Saturday, March 21, 2009

LET'S STICK TOGETHER

"il paradosso della condizione umana é che l'individualità si realizza solo nella relazione e che il soggetto non esiste al di fuori del riconoscimento reciproco con l'altro da sé"
(Ezio Aceti, psicologo)



Avevi fatto fatica, una stramaledetta fatica ad arrivare quasi in fondo a quella giornata. Ti si leggeva pure in faccia, perché tu sei fatto così, non riesci mai a nascondere nulla e se ne erano accorti tutti, ma proprio tutti, o per lo meno quelli dai quali non eri riuscito a sfuggire.
Ed ora avevi bisogno solo di una cosa: percorrere la strada che portava verso casa.
Così, appena possibile, ti eri scaraventato fuori, eri salito sull'auto ed avevi pigiato il piede sull'acceleratore; fino ad arrivare lì, dove la strada tortuosa s'infilava in mezzo a campi arati e file di pioppi ordinati.
Era allora che avevi finalmente rallentato, fino a fermare la macchina, accostarla lungo la strada sterrata e spegnere il motore. Eri sceso e ti eri messo a camminare, finché le scarpe ed i vestiti ti si erano impolverati, sino a quando il silenzio della campagna, fuori e dentro te, aveva preso il sopravvento, placando finalmente ira e frenesia.
Ti eri messo a guardare gli alberi, come se fossero una cosa nuova, tutti diritti in fila, i rami gli uni vicino agli altri, quasi a tenersi per mano. E un orizzonte in fondo, là dove non vedevi la fine, terso, luminoso, quasi a dare significato al loro stare insieme.
Sulle prime non l'avevi visto, ma poi avevi notato anche quello: l'albero caduto, posto di traverso, disteso proprio in mezzo a tutti gli altri, eppure non escluso da quella strana sensazione d'armonia, che si stava facendo strada a poco a poco nel tuo animo.
Chissà cos'era che l'aveva fatto cadere così; un colpo di vento, una grandinata del mattino, fino a ridurlo in quel modo, coi rami coricati nel canale, quasi ad accarezzare i fusti degli altri alberi, tutti ancora fieramente in piedi, le radici più solide, ben piantate nel terreno.


Lo scontro era stato duro, senza esclusione di colpi.
Posizioni inconciliabili: capivi perfettamente che non sembrava esservi possibilità di una via d'uscita condivisa. Eppure c'erano state quelle parole strane, quegli sguardi e tu capivi che non potevi censurare la realtà, deformarla a tuo piacimento per compiacerti dentro le tue ragioni. Non questa volta, almeno.
Dentro quel litigio - furibondo - lui ti aveva ringraziato per avergli parlato, per essere tornato indietro da lui. Ed alla fine ti aveva pure stretto la mano, in un gesto che ti aveva sorpreso e preso contropiede. Aveva persino avuto parole di stima per la tua fede e per la tua famiglia, eppure tu non gliene avevi mai parlato.
Strane sensazioni crescevano sempre più, inesorabilmente, mentre tu proseguivi a camminare, le scarpe sempre più sporche di terra, il silenzio della campagna sempre più disposto a lasciare spazio al grido dell'anima.


Lo strano titolo di quel disco, poi - chissà perché - continuava a fare capolino di tanto in tanto nella tua mente. Together Through Life - insieme attraverso la vita - che bella frase che aveva pensato Bob Dylan per il suo nuovo disco, in uscita di lì ad un mese; il più bel titolo di sempre - pensavi - mentre ti rendevi conto che quell'uomo ti aveva sorpreso ancora una volta, quando meno te l'aspettavi.
E così, nei tuoi pensieri, ecco di nuovo la tua donna - non che non l'avessi avuta sempre in mente - ma poi quella frase si rimescolava misteriosamente ai pensieri di prima, a quel litigio così strano, al fatto che - accidenti - siamo davvero benedettamente fatti di relazione.
Ed era stato lì che l'animo si era finalmente disteso, che ti sembrava di aver compreso che la relazione non é una modalità di vita, ma l'essenza stessa dell'uomo, ciò che lo definisce più pienamente di qualsiasi altra cosa. Non ci siamo fatti da soli e non siamo stati fatti per essere soli.


Allora e solo allora ti eri deciso ed eri finalmente tornato indietro sui tuoi passi.
Ora sì che c'era un po' di spazio per uno sguardo diverso, dentro e fuori di te.
Una Misericordia più grande, che sempre ti guardava anche quando tu non la vedevi, stava provando a liberarti dall'esito delle vicende della vita. Stava cercando di spiegarti che relazione non é attendere la soddisfazione di ciò che é andato bene, ma credere al senso dell'altro che ti sta davanti, anche dentro il contrasto e l'incomprensione.
Era allora che ti eri ricordato anche di lui, che ti era parso di vedere quell'amico così caro, con gli occhi dell'anima - certo - perché lui non era più tra noi da tanto tempo. Ma la sua lezione tu l'avevi imparata ed oggi era riuscito di nuovo a rivestirti di quell'abito di speranza che ti era stato sempre così a cuore.
Ti aveva insegnato un giorno cos'era relazione e cos'era davvero essere uomo: oggi era una di quelle volte in cui ti pareva d'averlo compreso.
Ripercorrendo a ritroso il cammino verso la tua auto, ti ricordavi - come fosse ieri - le sue parole e le sentivi entrare dentro te, percorrere con un brivido tutte le tue vene.
Ora potevi davvero tornare: avevi ritrovato la strada che porta verso casa.

"la nostra vocazione, cioé il nostro essere figli di Chiara (Chiara Lubich, nda), comporta che noi costruiamo rapporti d'amore, che significa amare colui che mi sta di fronte nell'attimo presente. Questo amore, questo uscire da me stesso, questo farmi uno, questo amare per primo, questo amare senza giudicare, questo amore, comporta una risposta che può essere un rifiuto o un'accettazione. Se é un rifiuto, é la nascita di Gesù Abbandonato, e l'abbraccio di Gesù abbandonato é sempre un Gesù riconosciuto e perché riconosciuto, quel Gesù emana il suo spirito, cioé emana lo Spirito Santo, che raggiunge anche quella persona che rifiuta il nostro amore e lo raggiunge in un modo misterioso che noi non sappiamo, ma lo raggiunge, come raggiunge noi. Se c'é invece un gesto d'accettazione, indipendentemente dal fatto che lui sia o no cristiano, che lui sia o non un credente, indipendentemente da questo fatto, per il semplice fatto che c'è un sorriso o c'è una manifestazione di reciprocità, nasce Gesù perché anche lui ha abbracciato Gesù abbandonato. Cioé in un certo senso anche lui é uscito da se stesso ed é una cellula, é un seme. Se noi questo rapporto lo portiamo avanti, vediamo che genera delle cose meravigliose"

(Domenico Mangano, 1 dicembre 2001)

5 comments:

Paolo Vites said...

wow

Paolo Vites said...

staordinario continuo a rileggerlo straordinario

Fausto Leali said...

amico mio... :-)

Anonymous said...

grazie!!!

Maurizio Pratelli said...

profondo come le radici di certa musica. wow si