Friday, February 27, 2009

TORNANDO A CASA


Ancora Runrig, il concerto d'addio di Donnie Munro, castello di Stirling, Scozia, estate 1997.
Going Home é una bella canzone, dove malinconia non é sinonimo di tristezza, ma desiderio struggente di significato.

Così, chiunque passasse da qui, provi a fermarsi ed a lasciarsi portare.
E non importa dove stai viaggiando ora e neppure ciò che sei, sicuro sulla strada di un destino già tracciato o perduto nella nebbia di tristezze troppo difficili da sostenere.
Afferra il tuo desiderio, trattienilo stretto e non perderlo di vista mai.
Fidati di lui e lasciati guidare: l'Amore, quello vero, saprà condurti fino a casa. 


Wednesday, February 25, 2009

LOCH LOMOND


Back to the music, one more time.
Un auto che viaggia al tramonto, sulla strada verso casa, ancora una volta é una porta che spalanca sogni e desideri.
Musica di fredde lande islandesi - meravigliosi Sigur Ròs - mi ha fatto viaggiare all'infinito con la mente, per giorni e giorni. E cosi sono tornato anche da loro, i Runrig, fieri paladini delle terre di Scozia, alfieri di una musica che sa coniugare rock e tradizione, note su spettacoli di bandiere che sventolano ai concerti, ma che non hanno nulla di sciovinista ed irreale: solo genuinità, entusiasmo ed orgoglio per le proprie radici.
Una canzone come Loch Lomond  é capace di catapultarti chissà dove, anche se le note fuoriescono dal triste lettore cd di un'auto qualsiasi, sperduta nell'insulso piattume della pianura padana.
Ma tant'é, con la fantasia sei già lassù, sulle rive di laghi e paesaggi di cristallo e di castelli, ed i tuoi sogni possono volare liberi, senza che la fretta di chi percorre la strada davanti e dietro a te - anime sensibili solo ad insensata frenesia - possa minimamente scalfirti.
E' così che canti con loro, a squarciagola, mentre brividi salgono sulla tua pelle a poco a poco, man mano che ti fai compagnia di quella musica, che racconta con epica e struggente tristezza di una guerra che ha portato via con sé amori e desideri.
E' la fantasia che ti fa salire sul palco con loro, fratello d'arme della voce di Donnie Munro - senza di lui la band non sarà mai più la stessa - della poesia che Malcolm Jones sa infilare dentro una chitarra, allo stesso modo che in una cornamusa, del magico ritmo dei fratelli MacDonald, dietro ad ogni struttura melodica della band.
E poi la voce di Rory MacDonald, l'unica in grado di tener testa a Donnie, e che importa se quando canta in gaelico avresti bisogno della traduzione simultanea accanto a te; se la bellezza é capace di passare attraverso suoni ed emozioni, scavalcando impassibile parole incomprensibili, vuol dire che ha raggiunto il suo scopo: fare vibrare qualcosa in te.

E' così che ti accorgi che basta così poco a renderti felice, a scacciar via la noia e la stanchezza, persino le ferite più profonde del tuo cuore. Ma quel poco, se ci pensi bene, in realtà é il molto, perché in quegli istanti, forse, hai colto la relazione tra le cose.
Una relazione che é Armonia. Armonia tra le note di una bella canzone ed il tramonto che ti senti addosso; tra la tua fantasia e la realtà di ciò che vivi e vedi.  Armonia che senti in te - nonostante tutto - e che percepisci nelle cose tra di loro.
Gioisci e ti stupisci, allora, mentre ti accorgi che non l'hai creata tu e neppure le cose cui l'hai sentita correlata.
Quell'armonia, lo capisci infine, é frutto dell'Amore che ha dato forma e sostanza al tutto e che oggi, per una magia che la musica é stata in grado di elargirti ancora, ti ha fatto percepire.
L'averlo sentito vivo su di te - l'Amore che tutto  sostiene - ti ha fatto  sentire come nuovo.  
E' per quello che ti ha sorpreso felice, a cantare a squarciagola.


