Friday, April 08, 2011

FERITE NELLA NOTTE



Strana notte, questa. Notte di sogni, di speranze talvolta disattese. Notte di realtà, di vita dura e di dolore. Una notte come tante altre, una notte come sempre. In questo posto dove ogni ora é uguale all'altra, dove il giorno é uguale alla notte e la domenica assomiglia al lunedì.
Notte d'ospedale. Con la macchinetta del caffé sempre al solito posto, così ci torno, anche stavolta, tre del mattino e questo é il mio posto preferito, dove riposa tutta l'incertezza del mio cuore e dei miei pensieri.
Cinquanta centesimi, le monete cascano giù, ad una ad una, rimbombando nel silenzio di un luogo che, a quest'ora, cerca di far dormire anche il dolore.
Il mio non dorme, però, non stasera, almeno.
Le luci della città sono sempre là, spesso sono loro che mi aiutano a capire. Quando la sofferenza ti passa accanto troppo veloce, anch'essa presa da quell'assurda frenesia che sembra possedere sempre qualsiasi istante, allora hai bisogno di un'ora in mezzo alla notte per capire il senso di quel che accade.

Qualche giorno fa una sentenza della Cassazione ha annullato l'assoluzione di un collega. Un cardiologo ospedaliero, il mio stesso lavoro, l'identico mare in tempesta in cui naviga anche la mia barca, giorno o notte che sia. Un'assoluzione ribadita su tre gradi di giudizio e ribaltata da una sentenza assurda, figlia di un sistema giudiziario capace di ridiscutere più volte le stesse cose e dare poi un parere diverso, senza che siano emersi nel frattempo elementi nuovi. Linee guida, preziosi strumenti del nostro agire quotidiano, frutto dell'esperienza accumulata da centinaia di trials ed elaborate dall'American Heart Association e dall'American College of Cardiology o dalla European Society of Cardiology (le massime autorità mondiali in campo cardiologico) definite dai magistrati come argomenti di dubbia scientificità (1). Un medico trattato alla stessa stegua di qualsiasi criminale, da giudici che ci si domanda se siano degni di questo nome. I giudici italiani. Un collega, un dottore come me e come tanti altri, abituato a lottare ogni giorno col dolore e con la malattia. Che ha studiato e imparato con sudore, lavorato e vissuto per curare la gente. Che, come tanti, si é fatto compagno delle ferite che ha incontrato. Medico come colui che é sempre presente sul campo anche quando arriva la morte, morte che giunge quando deve giungere, perché inscritta dentro un Disegno di cui fa parte e che si chiama Vita. Sorella morte, parte, anch'essa, della Bellezza che ci é stata data un giorno e che é sempre nelle mani di un Amore più grande di noi e delle nostre miserie.

Ricordo un giorno in cui fui interrogato dalla polizia giudiziaria. Un uomo e una donna. Lui sembrava Serpico; lei giovane e avvenente, tacchi a spillo e una minigonna da urlo. E poi pensi che certe cose accadano solo nei film. Furono comunque estremamente gentili e rispettosi, entrambi squisitamente professionali. Si trattava della vicenda di un ultranovantenne, ammalato di un tumore allo stadio terminale, arrivato in pronto soccorso a seguito di un arresto cardiaco extraospedaliero. Quando arrivò in ospedale ci fu ben poco da fare: il Signore aveva deciso di chiamarlo a sé. Le figlie, avvocato, sporsero denuncia. Ma la vicenda finì in nulla, per fortuna. Perché non c'era reato, evidentemente: it's life and life only, avrebbe cantato Dylan, se avesse voluto narrare di quel fatto. E allora perché denunciare dei medici e a che scopo? Per denaro, forse? Qual é il confine tra il dolore e la menzogna, tra l'affrontare con realtà e responsabilità la durezza della vita ed il manipolarla invece a nostro piacimento?

Ci sono momenti in cui non ce la faccio davvero più.
Perché é sempre più difficile andare avanti a fare con passione ed onestà questo mestiere. Un lavoro che non rimane mai lasciato lì, in ufficio al venerdì, come un mucchio di carte appoggiate sulla scrivania e che, se ci sarà tempo, verranno forse evase al lunedì. No, questo vivere sono notti di guardia che ti porti dentro, che arrivano fino a casa anche al mattino, gli occhi strapazzati dalla stanchezza e dalla sofferenza che ti é passata accanto. Che ti svegliano quando ti addormenti sul divano, che t'interrogano mentre guardi il sole tramontare lungo una strada trafficata, mentre il solito cretino suona il clacson dietro alla tua auto mentre stanco te ne torni a casa, cretino alle prese con un'assurda frenesia che non ha ancora imparato a conoscere i tempi del proprio traguardo.
Cosa ne sanno costoro, quelli che credono di sapere sempre tutto, quelli che scrivono sui giornali o parlano in televisione di malasanità? Cosa conoscono dell'impegno e della concentrazione che metti dentro con fatica tutti i giorni? Cosa comprendono di quel che vuol dire tener duro, sempre e ad ogni costo? E cosa ne sanno quelli che mandano quelle pubblicità alla radio, al mattino mentre te ne torni un'altra volta in ospedale: "Chi di voi non é parte lesa? Apri un'agenzia in franchising!"? Cosa ne sanno di quelle ferite che fanno male anche lontano, lungo la strada che porta verso casa?

Ma non riusciranno a vincere. Non arrivaranno a togliermi la voglia di lottare, a levarmi di dosso la convinzione che quella ferita che incontro é benedetta perché é la mia stessa ferita. Che la domanda di significato che incontro nella sofferenza é la mia domanda, quella che interoga la mia carne e la mia intelligenza, quella che, tormento e delizia insieme, mi dà la possibilità di giocare la mia libertà fino in fondo. E che, alla fine del viaggio, rafforza la mia fede, i miei gesti, le parole, le opere e persino le miserie, poste in grembo ogni giorno alla Misericordia che sempre più sostiene ogni mio agire.
E certo che poi é anche una vita rock'n'roll, questa. Anche se loro, i rockers di mestiere, forse sono trattati meglio e più benvoluti di quei poveretti che fanno i medici in ospedale. Ma non importa, é questo il palcoscenico che ho scelto un giorno e sono ancora felice di suonare le date del mio neverending tour.
Perché é in notti come queste che benedico ancora una volta il mio mestiere.
Un'altra notte d'ospedale per sentirmi vivo.




Note:
(1) Nell'era della cosiddetta "Evidence Based Medicine" le linee guida costituiscono un indispensabile strumento per ogni medico, per operare al meglio ai fini di una corretta diagnosi e terapia nei confronti di ciascun paziente. Frutto dell'esperienza di migliaia di trials scientifici ed elaborate dai massimi organismi delle singole discipline, rappresentano di fatto lo "stato dell'arte" medica. La sentenza della Cassazione riporta queste stupefacenti parole sull'argomento: "(...) nulla si conosce dei contenuti di tali linee guida, né dell'autorità dalle quali provengono, né del loro livello di scientificità, né delle finalità che con esse s'intende perseguire"....

3 comments:

Paolo Vites said...

grande. d'altro canto anche bob dylan ha detto una volta, che avrebbe voluto fare il dottore. forse avrei salvato qualche vita, invece di bruciare ogni ponte su cui sono passato, aggiunse

Fausto Leali said...

già, il buon Bob... vestito da dottore... più che con la faccia di John Carter me lo vedrei con quella del Dr. House :-)

Maurizio Pratelli said...

Per una visita sarebbe costato 600 euro. Come medico avrei preferito joan baez