Thursday, December 28, 2006

HAPPY NEW YEAR


"Let us not wallow in the valley of despair, I say to you today, my friends, so even though we face the difficulties of today and tomorrow, I still have a dream. (...) I have a dream that one day on the red hills of Georgia, the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood. (...) I have a dream that one day every valley shall be exalted, and every hill and mountain shall be made low, the rough places will be made plain, and the crooked places will be made straight; "and the glory of the Lord shall be revealed and all flesh shall see it together"

"Oggi vi dico, amici, non indugiamo nella valle della disperazione, anche di fronte alle difficoltà dell'oggi e di domani, ho ancora un sogno. (...) Ho un sogno, che un giorno, sulle rosse colline della Georgia, i figli di ex schiavi e i figli di ex proprietari di schiavi riusciranno a sedersi insieme al tavolo della fratellanza.(...) Ho un sogno, che un giorno ogni valle sia colmata, e ogni monte e colle siano abbassati, i luoghi tortuosi vengano resi piani e i luoghi curvi raddrizzati. "Allora la gloria del Signore sarà rivelata ed ogni carne la vedrà".

Martin Luther King, Washington Rights March, August 28th, 1963

Wednesday, December 27, 2006

ALBUM OF THE YEAR


JERRY LEE LEWIS
"LAST MAN STANDING" (2006)

The "Killer" is back.
Here's the quintessence of rock'n'roll with blues and country contaminations, in the form of duets with music stars as Springsteen, Fogerty, Neil Young, Little Richard, Willie Nelson, Kristofferson and many others.

An absolute masterpiece from a real genius.
Elvis's gone, Johnny Cash and Carl Perkins too, but Jerry Lee is still here, the "last man standing" .
As Bob Dylan would say "he was so older then, he's younger than that now".
The album of the year !

P.S. If you want to learn more about this, read through Paolo Vites' excellent review (see the link: "Gamblin' Ramblin')

Wednesday, December 20, 2006

BUON NATALE


I dirigenti di IKEA e RINASCENTE hanno pensato bene di togliere i presepi dagli oggetti in vendita sugli scaffali dei loro negozi.
Pare che non sia conveniente dare ospitalità a Gesù, proprio come duemila anni fa.
Peccato, speriamo che invece per molti le cose non stiano affatto così.
Come per Don Camillo e Peppone, capaci ancora di uno sguardo fatto di stupore.....

"....oramai il Bambinello era finito e, fresco di colore e così rosa e chiaro, pareva che brillasse in mezzo alla enorme mano scura di Peppone.
Peppone lo guardò e gli parve di sentir sulla palma il tepore di quel piccolo corpo. E dimenticò la galera.
Depose con delicatezza il Bambinello rosa sulla tavola e don Camillo gli mise vicino la Madonna.
"Il mio bambino sta imparando la poesia di Natale" annunciò con fierezza Peppone. "Sento che tutte le sere sua madre gliela ripassa prima che si addormenti. E' un fenomeno".
"Lo so" ammise don Camillo. "Anche la poesia per il Vescovo l'aveva imparata a meraviglia".
Peppone si irrigidì.
"Quella é stata una delle vostre più grosse mascalzonate !" esclamò. "Quella me la dovete pagare".
"A pagare e a morire si fa sempre a tempo" ribatté don Camillo.
Poi, vicino alla Madonna curva sul Bambinello, pose la statuetta del somarello.
"Questo é il figlio di Peppone, questa la moglie di Peppone e questo Peppone" disse don Camillo toccando per ultimo il somarello.
"E questo é don Camillo !" esclamò Peppone prendendo la statuetta del bue e ponendola vicino al gruppo.
"Bah ! Fra bestie ci si comprende sempre" concluse don Camillo.
Uscendo, Peppone si ritrovò nella cupa notte padana, ma oramai era tranquillissimo perché sentiva ancora nel cavo della mano il tepore del Bambinello rosa.
Poi udì risuonarsi all'orecchio le parole della poesia, che oramai sapeva a memoria.
"Quando, la sera della Vigilia, me la dirà, sarà una cosa magnifica !" si rallegrò. "Anche quando comanderà la democrazia proletaria, le poesie bisognerà lasciarle stare. Anzi, renderle obbligatorie !".

