Monday, December 28, 2009

LA NOTTE CHE HO VISTO LE STELLE



Il mio cuore ha percorso mille canzoni. E la musica, per me, non é mai stata rumore.
Mi ha accompagnato, ha sottolineato i miei pensieri, ha percorso con me sentieri lastricati di successi e d'infinite aridità interiori. Ed ogni volta mi ha costretto alla domanda, ha provato, come un grimaldello, ad aprire il cuore e la ragione.
Se lo cercherete, questo mio povero cuore, lo troverete là, lungo la strada, la dorsale di una faglia, che s'inabissa alla periferia della città degli angeli per spuntare fuori di nuovo, all'improvviso, sferzato dal freddo vento di un lago del nord, dopo aver attraversato tutte le pianure del Midwest. Lo troverete tra una canzone e l'altra, attaccato a una voce o a una chitarra, dai Green on Red agli Uncle Tupelo, da Bob Dylan ai Wilco ed ai Son Volt. Lo troverete appeso alle parole. Lo troverete, soprattutto, incollato a chi ha passione per il bene e per la vita vera.

Sono quasi finiti questi anni zero ed io sogno una canzone, da portare via con me.
E mentre lo faccio, penso alla notte di quel Bambino, che per venire al mondo ha scelto buio, freddo e povertà. Perché é così la nostra vita, un viaggio spesso e poco terso, ricco di cieli grigi e senza stelle.
Ho percorso tante strade ed incontrato mille e più persone. Le ho incrociate faccia a faccia con la vita e con la morte e non é mai stato un semplice gioco del destino.
In mezzo alla strada ho abbracciato anche gli amici, quelli che hanno percorso insieme a me un pezzo del cammino. E in mezzo alla strada ho abbracciato anche i nemici, quelli che l'hanno resa più bella e più sincera.
Ma quella notte, la notte di quel Bambino, ho incontrato anche le stelle ed allora, anch'io, non volevo più dormire.

E' per questo che tra tutte le canzoni, quella di Claudio, Claudio tra le stelle, é quella che porto via con me.
Prima che la notte finisca, prima che giunga l'alba di un nuovo giorno, prima che, anch'io, mi rialzi dalle cadute nel sentiero.
E allora buon anno, amici miei.
Buon anno, a tutti, ma proprio tutti, voi che passate da qui.
Possiate incontrare mille stelle, lungo la vostra strada.


Monday, December 21, 2009

Thursday, December 17, 2009

CHRISTMAS IN MY HEART


Our love is all we have
Our love
Our love is all of God's money
Everyone is a burning sun
(Wilco - Jesus, etc.)

Non date troppo retta a tutti quelli che dicono che é brutta. E' che non ci sono nati e quindi non riescono ad amarla.
Non riescono a fissare la bestia negli occhi, una Milano frenetica e caotica, nevrotica e immusonita, inesorabilmente affumicata dallo smog. Anche in questi giorni che pure si riveste di luci e di colori. E, immancabilmente, ancora più di traffico impazzito. Passavo qualche giorno fa, in mezzo a quella strana downtown che sta sorgendo vicino al Pirellone, venendo su alla velocità della luce e pensavo che in fondo é anche bella, questa pazza e impossibile città. Ci passavo in scooter, tra un'auto e l'altra, ma lentamente, perché é bello andare piano su due ruote, anche se tutti gli altri - quelli che la moto é una scusa per andare più veloci di chi é fermo in macchina - non lo capiranno mai. E, arrivato ad un certo punto, lo scooter l'ho messo pure giù e mi son messo a passeggiare, ancora più lento, in mezzo alla folla, per creare uno spazio dove i pensieri potessero finalmente entrare.
E' lì, in mezzo a queste strade della mente, che ho visto perché é bella, questa mia povera e desolata Milano.
E' bella nei volti della gente, che se ti fermi ad osservarli, invece che a schivarli, ti accorgi che ogni viso ha dentro la sua strada. E che la strada, per quanto tortuosa e impervia possa essere o apparire, ha sempre la faccia di un Destino buono, che ha a cuore il desiderio più profondo del tuo cuore, quello che fa rima con felicità.
Ma i volti talora si nascondono e allora ce la devi metter tutta per vederci dentro. Tranne quelli dei bambini, però, quelli son sempre trasparenti, il desiderio buono ce l'hanno davanti a sé e non fanno nulla, ma proprio nulla per nasconderlo. E' per quello che piacevano tanto a Lui, quand'era diventato grande, Quello ch'era nato a Natale, ch'era stato piccolo e povero anche lui e che un giorno aveva pure ringraziato il Padre perché le cose serie le aveva nascoste ai dotti ed ai sapienti, per rivelarle ai semplici ed agli umili di cuore. Quello che - attenti - si arrabbiava pure, quando qualcuno, grande e presuntuoso, quei piccoli finiva per scandalizzarli.

