Friday, September 27, 2013

LIBERA TERRA


"So che ci cercherai dentro l'anima", mi aveva scritto Massimo. Ed aveva aggiunto: "la troverai". Eccola qui, allora, una manciata di nuove canzoni dentro le quali andare a caccia di un cuore. Un compito non banale, anche se la dichiarazione d'intenti dell'autore é già scritta sulla copertina del cd: "queste canzoni rappresentano il percorso di un sogno individuale, condiviso, spezzato, cercato o reinventato nello scorrere del tempo". Ali di Libertà, il primo disco d'inediti di Priviero dal 2006 mostra che i binari della ferrovia sui quali l'autore si é incamminato molto tempo fa sono sempre gli stessi. Su quel percorso ci si é inoltrati nel deserto ed impolverati, si é salito colline, ma il senso di quel viaggiare non é cambiato. Perché non é molto vero, in fondo, che l'importante non sia dove si va, ma andare: é necessaria una meta, anche quando incerta, per essere pellegrini e non turisti spettatori della vita.
La miscela musicale è quella infarcita, come sempre, di echi springsteeniani e di Dylan, un tessuto sonoro collaudato, frutto dell'eccellente lavoro dei soliti Gazich, Laviola, Cambise e soci, questa volta impreziosito da suggestioni d'irlanda o tex-mex, quando le cornamuse o la fisarmonica fanno capolino qua e là. Sì, c'è ancora qualche "Scialala" di troppo, forse, ma la voce di Massimo é ancora una di quelle capaci di scuotere qualcosa dentro dal profondo, a patto di mettere il volume dell'autoradio al massimo sulle strade statali che portano verso casa.
Alla caccia dell'anima e del cuore, dunque. Non parrebbe impresa difficile, se si fanno scorrere le canzoni del disco una dopo l'altra, dentro un album autobiografico come non mai. C'è l'orgoglio e lo struggimento che viaggia sul ricordo delle proprie radici ("La Casa di Mio Padre"), la dolcezza d'amori mai sopiti ("Il Mare"), un desiderio d'eredità da lasciare a un figlio, che é molto più del trovarsi a suonare insieme od elaborare un testo prima che giunga l'alba di un nuovo mattino (Tommy Priviero collabora in "Occhi di Bambino" e "In Verità"); c'è l'ostinata intenzione di mettere sempre davanti la fierezza di chi ha fatto del titolo di una propria canzone - Nessuna Resa Mai - l'obiettivo del proprio tirar sera. E c'è, soprattutto, il racconto delle periferie dell'esistenza degli umili e dei vinti, incrociati incessantemente lungo la strada.
Il percorso artistico che Priviero ha disegnato sulla propria storia, dopo un effimero successo iniziale che pochi purtroppo ricordano ancora, si é delineato sempre più dentro solchi di costanza e volontà, che hanno disegnato a poco a apoco una figura di cantautorato rock che più che al Boss assomiglia a forme d'umana resistenza come quelle di uno Steve Earle o di un Chris Knight. Se il rock in Italia esistesse davvero, inteso come qualcosa capace di rendere fertile un terreno dell'anima troppo spesso insidioso e inospitale, allora la musica di Massimo potrebbe essere davvero buon seme da spargere qua e là perché, dopo il lungo inverno, fiori e frutti si facciano vedere nelle prime giornate di sole.

Eppure, dopo un ripetuto ascolto di questo nuovo disco, mi accorgo che a furia di cercare davvero l'anima di Priviero, non é su canzoni come "Ali di Libertà" che finisco per soffermarmi di più. Nelle note di copertina c'è un passaggio, appena accennato, che parla di quegli impostori che la vita chiama successi e fallimenti e che sembrano solo introduzione a tutto quanto Massimo sembra aver voglia di continuare a raccontarci ed a gridare dentro le sue canzoni. Ma se é davvero la ricerca della verità lo scopo di tutto, ciò che si vuol lasciare di sé a chi accompagna il nostro cammino, allora é proprio la consapevolezza del limite quella che si deve fare strada sempre più. Per questo "Madre proteggi" sembra proprio il cuore del disco e non per caso - forse - é canzone che é stata lanciata in rete già mesi fa, molto prima che uscisse questo nuovo lavoro. La consapevolezza della fragilità di un cuore, che lo attraversa sempre anche quando la vita l'ha inesorabilmente irrobustito, é la sola in grado di condurre finalmente ad una meta quell'uomo che continua a camminare sui binari d'una ferrovia, la chitarra a tracolla dietro la schiena e l'orizzonte sfumato, come appare sul retro della copertina del disco. Interpretazioni personali? Certamente. Come ha da accadere - sempre - se la musica non rimane puro intrattenimento ma serve a far bruciare la legna del cuore di chi ascolta. E allora chissà se, nel mio caso, l'ho davvero trovata, l'anima del nuovo disco di Massimo, un invito lasciato in un sms, buttato dentro all'improvviso nel mio telefono cellulare. Ma mi piacerebbe - questo sì - poter avere davvero centrato l'obiettivo, che quell'anima avesse un filo rosso tracciato dai versi di quella canzone: "Madre apri i tuoi occhi, in questa notte mia / guarda tuo figlio, Madre mia".
Gli ultimi due brani del disco (i migliori?), allora - Libera Terra/Il Sogno, Bacio d'Addio - per me possono nascere e crescere solo da qui, da un'intensità di preghiera. L'amore di una Madre, con la "M" maiuscola come é scritto nel testo della canzone. Una promessa d'eternità per ciascuno di quei fragili cuori. La linea dell'orizzonte di una nuova terra, che si scorge e si stempera sulle note dell'armonica e della chitarra acustica dell'ultima canzone.  


"Questa terra é un campo, buono per lavorare
E' una casa in pezzi, che é da ricostruire
Questa terra é un un padre, che torna a casa sua
Questa terra é tua, questa terra é mia"
(Libera Terra - il sogno)