Il fiume correva placido e lento, lì a due passi, sotto l'argine, ed era anch'esso una poesia: una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava. E per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo all'acqua, c'eran voluti mille anni.
E soltanto fra venti generazioni l'acqua avrà levigato un nuovo sassetto.
E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l'ora su macchine a razzo superatomico per fare cosa ?
Per arrivare in fondo all'anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha ripitturato col pennellino."

(Giovannino Guareschi)

Saturday, December 16, 2006

NON SOLO WELBY


di Mario Melazzini
primario Day-Hospital oncologico IRCCS S.Maugeri di Pavia
Presidente nazionale AISLA (associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica)

Da quasi quattro anni sono malato di sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurodegenerativa che porta a morte i motoneuroni, cellule nervose della corteccia motoria cerebrale, del tronco encefalico e del midollo spinale, portando alla paralisi progressiva della muscolatura volontaria,sino all’arresto respiratorio. Nonostante sia costretto sulla sedia a rotelle, possa solo muovere due dita della mano dx, alimentato artificialmente per via enterale tramite PEG durante la notte, supportato dalla ventilazione non invasiva notturna e parzialmente durante la giornata, totalmente dipendente dagli altri, apprezzo sempre di più quanto sia bello vivere anche in queste condizioni,con dignità e buona qualità di vita e sentirmi ancora utile, prima di tutto a me stesso,ma anche agli altri.Sono inoltre fortunato, in quanto pur la malattia così devastante, lascia totalmente integre le funzioni cognitive:e questo è il valore aggiunto,basta usarlo nel modo giusto.Tutto ciò mi permette di continuare a fare il medico,anzi essere passato dall’altra parte,mi permette di lavorare ancor meglio,con una maggiore attenzione verso i bisogni dei miei pazienti. Ma anche a battermi per la tutela della vita in ogni sua fase: dall’inizio alla fine.
Al di là delle mie convinzioni personali, per altro razionalmente motivate, pur avendo il massimo rispetto delle considerazioni espresse a più riprese dal signor Welby, frutto di evidente sofferenza e di giustificato senso dell’abbandono della vita causato dalla patologia da cui egli è colpito, mi amareggia vedere che si investe moltissimo, in denaro, impegno politico, comunicazione mass-mediatica, per iniziative che vanno in una direzione monotematica incentrata unicamente sul diritto a morire senza quasi mai prendere invece in considerazione le ragioni di chi, pur in condizioni clinico-fisiche,a volte anche peggiori di quelle in cui attualmente si trova Welby, sceglie comunque di continuare a vivere. Posso testimoniare che moltissimi malati che si trovano in condizioni peggiori delle mie, ventilati meccanicamente 24 su 24, alimentati artificialmente per via entrale,con paralisi completa,con unico movimento residuo a carico dei globi oculari,non chiedono che di poter continuare a vivere, e di poterlo fare con dignità. Dovrebbero essere ascoltate con una attenzione pari a quella riservata al “caso Welby” anche le voci dei malati che non misconoscono l’amore per il dono della vita, pur vissuta nella sofferenza e tramite supporti tecnici quali la ventilazione meccanica e/o alimentazione artificiale, tenendo nel contempo in adeguata considerazione le reali condizioni in cui le persone con patologie gravi e le loro famiglie vivono.
Un esempio dolorosamente vistoso di questa contraddizione si è avuto lo scorso 18 settembre a Roma, in piazza Bocca della Verità. Mentre Piergiorgio Welby riceveva poco tempo dopo dalla più alta autorità dello Stato pubblica risposta alla sua richiesta di sospensione delle cure, rimaneva invece inevasa la silenziosa protesta di un gruppo di malati di sclerosi laterale amiotrofica provenienti da tutta Italia. Questi malati chiedevano più assistenza, più tutela della dignità dei pazienti, anche più ricerca vera. Tra di loro, c’erano molte persone in carrozzina, molte ventilate artificialmente, alcune tracheotomizzate; tutte in uno stadio avanzato della malattia ma con la stessa aspirazione: vivere, non morire. Anzi quasi contemporaneamente un mio compagno di malattia, in condizioni di malattia avanzatissima, inviava una missiva al capo dello Stato in cui chiedeva un supporto per poter continuare a vivere. Nessuna risposta.
Ho potuto constatare che, a livello politico e mediatico, chi vuole morire fa notizia, mentre non fa notizia chi – magari trovandosi in identiche o anche peggiori condizioni –viene volutamente trascurato.
Ma queste delusioni non mi abbattono. Hanno invece rafforzato in me la voglia di lottare per tutti coloro che, riuscendo magari a muovere solo gli occhi, vorrebbero avere un computer come quello di Welby per poter parlare. Parlare non di morte, ma di vita. Far sentire le ragionevoli ragioni di chi, nel rispetto di ogni situazione personale, ritiene tuttavia profondamente ingiusta ogni azione che miri attivamente a far morire il paziente.Ciò che manca è una reale presa in carico del malato,la corretta informazione sulla malattia e sulle sue problematiche, la comunicazione personalizzata con la condivisione familiare per poter “spianare” il percorso della consapevolezza per poter facilitare ed applicare concretamente le decisioni condivise durante la progressione della malattia. Non si può chiedere a nessuno di uccidere, di ucciderci. Una civiltà non si può costruire su un simile falso presupposto. Perché l’amore vero non uccide e non chiede di morire.
E’ necessario aprire una concreta discussione su che cosa si stia facendo per evitare l’emarginazione delle persone con gravi patologie invalidanti e su quanto realmente, al momento attuale, si sta investendo nel percorso medico, di continuità assistenziale domiciliare e di cultura della salute e delle problematiche legate alle patologie disabilitanti e alla disabilità in senso lato. chiedendosi con molta sincerità se proprio dalla mancanza sempre più evidente di assistenza domiciliare qualificata, supporto adeguato alla famiglia, reti di servizi sociali e sanitari organizzati,
solidarietà, coinvolgimento e sensibilità da parte dell’opinione pubblica scaturiscano quelle condizioni di sofferenza e di abbandono a causa delle quali alcuni malati chiedono di porre fine alla propria vita.
La vita è un dono e come dice la Senatrice Rita Levi di Montalcini:” Si deve valere sino al minuto in cui si muore e godere ogni minuto del miracolo di essere vivi”.