Sunday, February 22, 2009

SI PUO' VIVERE COSI'



"Alla sera non misurare, domanda: "Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà", "Vieni, Signore Gesù", che é il grido con cui termina tutta la Bibbia. Tutta la Bibbia termina con questo grido, e non deve terminare la mia giornata con questo grido? Uno che fa così tutte le sere é vivo (non é come noi troppe volte), é uno cambiato; se fai così tutte le sere, sei cambiato, e devi farlo con forza e senza pretese, perché tu non sai quando il Figlio dell'uomo verrà dentro la tua vita, ti prenderà per il collo e ti cambierà, ti costringerà a cambiarti o ti darà lo charme irresistibile per cambiarti.
Se non é per questo sguardo più profondo, questa speranza affascinante, per che cosa vivi?" (1)

(don Luigi Giussani,
15 ottobre 1922-22 febbraio 2005)

Note:
(1) tratto da: Luigi Giussani - Si può vivere così - BUR

Tuesday, February 17, 2009

LO SPOSO

L'auto percorre la strada, a poco a poco, avvolta nell'oscurità.
La luce dei fari non riesce ad illuminare la notte, a rompere la cappa di tristezza.
Ma procede lo stesso, lenta ed avvolta in quella musica che sa di ghiaccio e brulle lande desolate, in una malinconia quasi insostenibile, della quale, tuttavia, non riesce a fare a meno.
Le note dolci dei Sigur Ros l'accompagnano e lei procede, mentre tu ti senti a pezzi, distrutto e stregato.
L'ira che hai provato, causata dai nemici; il dolore che hai sentito, tradito dagli amici.
E tutto il male che ti attraversa da ogni parte, in ciò che vedi e senti; male di uomini pazzi, che si ostinano a percorrere fieri un cammino senza bussola, tra ponti che crollano alle loro spalle e strade infuocate da ciò che loro stessi hanno costruito.
Ma non é questo, in fondo che ti opprime: ciò che é insopportabile al tuo orgoglio é il limite di te.
La pace non trovata non é la rabbia che provi, ma quel sentirti inadaguato di fronte a tutto ciò, incapace di una risposta positiva, di uno sguardo sul reale che abbia il gusto della gratitudine e della speranza, nonostante tutto.
Così continui a guidare, non abbandoni quella musica. E la tua voce grida per un perché.
Non sembra trovare la risposta di cui ha bisogno.


Quel grido aveva lacerato l'aria, eppure nessuno sembrava averlo sentito.
Nessuno, eccetto Maria e Giovanni, ai piedi della croce.
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".
Il dolore era diventato l'Assurdo. Che bisogno c'era, Gesù, di arrivare a questo punto?
Non era già un eccesso d'amore l'esserTi fatto inchiodare dagli uomini?
Nel silenzio assordante che circonda la croce, tutti, salvo loro due, ti hanno lasciato solo; ma sono troppo piccoli laggiù, uomini schiacciati dal dolore, come Te.
Eppure, Gesù, c'é ancora qualcosa, non tutto é perduto. Puoi farti avvolgere da una tenerezza, quella sì che ti é rimasta ancora: il Padre é sempre stato con te.
E invece no, Tu non lo fai. La follia d'amore é l'Abbandono anche di quella.
Che cosa accade adesso? Questa é pazzia: la Trinità é spaccata! Perché?
E' questo, alla fine, il "tutto compiuto", mentre nelle Sue mani consegni il Tuo spirito?
E' così, Signore, solo così, che desideri tracciare una strada?


Non importa dov'eri destinato, ma ormai sei giunto e l'auto si é arrestata.
Dovunque tu sia ora, continui a non trovare pace.
Affaticato e oppresso e tutto quel dolore sembra distruggerti a poco a poco. Crepe che t'incrinano, una dopo l'altra; una superficie di fierezza e sicurezza, che si frantuma inesorabilmente. Crepe sempre più grosse e numerose, finché diventano fessure.
Fino a quando giunge ad intravedersi qualcosa; qualcosa sotto una scorza che si é rotta.
E' adesso e solo ora che Qualcuno - l'Amore - può provare ad infilarsi dentro. Perché prima non poteva, chiuso com'era al di fuori del cancello invalicabile della tua libertà.
E la superficie, come d'incanto, comincia a ripararsi, anzi a farsi nuova.
Ciò ch'era freddo ed insensibile ora si fa capace di dolcezza e di stupore:
"Chi lascia entrare Cristo attraverso la crepa delle proprie ferite e del proprio bisogno umano, si riempie di stupore davanti a quanto accade" (Julian Carron) (1)