Quando, molte ore più tardi e di ritorno sulla strada che porta verso casa, mi ritrovo mio malgrado su quelle automobili che il mondo non te lo fanno veder mai, c'é Jeff Tweedy a farmi compagnia, che con la musica dei suoi Wilco sta provando a spezzarmi il cuore a modo suo. "I'm trying to break your heart", canta a squarciagola, e incontra ancora una volta il desiderio più profondo. Quello che il cuore si spezzi dolcemente davanti al bello e non si frantumi invece di fronte a croci che talvolta sembrano troppo difficili da portare.
Rifisso la bestia negli occhi. Questa volta non é la città, ma l'umanità. E all'improvviso non mi affascina più, ma mi provoca disagio; suscita in me il desiderio di fuggire.
Quando il tuo limite é troppo forte, ti schiaccia e t'impedisce di vedere la storia dentro il volto di ciascuno. Per quello scappo via, perché la contraddizione é forte dentro me, ma quella stessa fuga giunge a smascherare di nuovo il mio bisogno, un desiderio più profondo che sa di amore e di gratuità. Ma quella gratuità d'amore, io, noi, non siamo capaci di darcela da soli. E' dono ricevuto, dono che va chiesto a Chi gratuitamente ce lo possa dare. Accettare la ferita dell'altro come una benedizione è ritrovare attraente quella strada, rivestita del volto di chi trovo innanzi a me.

Eppure non basta la domanda. E' necessaria, ma non é affatto sufficiente. O, forse, é una domanda differente, quella che questa volta devo formulare.
Non é la domanda dell'amore e della gratuità che non ho, né mai potrò neppur lontanamente possedere. La domanda é una richiesta di presenza. E' che l'Amore si faccia strada in mezzo a noi e rivesta anche la mia di una scia luminosa, nuova e affascinante. La domanda é una Presenza che rinnova, é il Verbo di Dio che si fa carne, che giunge ad abitare in mezzo a noi.
Solo così la carità non é proposito, solo così può reggere: deve farsi storia di semplice comunione. E solo dentro a quella storia, quella carità imperfetta, negligente e traditrice si educa e cresce sempre più, abbraccia la croce, cade e si rialza, riesce a farsi strumento di Uno più grande che ha a cuore il destino buono di ciascuno.
La mia e la tua storia come rivoli che diventano ruscelli, sino a divenire fiume capace di dissetare l'arida terra della nostra umanità.
Questo é il fuoco che Lui é venuto a portare sulla terra e che desiderava rimanesse acceso. Questa é la sfida del Natale, ciò che mi spezza il cuore veramente. "Senza che Cristo sia presenza ora - ora! - io non posso amarmi ora e non posso amare te ora", diceva don Luigi Giussani. E tu, piccolo uomo, vuoi accettare questa sfida insieme a Me?