(tratto dal sito di Medicina e Persona)

Wednesday, December 13, 2006

CHI NON HA TEMPO, SE LO CERCHI !


Un amico che, facendo della fraternità la categoria principale del proprio agire in ambito politico e che, col suo vivere, é stato un maestro in ogni istante, disse una volta una frase che mi rimase alquanto impressa: "Diciamo sempre che non abbiamo tempo. Uno dei primi propositi dovrebbe proprio essere questo: chi non ha tempo, se lo cerchi ! Per dare peso ai rapporti, per dialogare, per recuperare il valore delle piccole cose, se vogliamo essere pronti a fare le grandi".

Ricordo anni fa, quando un famoso spot recitava "contro il logorio della vita moderna", ed erano tempi - a pensarci bene - che questo logorio forse non lo conoscevamo ancora.
Allora in certi momenti, quando la fatica si sente davvero e il tempo sembra mancare sul serio, mi vengono in mente quelle parole di Domenico e queste altre, di Chiara Lubich, da cui lui e molti altri erano e sono costantemente ispirati:
"Quando si accavallano problemi nella tua mente, piglia nelle mani il problema chiave - l'Amore - e sciogli tutto in esso. Verrà l'intimità profonda con Gesù; le tue relazioni con Lui saranno vive e gioiose. Accetta tutto dalla vita, però dopo che hai dato ad essa tutto te stesso".

Friday, December 08, 2006

IN MEMORIA DI MATTHEW


Ebola é uno strano virus, bizzarro e terribile allo stesso tempo.
Come il più temibile dei guerrieri di un tempo, compare all’improvviso in luoghi inattesi, distrugge quasi tutto ciò che incontra ed altrettanto in fretta scompare, lasciando dietro a sé sangue, lacrime e desolazione.
E’ una malattia quasi sempre letale, altamente contagiosa e impietosa nelle sue manifestazioni cliniche: una febbre emorragica che non risparmia alcun distretto dell’organismo.
A tutt’oggi é un male incurabile e difficilmente troverà mai qualcuno, industria farmaceutica o istituto di ricerca, che la consideri un grosso affare commerciale in cui valga la pena d’investire.
Troppo pochi, in fondo, i morti e troppo poveri e remoti i luoghi in cui é solito colpire.

