Wednesday, April 20, 2011

CORPI E ANIME

Il paesaggio, in fondo, non doveva essere molto diverso, neanche allora. Strade sterrate al posto di quelle asfaltate, ma per il resto le stesse distese di campi, il marrone intenso della terra arata, l'azzurro del cielo ed il sole del mese d'aprile, già così deliziosamente caldo.
Poche case lontane, in quelle lingue di territorio da Rosate a Gaggiano, o lungo la strada che da Abbiategrasso porta sin giù a Motta Visconti, i confini della campagna milanese con quella di Pavia, a lambire quella splendida cornice che é l'abbazia di Morimondo. Lungo quelle strade, Riccardo Pampuri, medico condotto da quel di Trivolzio ai primi del secolo scorso, aveva iniziato a farsi rapire dal fascino di una vita santamente vissuta, aderendo a un Disegno che all'inizio della sua vita lo portò a visitare ammalati da una cascina all'altra, immerso in paesaggi di campagna simili a questi.

Ho visitato una donna a casa sua. Un'anziana signora, nello stesso luogo dove, pochi anni prima, avevo accompagnato un pezzo di vita del marito. Di lui ricordo il dolcissimo sorriso, la mitezza e i movimenti lenti, un estate serena prima che il Signore se lo portasse via, a pochi giorni dal Natale, il cuore ormai infranto dalle conseguenze di un infarto troppo esteso. Quando sono arrivato a casa, lei era distesa a letto, sorridente, nello stesso lato occupato un tempo dal marito. Un grande letto matrimoniale, ma lo stesso posto occupato da tutti e due. Ci sono tanti modi di mostrare agli altri quanto si possa essere legati, ma ve ne sono alcuni forse un po' più speciali.
E' stato in quella casa che, indegnamente, mi é tornato in mente san Riccardo, le sue uscite d'inverno, gli inverni di una volta, quelli freddi per davvero, su un povere calesse, a visitare di giorno e di notte chiunque avesse bisogno di lui, senza mai un lamento e senza tener nulla per sé, tanto era il suo zelo nel donare tutto ciò che aveva ai poveri.

Tornando a casa, la luce del tramonto si é rimescolata a quei paesaggi, alle sensazioni forti cucite addosso più strette di un abito sotto misura ed alla musica, che sempre mi accompagna. Josh T. Pearson va ascoltato in momenti così, fuori dalla frenesia del traffico e della mente, lontano dalle vie troppo strette della città e dei propri pensieri. Sulle note di quel disco - l'ultimo dei gentlemen di campagna - ho ripensato a corpi e ad anime, a corpi che vedo troppo spesso martoriati e ad anime che vedo, al fondo, sempre inesorabilmente belle; quelle anime a cui teneva tanto san Pampuri, quando ne curava i corpi coi mezzi che aveva a disposizione nel suo tempo.
Se c'é un disco che, di questi giorni, mi fa pensare al corpo e all'anima come alle due cose di cui siamo fatti - indissolubilmente legate tra di loro - é forse questo. Legate come lo sono tra loro la voce e la chitarra di Josh con il violino di Warren Ellis. Come le liriche e le armonie delle canzoni, solo apparentemente tristi e difficili, in realtà dolcissime e piene di speranza al di là del dolore. Come la via crucis di una settimana santa, capace di portarti, alla fine, alla Resurrezione, perché é questa la verità più bella e più forte della fede.

Poi, quando sono arrivato in città, mi sono fermato nel mio negozio di dischi preferito e mi sono comprato il cd, dando corpo all'anima di canzoni, troppo freddamente uscite sotto forma di files da un iPod, ma entrate già prepotentemente nel mio cuore.
Vivere in questo brulichio di case e di palazzi grigi, in fondo - ho pensato tra me e me - lontano dal verde dei prati e dall'azzurro del cielo, dovrà pur servire a qualcosa, una volta tanto.


3 comments:

Unknown said...

Bello, Grazie !

Paolo Vites said...

grazie e buona Pasqua

Fausto Leali said...

@BOMBER
ciao amico, é un piacere ritrovarti
@PAOLO
grazie a te.

e auguri a tutti e due