All'improvviso ti ritorna in mente quel racconto. Quando Chiara incontrò e conobbe lo Sposo, Gesù Abbandonato, per non lasciarLo mai più nella sua vita. Dori, una delle sue prime compagne, fu spettatrice di quel fatto e in quel momento lo abbracciò per sempre anche lei:
"(...) si andava a trovare i poveri e da questi, probabilmente, avevo preso un'infezione al volto. Ero piena di piaghe e le medicine non fermavano il male. Continuavo però, con il volto opportunamente protetto, ad andare a Messa e al sabato alla riunione... Faceva freddo e uscire in quelle condizioni poteva essere dannoso. Poiché i miei me lo proibivano, Chiara chiese ad un padre cappuccino di portarmi la Comunione. Mentre facevo il ringraziamento, quel sacerdote domandò a Chiara qual era stato, secondo lei, il momento nel quale Gesù aveva sofferto di più durante la sua passione. Ella rispose d'aver sempre sentito dire che era stato il dolore patito nell'orto degli ulivi. Ma il sacerdote: "Io credo, invece, che sia stato quello in croce, quando ha gridato: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'" Appena il Padre se ne andò, avendo udito le parole di Chiara mi rivolsi a lei, sicura d'una spiegazione. Mi disse invece: "Se il più grande dolore di Gesù é stato l'abbandono da parte del Padre suo, noi lo scegliamo come Ideale e lo seguiamo così". In quel momento, nella mia mente, nella mia fantasia, si impresse la convinzione che l'Ideale nostro era Gesù col volto straziato che grida al Padre. E le mie povere piaghe sul viso, che m'apparivano ombre del suo dolore, mi davano gioia, perché mi facevano un po' simile a Lui. Da quel giorno Chiara spesso, anzi sempre, mi parlò di Gesù Abbandonato. era il personaggio vivo della nostra esistenza". (2)


Sto imparando a seguirLo, a poco a poco.
Nonostante tutto, nonostante, soprattutto, il mio non riuscirci quotidiano.
Ma chi mi guida mi ha insegnato a riconoscere il Suo volto anche lì, dentro il mio stesso fallimento.
Non é un ragionamento, non é un convincimento. E' l'abbraccio a una Persona, é un Tu che mi muove ogni momento.
RiconoscerLo in ogni circostanza stretta, in tutto ciò che suona strano, inopportuno.
In tutto ciò che sa di dolore e che rigetterei in un istante.
La disunità che incontro e che mi ferisce così ferocemente ogni giorno.
La paura e lo sconforto.
Il mio continuo fallimento ed il non saperLo amare.
Questa é la mia battaglia definitiva, la sconfitta finale del Nemico.
Perché la mia sconfitta quotidiana é divenuta Lui.
Solo ora l'alba ha ceduto il passo alla notte.

"(...) Le Sue orme noi le conosciamo: ov'é buio, nero, freddo, c'é passato Lui, lì c'é Lui. Se le anime sapessero che proprio quando non sono niente, quando non hanno più la forma, proprio allora sono Gesù Abbandonato, come sarebbero felici! Tutti oggi imprecano al male, al disordine e al vuoto che c'é, ma se sapessero che proprio amando tutto ciò si diventa Lui, come dedicherebbero meno tempo a rattristarsi per tutto ciò che potrebbe diventare oro nelle loro mani. (...) Osservate bene miei dilettissimi: tutto ciò che voi state soffrendo é già stato vissuto da Lui nel suo grido: "Eli, Eli, lama sabactani" .... Ed ora voi sforzatevi di essere felici di ciò che vi sta succedendo... non vi fate felici che di Lui.
Quando si accavallano problemi nella tua mente, piglia nelle mani il problema chiave - l'Amore - e sciogli tutto in esso. Verrà l'intimità profonda con Gesù; le tue relazioni con Lui saranno vive e gioiose.
Aspetta tutto dalla vita, però dopo che hai dato ad essa tutto te stesso "
(Chiara Lubich) (3)



Note:
(1)
tratto da "Un'avventura per sé", di Julian Carron (prefazione del libro "Uomini senza patria" di Luigi Giussani, BUR)
(2) racconto di Dori Zamboni, una delle prime compagne di Chiara Lubich, di un episodio accaduto a Trento, il 24 gennaio 1944. Tratto da : Chiara Lubich - L'unità e Gesù Abbandonato - Città Nuova editrice. pagg 51-52
(3) Chiara Lubich, scritto del 1949