Quando Ebola arriva in Uganda, nell’autunno del 2000, trova ad accoglierlo anche un’istituzione tra le più luminose di tutto il continente africano: il St. Mary’s Lacor Hospital, fondato dai coniugi Lucille e Piero Corti.
Quando il virus giunge lì trova ad attenderlo Matthew Lukwiya, un giovane e brillante medico ugandese che Piero Corti ha voluto alla guida del suo ospedale. Dotato di grandi capacità professionali, egli é tornato tra la sua gente dopo gli studi in Inghilterra, per servirla in spirito di amore ed umiltà, rinunciando ad una carriera in occidente che certamente non l’avrebbe privato di soddisfazioni.
Matthew riconosce subito, sin dalle prime segnalazioni di alcune morti sospette nel suo distretto, la possibilità che il terribile virus abbia di nuovo fatto capolino in terra d’Africa e giunge rapidamente alla diagnosi, avvalendosi di alcune strutture specializzate in indagini virologiche del Sud Africa. La notizia giunge rapidamente anche al prestigioso Center of Communicable Diseases (CDC) di Atlanta, massimo organo scientifico nel campo delle malattie infettive, che manderà una propria delegazione di studio e supporto nel giro di poco tempo.

Il personale dell’ospedale affronta l’emergenza medica con una dedizione mai vista.
Per curare il male non c’é terapia ma qui si assiste al “prendersi cura” degli ammalati ; sembra una banalità trattandosi di operatori sanitari, eppure c’é dell’eroico in tutto questo: quando Ebola si affaccia su qualche finestra del mondo suscita solo terrore e fuga ed anche questa reazione lo distingue tragicamente da altre malattie.
L’operato del personale in quelle settimane sarà memorabile. Il St.Mary Lacor pagherà la propria moneta con la perdita di tante vite, ma otterrà alla fine il risultato insperato di aver contenuto la mortalità globale in numeri che, seppur spaventosi, saranno decisamente ridotti rispetto alle precedenti epidemie.
Eppure il miracolo del Lacor Hospital é soprattutto la drammatica risposta positiva ad un interrogativo fondamentale : vale la pena ed é in grado un medico, un infermiere, di rischiare e giungere a dare la vita semplicemente per aiutare un altro uomo a soffrire e morire con dignità ?


Gaetano é un amico ed un collega e viene chiamato ai primi di dicembre per assistere il dottor Matthew. Quell’uomo, messosi in prima linea, ha finito per contrarre la malattia ed ora c’é bisogno di un anestesista esperto per effettuare un tentativo disperato, mai messo in pratica sino ad allora: provare ad intubare e ventilare meccanicamente un paziente affetto da insufficienza respiratoria nel contesto della malattia emorragica. Gaetano giungerà in extremis, a compiere un atto reso ormai inutile dallo stadio della malattia. Assisterà Matthew fino all’ultimo e racconterà poi a tanti l’eccezionalità di quei momenti:
Rientrai ad Hoima il 5 dicembre in tarda serata; avevo assistito il dr. Matthew Lukwiya fino alla sua morte, avvenuta la notte precedente, e quindi alla sua tristissima sepoltura all’interno dell’ospedale. Mentre mi avvicinavo a casa scorrevano nella memoria tutti i fatti e gli incontri vissuti; mi rendevo conto che nella tragedia che aveva colpito l’ospedale di Lacor c’era qualcosa di grande, un avvenimento che stava cambiando radicalmente molte persone, in particolare quelli che avevano offerto la vita fino al sacrificio e quelli che, mossi da una gratuità esemplare, continuavano il loro lavoro accanto ai malati. E’ proprio vero che Dio, nel Suo mistero, opera il miracolo del cambiamento ”.

