Proprio mentre ti senti triste e stanco, incontri qualcuno che chiama grazia queste sensazioni. Lo incontri dentro uno scritto - una lettera - ritrovata quasi per caso (ma nulla accade mai per caso !) , mentre , stancamente appunto, riordini carte polverose sul tuo comodino.
E allora ne metto alcuni stralci qui, su questo blog, che continua ad essere un diario aperto dell'anima e dello stupore che essa prova nel percepire ogni giorno la misura di un Amore senza misura.
" Trovo solo stamani il tempo di scrivere queste cose, che ho però nel cuore da un paio di giorni. Gli impegni sono molti e non sembrano lasciare il tempo per cose piccole ma importanti come queste. Che però gli impegni siano molti é solo il segno che molto ci é dato per le mani, e di questo sono grato alla storia che mi ha portato fino a qui.
L'Hospice dell'ospedale delle Piccole Figlie é stato aperto dopo molti ritardi, essendo stato inaugurato il 14 aprile di quest'anno. E' stato un ritardo condizionato da una burocrazia acefala, senza volto e ultimamente senza cattiva volontà, ma di fatto indifferente ad ogni avvenimento di novità e di maggior utilità per l'umano, così che tutto é appiattito e parificato a ribasso con ciò che non ha valore, e trattato come tale; il nichilismo é peggio della cattiveria, perché é profondamente amorale.
Il 27 settembre, giorno di San Vincenzo de' Paoli, abbiamo definito il contratto con l'ASL di Parma, che ci consentiva il convenzionamento e la conseguente apertura dell'Hospice, che é stata prontamente realizzata il 1 ottobre, giorno di santa Teresina di Lisieux. I primi malati sono stati accolti invece il 2 ottobre, giorno dei Santi Angeli Custodi. Apriamo in mezzo a molte difficoltà residue, più impegnative di quelle che ci hanno accompagnato in questo periodo, ma l'importante é poter iniziare questa presenza verso i malati, che personalmente mi tocca profondamente, arrivando stanco, in un misto di timore, trepidazione e tristezza per l'inevitabile incompiutezza di una modalità per la quale abbiamo impiegato tutte le nostre forze, e che, già dall'inizio si rivela bella ma inadeguata, rispetto all'ideale che l'ha mossa e sostenuta.
Mons. Giussani diceva che "le due grazie che il Signore dona sono la tristezza e la stanchezza. La tristezza perché obbliga alla memoria. La stanchezza perché mi obbliga alle ragioni per cui faccio le cose."
Tutto (...) é partito da una lettera di mons. Giovanni Danzi e che altri amici hanno preso così seriamente, al punto da farla essere questa cosa, che oggi mostra - in mezzo a tanti inciampi - un cammino più chiaro e i segni di una maggior stabilità; é la possibilità che la cura dei malati possa trovare qualche punto in cui affermare coscientemente che la volontà di aderire al Mistero percepito nella Realtà ha il volto di un abbraccio e non é determinata dal limite o dalle circostanze.
In mezzo a tante ricorrenze non mi sembra senza significato pensare che mons. Danzi sia morto proprio in coincidenza di quest'avvenimento; noi, che non sapevamo della sua malattia, avevamo in animo di fare una visita a Loreto per raccontargli gli sviluppi di quell'inizio, da lui innescato e posto nelle mani della libertà di gente sconosciuta ma amica della stessa esperienza di Chiesa.
Ora sa tutto meglio di come gliel'avremmo potuto raccontare. Sicuramente un protettore in più a cui affidare la nostra storia, misteriosamente condotta verso un positivo, a dispetto delle nostre incapacità, che tutti i giorni emergono negli aspetti più prosaici delle cose che cerchiamo di mettere in piedi. Sempre il Giuss diceva, a seguito delle parole citate poco sopra: "Fa, o Dio, che una positività totale guidi il mio animo, in qualsiasi condizione mi trovi, qualunque rimorso abbia, qualunque ingiustizia senta pesare su di me, qualunque oscurità mi circondi, qualunque inimicizia, qualunque morte mi assalga, perché Tu, che hai fatto tutti gli esseri, sei per il bene. Tu sei l'ipotesi positiva su tutto ciò che vive".
(...) La consolazione di avere molti sguardi in cielo e in terra che ci accompagnano fino a determinare i fatti più concreti é più forte della tentazione di sconforto che la contingenza vuole sempre insinuare dentro la fatica. Come diceva Felice Achilli ieri sera in un incontro, solo guardandoci intorno facciamo esperienza di cose dell'altro mondo, in questo mondo: di eccezionalità nel quotidiano, di eroico nell'ordinario. Anche i nostri capelli sono contati. Di che dobbiamo avere paura ?"
Nota:
Giorgio Bordin é direttore sanitario dell'Hospice Piccole Figlie di Parma.
E' anche autore, con Laura Polo d'Ambrosio, della mostra "Curare e guarire. Occhio artistico e occhio clinico", curata dall'associazione Medicina e Persona.
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