Colonna sonora di questo post é un altro post, splendido, di Maurizio Pratelli.
(http://tornoaivinili.blogspot.com/2009/02/tornando-casa-con-i-sigur-ros.html)
Grazie Maurizio.  
Sigur Ròs, Heysàtan


Saturday, February 14, 2009

SAILING


"but people don't live or die,
people just float"
(Bob Dylan)

"Io guardavo il Capitano e lui guardava il mare,
volevo stargli vicino, lo volevo abbracciare.
In questa strana avventura, in questo magnifico viaggio
io ci ho messo la paura e tu ci hai messo il coraggio"
(Claudio Chieffo)

Mi piacerebbe finire i miei giorni in riva al mare.
E invece sarà dove e quando Lui vorrà, ma sono felice lo stesso.
Perché la vita sarà stata comunque un navigare.
E non importa se il marinaio é stato a volte incerto e talora, invece, troppo sicuro di sé. Il timone l'ha sempre tenuto un Altro e lui non ha mai smesso di amare il suo viaggio ed il suo mare.
Così, quando arriverò al porto, sarò contento, comunque sia andata, per tutto quello che ho visto ed ho incontrato.

Ho amato lasciarmi cullare dalle onde, spesso e volentieri, ma sono grato anche alle tempeste, che hanno reso più vero il mio andare. Facendo sì che quando arriverà il mio giorno, possa portare tra le braccia qualcosa di pescato dalla fatica e dal sudore. Anche se le reti le ha sempre gettate un Altro, lo stesso che teneva anche il timone.
E sono grato delle barche che ho incrociato, barche di amici che mi hanno accompagnato e barche, talvolta, di pirati, dalle quali mi sono difeso. Senza di loro, nessuno escluso, il mare non sarebbe stato lo stesso.
Sono grato, infine, ad un incontro, giunto quando credevo d'essere ormai alla deriva.
L'incontro con una donna, che mi aiuta ogni giorno a puntare dritto lo sguardo ed a non perdere la rotta, mai.  
So, happy St. Valentine, everybody out there.
Spero che per tutti ci sia qualcuno o qualcosa, oggi, a cui donare il proprio cuore

dedicated to my love: 
Rod Stewart, Sailing.



Wednesday, February 11, 2009

118


Mentre accompagno mia figlia a scuola, il pensiero corre ancora a quella maledetta sera prima, quella in cui ci hanno detto che Eluana non é più tra noi.
L'auto percorre la strada, l'ultima svolta prima della scuola e loro sono tutti lì. Due autolettighe del 118, vigili ovunque e quegli uomini per terra, intenti a rianimare una persona.
La tristezza non riesce a svanire, odore di morte dappertutto, come una cappa che avvolge ogni cosa. Quando, più tardi,  ritorno dalla mia giornata di lavoro in ospedale, lungo la strada del ritorno ci si ferma di nuovo, tutti in colonna. Dopo poco lo intravedo laggiù, l'elisoccorso del 118 e tutta l'altra gente, un'altra volta ancora.
E' una lotta insostenibile, quella che vedo accadere intorno a me. E che sembra non finire mai.
Un gigantesco perché, di fronte al dolore che incontro per strada, al male causato dagli altri, al male dentro di me.

E' così che ripenso a quell'uomo, incontrato un giorno in pronto soccorso, e che il Destino ha voluto far morire davanti a me.
Scrissi una lettera, allora, a tanti amici, e tanti risposero, così che pensai a corde dell'anima che vibravano tutte assieme. Fu allora, che come poche altre volte, le mie lacrime divennero di gioia, quella gioia che ritrovi quando percepisci il senso per cui vale la pena di combattere ogni giorno, di conservare la fede.
Oggi, quella lettera, ho pensato di metterla anche qui.
Non so se ha un senso, forse no. Ma il Senso che ha per me, e che ho percepito in quei momenti come in tanti altri, é ciò che mi tiene in piedi ogni giorno.
Anche oggi, che la mia preghiera continua ad accompagnare Eluana e il suo papà, davanti a quel gigantesco perché.


20 ottobre 2008
Amiche ed amici carissimi,
perdonate questo scritto, il racconto di un'esperienza, ma é qualcosa d'importante.
Ed io non voglio dimenticare, lasciar passare questa giornata invano, per cui - forse - scrivo a voi per parlare a me ed al Gesù che sempre vorrei vivesse in me.