Poco prima di morire, Matthew aveva pregato: “O mio Dio, mio Dio, penso proprio che dovrò morire sulla breccia nell’esercizio del mio dovere, ma voglio essere l’ultimo”.
Sabato 9 dicembre 2000 é il primo giorno senza morti di Ebola in Uganda.
I malati sopravvissuti nei reparti cominciano a riprendersi.
Le parole di Matthew sono state profetiche, non vi saranno più vite umane perdute.
Ebola si ritira, l’avventura d’amore al Lacor Hospital prosegue.

Personale sanitario morto per Ebola negli ospedali di Lacor e Gulu:
Dott. Matthew Lukwiya, 43 anni, sovrintendente medico
Ajok Christine, 20 anni, studentessa
Ayella Daniel, 24 anni, studentessa
Aol Monika, 20 anni, studentessa
Ongebo Hellen, 34 anni, studentessa
Suor Pierina Asenzo, 40 anni, studentessa paramedico
Ajok Simon Victor, 32 anni, caposala
Kia Florence, 27 anni, infermiera
Akullo Grace, 27 anni, infermiera,
Oto Maburu, infermiera
Auma Mary Immaculate, 25 anni, infermiera
Lanyero Christine, 31 anni, ausiliaria
Odota Margaret, 42 anni, ausiliaria
Aryemo Santina, 26 anni, ausiliara

Letture consigliate:
Alberto Reggiori – Dottore é finito il diesel – ed. Marietti 1820
Elio Croce – Più forte di Ebola – ed. Ares

Monday, December 04, 2006

WELCOME BACK, GREEN ON RED !


This is my family on stage” : it’s Dan Stuart speaking, while introducing the band in the concert at the London Astoria, last 16th January.
If you loved the so-called Paisley Underground (though Dan would disagree about this label) and the “Americana” category of music, here’s a reason to be happy this year : the reunion of Green On Red.
Dan, talking in an interview, said once about himself : “If you live in New York City and are driving here in the west, you can see a sign like “Next gas station 100 miles” and think: “what the hell can I stay here ?” If you are from Tucson, Arizona, surely you relax and feel at home”.
Well, I think this is the sound of the band, pure “desert rock”, country and psychedelic music mixed together, a strange and explosive cocktail coming out by virtue of each member’s style: Dan Stuart’s lachrymose singing ( Neil Young revisited ?), Chuck Prophet’s ravaging guitar solos, Chris Cacavas’ mercury-like keyboards. You will find Jack Waterson too, playing a throbbing vital bass and here’s the whole original band, with the exception of drummer Alex MacNicol (who died in the meantime, his death maybe precipitating this reunion), Jim Bogios filling his place.
Last 16th January the band came back in London, to play the show that was cancelled exactly 19 years before, after Dan Stuart was declared insane while leaving the stage in Athens in a fit of spectacular crack-up. The set list was exactly the same they should play at the time and what a show it was. After London, Green on Red played a few shows this summer in Europe, always well received.
I do hope in a new album of the band now.
Meanwhile I’m still happy to be listening to their past discography.
If you have the time, try to do the same, you should not be disappointed.


GREEN ON RED DISCOGRAPHY
( 1 to 5 stars, subjective grading of course….)

“Two Bibles” (EP, 1981) (**)“Green On Red” (EP, 1982) (**)“Gravity Talks” (1983) (****)“Gas Food Lodging” (1985) (****)“No Free Lunch” (1985) (***)“The Killer Inside Me” (1987) (****)“Here Come The Snakes” (1989) (****)“This Time Around” (1989) (**)
"Live At The Town And Country Club" (1989) (***)
“Scapegoats” (1991) (***)“Too Much Fun” (1992) (**)

DANNY AND DUSTY (members of Green On Red, Dream Syndicate, Long Ryders) - “The Lost Weekend” (1985) (****)

Friday, December 01, 2006

THAT ALL MAY BE ONE



"E' stato un momento meraviglioso. Grazie Santità, si ricordi di noi"
"It was a wonderful moment. Thank You His Holiness, remember about us".
Istanbul's Mufti Mustafa Cagrici

"Lo Spirito Santo ci aiuterà a preparare il grande giorno del ristabilimento della piena unità, quando e come Dio vorrà. Allora potremo rallegrarci ed esultare veramente".
"The Holy Spirit will help us to prepare the great day of the recovery of deep unity, as and when God wills. Then we will really rejoice and exult".
Benedict XVI and Patriarch Bartholomew I