Saturday, April 10, 2010

CAHIERS DE FRANCE (6) - IL CUORE, L'ANCORA E LA CROCE




Il cuore pulsante è là, dentro les arènes, oppure nelle vie della città, festanti e colme di folla all'inverosimile, ad Arles come a Les Saintes Maries De la Mer, in questo periodo di feria pasquale, che fa assomigliare un pezzo di Francia del sud ad un angolo di Spagna.
La Camargue é una terra strana, gli uomini più gitani che francesi ed i tori liberi in mezzo ad immensi spazi verdi, allevati dai guardians, uomini fieri in groppa agli splendidi cavalli bianchi tipici di questa zona; uomini e tori che qui sono protagonisti anche di corride, ma con gli animali più fortunati dei fratelli di sangue spagnolo, perché in terra francese la vita viene loro sempre risparmiata e qui l'abilità del toreador é nello schivare l'animale, piuttosto che nell'ammazzarlo.
Non c'é modo di entrare nello splendido anfiteatro romano di Arles, già esaurito da un bel pezzo per la corrida di Pasqua ed allora é bello spostarsi giù, fino alle Saintes Maries De La Mer, dove, dopo la messa, il popolo é in festa a ballare la quadriglia sul sagrato della chiesa.
Il sole ha finalmente fatto capolino, scacciando le nuvole del mattino e la gente, felice, si aggira per le vie del paese, tra mille negozietti che hanno già in bella mostra vestiti ed oggetti che hanno il sapore del mare dell'estate. Ci tuffiamo anche noi, navigando a vista e senza fretta e rimbalzando da un lato all'altro delle piccole stradette del paese, prima di buttarci capo e collo dentro una saporitissima paella, annaffiata da un'ottima birra e dai sorrisi camarguens.



La chiesa di Les Saintes Maries De la Mer sembra un antico fortilizio, baluardo sul mare proprio alla foce del Rodano, dove la tradizione vuole siano arrivate insieme le sante Marie: Maria Maddalena, Maria Jacobé, Maria Salomé (e pure Lazzaro assieme a loro), tutte fatte partire in Palestina, su una barca senza vele e senza remi, da persecutori che le volevano morte a tutti costi e giunte miracolosamente sino a qui, così che la predicazione del Vangelo, invece che naufragare miseramente in mezzo al mare, potesse entrare anche nel cuore dell'Europa, dritta attraverso le porte di Provenza. Si narra che anche santa Sara fosse insieme a loro, anche se non si sa a quale punto del viaggio; sta di fatto che da quei lontani giorni divenne la solenne protettrice dei gitani, che ora si danno appuntamento qui da tutta Europa il 24 maggio di ogni anno, per portare solennemente in processione la statua sino al mare e poi danzare e far festa insieme sino all'alba. Si racconta che anche Dylan - che un po' gitano, almeno negli anni settanta, sotto sotto lo era pure lui - capitasse da queste parti una di quelle volte, con quel capolavoro di Blood On The Tracks già nelle corde della sua chitarra ed il carrozzone della Rolling Thunder Revue pronto a partire per un carosello di spettacoli uno più bello dell'altro.

Mentre mi avvicino ad Aigues Mortes - che in italiano suonerebbe molto peggio che in francese - non ho Dylan nel lettore iPod di sottofondo, ma c'é la musica del cuore che mi accompagna, attraversando le strade affascinanti e paludose che portano giù fino al mare, sulla punta di Port Camargue, dove l'atmosfera non é ancora calda, ma i motori sono già accesi e pronti per il decollo estivo. La città conserva il fascino incredibile che doveva avere in tutto il Medioevo, circondata com'é da possenti mura, disposte a quadrilatero e perfettamente conservate sino ad oggi, insieme ai loro torrioni di guardia. Fascino e terrore assieme, perché quelle mura, volute dal re San Luigi, evocano ancora oggi immagini di feroci attacchi dal mare e di partenza sofferta di crociate. Io, però, conservo nella mente l'armonia di dolci suoni, quelli della musica trasmessa all'interno della chiesa di Notre Dame des Sablons, dove capitava che anche il re santo si fermasse spesso e volentieri in preghiera e capaci di placare ogni oscuro risvolto della mia mente, ancora troppo memore dell'assurda frenesia di Lombardia. Fuori da lì, lungo le strette stradine del paese, l'atmosfera é allegramente caotica e colorita, quanto basta per lanciarsi alla carica di ricordi da portare a casa; i souvenirs, per quelli vecchi come me, prendono la forma di dolciumi, spezie con cui arricchire i cibi che cucineremo a casa e liquori provenzali come la deliziosa Farigoule, ricavata dal timo e capace d'inebriare per bene anche i pensieri più distratti; mia figlia, invece, incrementa inesorabilmente la sua collezione di palline trasparenti con la neve; questa volta ha dentro un bel cavallo bianco con sotto la scritta Camargue: lo guardo un po' perplesso, aspettando di vederne un altro uguale ma nero, in vendita in Italia e con sotto la scritta Maremma. I miei figli, invece, guerrafondai per natura e che la spada l'hanno già presa dalle parti di Mont Saint Michel, questa volta ripiegano sulle mazze e meno male che elmi, scudi, archi e frecce costano troppo, così che si possa ripegare verso casa senza spiegazioni.


Il cuore, l'ancora e la croce, in Camargue li trovi davvero dappertutto: sui muri delle case, in cima ai monumenti, nei mille oggetti e souvenirs. Croce come fede, cuore come carità e l'ancora ed i tridenti dei guardians, posti alle estremità della croce, a far rima con speranza. La fede l'abbiamo percepita forte dentro le mura della chiese, anima di un popolo che fuori abbiamo visto in festa; voci all'unisono in preghiera, a volte abbellite dal suono del flauto, altre volte dalle melodie in fondo al cuore di ciascuno. La speranza si fa strada sempre dentro il cuore di chi attende con fiducia, uno sguardo vero rivolto a tutto ciò che accade. I miei occhi hanno percorso in queste terre spazi liberi ed immensi, a volte risalendo il fiume, altre volte a piedi o con l'auto, che ha attraversato lenta strade diritte che parevano non finire mai; percorsi in mezzo a campi verdi ed ai canali, bracci di mare azzurri e saline color rosa, armoniosamente intrecciati tra di loro; sentieri e vie districati in mezzo ai cavalli bianchi, liberi come il vento in mezzo ai prati ed ai fenicotteri rosa, che dipingono il tramonto di colori ancor più accesi. Difficile dimenticare paesaggi così, musiche dell'anima capaci di distendere e sciogliere ogni tensione contorta dentro sé.

L'ultima visione é quella dei miei figli che corrono spensierati a torso nudo lungo una spiaggia ancora selvaggia e davanti ad un mare d'aprile inaspettatamente calmo. La croce e il cuore si sono ancorati qui ed é difficile ripercorrere la strada che porta verso casa. A meno di caricarla di speranza dentro la gioia di un'esistenza che si sappia riempire di significato sempre ed ovunque ci si trovi. Ma lungo l'autostrada che attraversa sinuosa e veloce la Provenza, quella speranza, lo avverto, ricomincia ad insinuarsi a poco a poco.





4 comments:

Piccolalory said...

Che bellissimo viaggio... e il tuo racconto allarga il cuore come sempre... grazie!

Fausto Leali said...

Grazie a te e ben ritrovata!

Paolo Vites said...

e che meraviglia... ma quando ci porti anche me in questi posti??

Fausto Leali said...

Ah ma ci ritorno presto in Provenza e Camargue...se ti vuoi aggregare.. :-)