Sabato mattina, in ospedale, é partito per il cielo davanti ai miei occhi un uomo di 43 anni, per un infarto.
A nulla sono valsi l'impegno di chi ha provato a rianimarlo, prima fuori dall'ospedale (il personale, bravissimo, del 118), sia di chi, come me, se l'é trovato lì, in Pronto Soccorso.
Ho ancora davanti agli occhi lo strazio della moglie inconsolabile, con dei bambini piccoli che d'ora in poi tirerà grandi da sola.
E mi rivedo lì, incapace di parole, solo di tenerle stretta la mano, in una posizione davanti al reale che é solo quella di Maria, il suo stabat davanti alla croce di Gesù. Il Mistero di un Dio che si fa abbandono - "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" - ancora una volta chiave di lettura di tutto, del dolore inconsolabile, di ciò che non capisci, di un lavoro (il mio) a tratti insostenibile, di ogni riga storta di qualsiasi esistenza.
Ho scritto sul blog, di getto, quel mattino: Stabat é la parola, Stabat racchiude tutto, anche le lacrime che ho dovuto asciugare, prima di scrivere la mia relazione per il Pronto Soccorso.

Mentre la giornata in ospedale andava avanti, tra lavoro e mille pensieri, pensavo ai miei amici del Movimento, riuniti in un incontro a Frontignano.
Mi sembrava finalmente di cominciare a capire cosa sia l'Unità a distanza, quella che stringi coi fratelli mentre non li vedi, mentre combatti lì sul campo, a fare i conti con quello che Dio vuole da te in quel momento.
Ma che é Unità vera, se Gli chiedi di farti capace di vivere così, legame saldo, indissolubile.
Presenza di Lui in mezzo a noi.
Perfetta letizia.

Alla sera, tornando a casa in auto, il rosario recitato per quell'uomo, per la moglie, per i figli, aveva un sapore speciale.
Mi son fatto felice di quel pregare così: moneta pagata per abbassare il prezzo di chi non mi conosce, qualcuno che non incontrerò mai più, forse, se non nell'aldilà, cosicché qui sulla terra non mi può neppure ringraziare.
Preghiera come amore gratuito, io che la gratuità - nella mia vita - la devo ancora imparare veramente.

Stamani, smontando da un'altra notte di guardia avevo Bob Dylan in macchina, nel lettore cd.
'Cross The Green Mountain é una bellissima canzone, che parla della guerra civile americana.
Le note struggenti, quella voce di Dylan, si può arrivare a piangere per una canzone.
Al semaforo un vecchietto: mi fermo, abbasso il finestrino, frugo nel borsellino per dargli qualcosa.
Ho provato a guardarlo negli occhi con la stessa intensità con cui ho stretto la mano di quella donna inconsolabile, giunta al fianco del marito partito per il cielo. Lui mi ha guardato con uno sguardo che é entrato dritto in me.
Stessa intensità, stesse lacrime: davanti alla morte, davanti ad un povero, ascoltando una canzone.
Tutto é Bellezza perché tutto é Destino, disegno di un Altro.
Sono grato a Cristo, per il dono di questa vita.
Poi, quando saremo di là, tutto finalmente si riconfigurerà nel Suo Amore, tra di noi, in Lui, nella Trinità.
Vi abbraccio forte,

vostro
Fausto





Monday, February 09, 2009

THE SUN RISES HERE


Il titolo di un bel disco di Neal Casal, per dire che la speranza é pronta a ripartire e che la realtà é sempre segno del volto buono del Mistero.
Il blog rompe il silenzio e lascia spazio all'amica e collega Cristina, che oggi ha qualcosa da raccontare.
La buona notizia, pensando alle scritte comparse su certi autobus in Europa, é che Dio esiste, anche dentro a ciò che é misteriosamente doloroso e se esiste é proprio perché si é fatto dolore anche Lui.
La notizia più bella ancora é che ne abbiamo tutti bisogno.
Ecco il racconto: grazie Cris.

