al fatto "scioccante" del resuscitare ?
Probabilmente c'era più di un motivo.  Come dice Pasquale Foresi in un suo articolo dal titolo "la venuta di Gesù e la malattia" (1) una delle ragioni era che gli uomini potessero testimoniare l'amore di Dio per loro.  Ma quest'amore doveva divenire contagioso; narra il Vangelo di Marco: "usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Pietro era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.  Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli" (2).   Come dire: se guariamo é per servire, la "salute" non é mai fine a se stessa.

Cave sembra più scettico al riguardo.  Nella title-track del nuovo disco parla di Larry, che "crebbe nevrotico ed osceno" e dice che in fondo "non chiese di essere resuscitato dai morti".
Ma l'ironia non manca mai nei lavori di questo grande autore, che a volte sembra divertirsi, come altri grandi personaggi di pari rango - Dylan é un maestro al riguardo - a spiazzare l'interlocutore, quasi a costringerlo a confrontare se stesso con la ricerca di ciò che conta veramente. Nella recente conferenza stampa tenuta a Milano, lo scorso 30 gennaio, alla domanda sulle ispirazioni del nuovo album Nick Cave ha risposto: "nulla di particolare; altre domande ?"



Insomma, non so se alla fine mi piacerà il nuovo disco di Nick, ma lo aspetto con più attenzione di tanti altri.  Certamente con più desiderio di certa categoria di nickcaveiani che lo hanno bocciato prima ancora di averlo sentito, perché hanno rigettato l'autore nel momento stesso in cui é uscito dalla stereotipo dell'artista compiaciuto nell'essere dannato, sempre sulla soglia dell'autodistruzione.  Quelli che non hanno amato la rilettura della sua esistenza che passa attraverso album come The Boatman's Call o No More Shall We Part e che l'hanno fatto giungere ad affermare : "lo scrivere mi ha messo in contatto con la mia immaginazione, con l'ispirazione e in ultima analisi con Dio.  Benché la canzone d'amore si manifesti in forme diverse (...) tutte si rivolgono a Dio, perché é la casa stregata dal desiderio il luogo in cui abita la vera canzone d'amore". (3)

No, non so davvero se mi piacerà il nuovo disco di Nick.
Ma lo aspetto con ansia e desiderio, quel desiderio che pochi musicisti, al giorno d'oggi, sanno tenere ancora desto come lui.


Note:
(1) Pasquale Foresi, La venuta di Gesù e la malattia, Nuova Umanità, XXVI (2004/6) 156, pp. 783-811
(2) Vangelo di Marco 1, 29-31
(3) tratto da "Good Rockin' Tonight", a cura di L.Eva, W.Muto, P.Vites, Itaca edizioni, 2004

Friday, February 01, 2008

COME ON

"La giornata più bella della settimana é il lunedì, perché il lunedì si riinizia, si riinizia il cammino, il disegno, si riinizia l'attuazione della bellezza, dell'affezione " (Luigi Giussani)


Stamattina non basta neanche il caffé, sono troppo stanco.
E' inutile, non c'é niente da fare, io alla mattina faccio sempre fatica ad alzarmi.
E poi, come se non bastasse, ci si mette anche il tempo; ma chissà che questo non riguardi un po' tutti, in fondo : se fuori c'é il sole, forse si va più volentieri anche al lavoro.
E invece stamattina piove e c'é un grigio in giro da far paura.
Dall'autoradio esce la voce di Lucinda Williams: neanche quella musica, dolce ed avvolgente insieme, sembra funzionare.
Are you alright
, canta Lucinda ed io non sono alright per niente: oggi faccio fatica davvero.


Anche ieri sera la stanchezza sembrava aver preso il sopravvento ed era giunta a dominare comportamenti ed emozioni.
Ma c'era una buona ragione per provare a vincerla e fare ancora una volta uno sforzo in più.
Così mi ritrovo lì, davanti all'insegnante di mio figlio - quarta elementare - a sentirla raccontare, davanti a tutti i genitori, la valutazione del cammino di una classe.
Mi colpisce un passaggio, dove parla del lavoro sui bambini e del loro modo di rispondere ad una provocazione che può divenire crescita e significato per la loro vita. E così ascolto quelle parole, che parlano di un impegno che non é solo individuale, ma collettivo.
Strano, ho sempre pensato che lo studiare avesse a che fare solo con se stessi e invece qui é diverso. E' importante essere sempre più protagonisti: lo sprone é il coinvolgere se stessi in ciò che sta accadendo e questa diventa una premessa indispensabile per apprendere. Più mi coinvolgo, più imparo dalla realtà. E questo mettendo in gioco anche la disponibilità a tornare su un lavoro, come correggere un compito, ad esempio. Come dire: siamo qui in cammino, che male c'é a tornare sui nostri passi per riuscire alla fine ad andare sempre più avanti con fiducia e con coraggio ?
Poi ci parla del libro di Tolkien - Lo Hobbit - che la classe sta leggendo e dei frutti che possono essere tratti da un percorso così, compiuto insieme.
La vicenda del libro tratta di un gruppo di persone, tutte profondamente diverse tra di loro, ma con un solo desiderio comune: la ricerca di un tesoro, di una felicità ultima che dia senso alle cose.
Sulle prime non ti pare neppure originale, ma se ti fermi a pensare scopri che questo percorso acquista senso proprio dentro quella compagnia.
Eppure neanche quella basta a se stessa: la compagnia ha bisogno d'essere guidata.
Quando esco dalla classe, alla fine, la stanchezza sembra essere davvero svanita.
La condivisione di un bisogno, quello di educare i propri figli, ha prodotto qualcosa anche su di me. Tutti abbiamo bisogno di essere educati, in ogni istante.
E mi scopro a pensare che - forse é proprio questo - quel tesoro che Bilbo cerca affannosamente coi suoi amici, in fondo l'ha già trovato nel cammino. Felicità é una sequela.


L'auto procede ed io continuo a guidare, ma mi sta tornando in mente ieri sera e, d'un tratto, ho ritrovato la risposta alla domanda della mia stanchezza.
Per un attimo mi sembra perfino di veder spuntare il sole, laggiù in fondo, mentre percorro la solita strada che porta al lavoro.
Sarà un caso, ma anche la musica é cambiata. E' sempre Lucinda che canta dentro la mia autoradio, ma non mi chiede più se sono alright. Forse sa già che anche la musica del mio cuore ha cambiato canzone: ora si tratta solo di darsi una mossa.
Pochi istanti e partono le note, é proprio una delle canzoni più belle di West: Come On ...