"Carissimi amici, vi racconto in breve ciò che mi è accaduto l'altro giorno. Stavo andando a lavorare in metropolitana, quando a Lambrate si siede accanto a me un uomo sui 45 anni un po' "sempliciotto" o qualcuno direbbe "ritardato"... con in mano il volantino (volantino di CL, ndr) di giudizio su Eluana (grandi i ragazzi che hanno volantinato!). Lo piega e lo mette via. Cosa dire? Attaccare discorso o restare nell' "educato" silenzio milanese? Parla lui. Mi racconta che ha perso la moglie per un tumore ovarico a 36 anni e che suo figlio (17 anni) è da 6 in coma vegetativo per una malformazione vascolare del cervello. "Ma cosa faccio? Certo che vorrei vederlo morire, smettere di vederlo in quello stato (ora è ricoverato per uno scompenso cardiaco), ma possiamo decidere noi? No c'è un Altro che decide!" E precisa: "Non sono uomo di chiesa, ho smesso tanto tempo fa di andare in chiesa, quando mia moglie è morta. Ma se noi ci siamo, se lui c'è è perchè Dio lo vuole e va bene così. " Intanto gli continuano a cadere le cose e quasi a rompere l'imbarazzo di una commozione crescente gli dico: sarà suo figlio che la pensa! E lui: " Sa credo che lui sia ancora qui per un motivo..e credo di sapere quale: ieri sono entrato di nuovo in chiesa. Sì credo che sia qui per questo". E mi ringrazia perchè lo accompagno fino all'ingresso dell'ospedale: "Lei è un angelo". No, l'angelo per me è stato lui (un padre che ama così!!). Combattuta per tutto il viaggio in metrò perchè non sapevo cosa dire (certo io che ero "nel giusto" dovevo dire qualcosa).. e poi arresa di fronte alla realtà di un Mistero che, inaspettatamente, mi è venuto incontro una mattina qualunque. Davvero è semplice lasciarsi travolgere da Cristo, realtà presente che si impone... Basta tenere gli occhi e le orecchie aperti, anche davanti ad uno "scomodo" vicino di viaggio e chiedere la Grazia che lo siano sempre di più.
Con me vi chiedo di pregare per Alessandro e suo figlio Massimiliano."
Cristina


Post Scriptum
questo post ha preceduto solo di poche ore la morte di Eluana.
Ma la Speranza non é morta: é risorta in Cristo. 
Nonostante il nostro male.

Friday, February 06, 2009

STOP


Questo blog si ferma per un po'.
E si mette a pregare, facendo sue, intanto, queste parole, comunicato stampa del Movimento dei Focolari sulla vicenda di Eluana Englaro.

CASO ENGLARO
PERCHÉ DICIAMO DI NO ALLA SOSPENSIONE DELL’ALIMENTAZIONE
NO ALLA MORTE DI ELUANA
Eluana é gia morta? E' accanimento tenerla in vita?

Non si tratta di astenersi dall’accanimento terapeutico ed accettare l’evidenza di una vita che si sta spegnendo. Eluana non è un malato terminale (può benissimo vivere ancora per vari anni), né una persona che sta morendo con atroci sofferenze, né è “attaccata” ad alcuna macchina. Viene alimentata tramite un sondino naso-gastrico, si addormenta e si sveglia in modo regolare, ogni giorno viene alzata dal letto per eseguire la fisioterapia e viene seduta in carrozzina. Non ha lesioni da decubito o malattie in atto. Tante persone sono nelle sue condizioni, molte di queste sono accudite in famiglia.

Se esaminiamo la questione dal punto di vista medico, si può affermare inoltre che:

1) La scienza oggi non ha ancora raggiunto dati definitivi sullo stato vegetativo persistente: non può quindi pronunciarsi in modo certo sul grado di consapevolezza di sé e sulle interazioni con l’ambiente di queste persone, né sull’evoluzione di tali condizioni.

2) Da più parti si sta delineando una distinzione tra vita biologica e vita biografica, cioè vita capace di relazione, proponendo la presunta cessazione della vita biografica come confine del prendersi cura. Ma il criterio di dignità di vita non può coincidere con una evidente capacità di comunicazione e di relazione con il mondo esterno. La dignità della vita di ciascuno è un valore intrinseco, non dipende dalle circostanze esistenziali, né dal riconoscimento da parte degli altri di tale dignità.
L’uomo o la donna di cui ci si prende cura, anche se gravemente impediti nell’esercizio delle loro funzioni cognitive, sono e rimangono sempre esseri umani (non “un vegetale”).

3) Il “caso Eluana” rischia di creare un precedente che potrebbe avallare l’abbandono di altre persone in situazioni similari per lesioni cerebrali gravi che limitano fortemente la capacità di relazione.

4) Preoccupa inoltre il fatto che altre figure, con competenze diverse da quella medica, si stiano arrogando poteri decisionali nella prassi di cura. Il medico diviene in tal modo un mero esecutore di decisioni prese al di fuori del rapporto fiduciale con il paziente, rapporto che, da Ippocrate ai giorni odierni, rappresenta il fondamento della medicina.

Per tali motivi, sosteniamo che non si può sospendere l’alimentazione ad Eluana.

Alla famiglia va tutta la nostra vicinanza, rispetto e comprensione per una vicenda umana che indubbiamente comporta una grande sofferenza e decisioni non facili, certamente aggravate dal clima ideologico che circonda questa vicenda.

Nello stesso tempo questa situazione ci richiama ad un rinnovato impegno a difesa della vita in tutte le sue fasi, prima di tutto di solidarietà fattiva, verso ogni persona, specie se più debole e fragile, un impegno non secondariamente anche culturale ed educativo.

(comunicato stampa del Movimento dei Focolari, 6/2/2009)

Wednesday, February 04, 2009

DOVE MI PORTA IL CUORE

"il vero protagonista della storia é il mendicante: Cristo mendicante il cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo"
(Luigi Giussani)


Non fatevi strane idee: in questo post non c'é nulla di sentimentale.
Ed anche se, neanche troppo in fondo, sono sempre stato un gran romanticone, un approccio virile alla vita é quello che preferisco di gran lunga.
Però il cuore con la mia vita c'entra eccome ed io, per parafrasare la celebre scrittrice, finisco sempre per andare dove mi porta lui.
Intanto lo curo tutti i giorni, ma non il mio, quello degli altri. Il che mi fa correre parecchio e non solo perché il cardiologo lo chiamano spesso d'urgenza, ma perché, secondo me, lo chiamano più degli altri. L'ho anche detto ad un collega neurologo, una volta che ci siamo trovati insieme in pronto soccorso: "sai, tu sei più fortunato di me, a te ti cercano di meno, perché tutti hanno un cuore, ma mica tutti hanno un cervello...".

Tant'é, comunque il cuore mi piace perché é anche una questione di ritmo e a me la musica, si sa, é sempre garbata parecchio. Quindi via libera a tutti i ritmi, non solo quello sinusale regolare, perché amo la fibrillazione atriale e pure la tachicardia ventricolare sostenuta.
E d'altra parte che noia se il ritmo fosse sempre uguale, ben venga il rock'n'roll e pure il punk.
La fibrillazione ventricolare, però, quella no, che dopo poco ci si arresta e allora diventi parte di quel supergruppo in cui suonano già Elvis, Janis e Jimi ed io al loro concerto preferisco invitare meno gente possibile...



(immagini ecocardiografiche di una cardiomiopatia dilatativa: mica é sempre una fortuna avere un cuore grande...)

Vabbé, tutto questo sproloquio, per dire che il mio lavoro mi appassiona e che andare dietro ai cuori della gente é una gran fortuna, perché grazie al muscolo finisci per imbatterti sempre con l'anima. Cosa che fa sì che ti facciano un baffo anche le ore di straordinario non pagate e scusa se é poco e chi ha orecchie per intendere intenda.
Voglio dire che alla fine misurarsi con il limite é una gran fortuna, perché vuol dire essere costretti a prendere sul serio la tua vita. Vita che quando é messa in pericolo, come nella malattia, avvicina di più la persona al Significato che la sostiene.
Essere vicino tutti i giorni a questa realtà, vuol dire aiutare gli altri ed aiutar me stesso a scoprire "come la malattia possa non essere ostacolo alla vita, ma vibrazione di un pezzo di vita più intensa, di un'attesa più importante" (1) e quindi "accorgersi con sorpresa ogni volta in noi stessi e nei malati che incontriamo di questa possibile intensità di vita, é avvicinarsi a quello che più caratterizza l'uomo: un mistero e un desiderio infinito" (2).
Mistero e desiderio infinito si coniugano bene col cuore, ecco perché mi piace andargli dietro.
Ma non é sentimentalismo: é realismo.


Note:
(1) Paola Marenco, dall'introduzione alla mostra "Misurare il desiderio infinito?", Itaca ed.
(2) ibid.