Thursday, December 10, 2009

SHADOWS AND LIGHTS

"Quando l'ombra della croce sembra togliere la nostra pace, dacci, Signore, d'aderire con immediato amore a quella prova, in modo che il sole della tua presenza brilli senza interruzione nella nostra anima e non abbiamo a privare coloro che vivono con noi, nemmeno per un attimo solo, della pienezza della gioia.
Allora la nostra vita sarà testimonianza della Vita, sovrabbondante, divina e affascinante, che Tu hai portato in mezzo al vuoto ed alla noia ed al lento morire del mondo"

(Chiara Lubich)

Thursday, December 03, 2009

SICK OF LOVE



Sono venti d'inverno, questi che spazzano via la pioggia e la foschia. Il banjo sbarca a West London e cambia il colore del cielo. Atmosfere bluegrass ed oldtime, mescolate a profumi d'Irlanda e ad un mood tutto inglese, capace anche di strizzare l'occhio ad accelerazioni di sapore quasi punk.
Sin dal primo ascolto, questo disco d'esordio di Mumford & Sons ha il potere di travolgerti come un fiume in piena. Armonie vocali da coro a cappella e suoni che passano da una struggente malinconia all'irruenza che accompagna sia l'inquietudine che la gioia. Una musicalità unica, particolare, anche nei numerosi stop & go, che sembrano sottolineare in musica passaggi lirici capaci di mettere in rima la passione.

Eppure questi son ragazzi, quattro londinesi poco più che ventenni, ritrovatisi con l'esplicito comune desiderio di fare della musica che conti, senza, al contempo, prendersi sul serio più di tanto. Una voglia di far musica che li caratterizzava come individui - il percorso di ricerca di ciascuno - ma che, una volta messi insieme, li ha trasformati in qualcosa di diverso. Un rehearsal alla fine del 2007 e - raccontano sul proprio sito - subito, all'istante, la consapevolezza d'essere una band, perché quel desiderio e l'espressività di ogni singolo individuo, si era trasformata in un'esperienza nuova: l'essere una band, scoprire a se stessi territori sconosciuti e inesplorati ("As soon as we sat down together, just the four of us, we knew we had become a band cos what came out was unique to us four as individuals")
E' per questo che Sigh No More dà un brivido immediato, come qualcosa che percepisci nuovo anche se nuovo non é, con tutta quella musica che sa di tradizione, nota dopo nota. Un prodotto nuovo perché nuovo é quello che i musicisti hanno visto uscire da sé stessi lavorando insieme, oltre le proprie capacità e le proprie aspettative. Nuovo perché, paradossalmente, solo ciò che sa fedelmente ancorarsi alle radici da cui é nato, é capace poi di rinnovarsi veramente.

E poi l'amore, dalla prima all'ultima canzone, ma quello vissuto, non quello celebrato.
Amore con la A maiuscola, amore a tutto tondo, che non censura nulla, che é fatto di passione e sofferenza, di momenti di bonaccia ed altri di tempesta feroce.
Nella title track chi narra ha il passo incerto ("one foot in sea and one on shore"), ma non perde mai la dimensione del luogo in cui si trova ("love it will not betray you, dismay or enslave you, it will set you free"). Perché l'amore rende liberi davvero: ama e poi fai ciò che vuoi, diceva sant'Agostino tanto tempo fa. E l'amore é ciò che resta, ciò che dura anche dopo la tempesta: la vita é destinata a decadere ("you must know life to see decay"), ma ciò che é stato fatto per amore alla fine rimarrà: "love will not break your heart / but dismiss your fears / get over your hill and see, what you find there / with grace in your heart and flowers in your hair" ("After The Storm").

Buffo come, nota dopo nota, verso dopo verso, questo disco s'intrecci con l'incertezza del mio passo nel cammino. Il giorno che, misteriosamente, giunge a legarmi a sé non é quello del primo ascolto, anche se l'attrazione é sempre indissolubilmente legata al primo sguardo. Accade invece che il turbinio di suoni, voci e parole mi risollevi proprio all'indomani di certe sconfitte quotidiane, capaci di tramortirti a terra troppo a lungo.
Accade perché il richiamo all'amore é troppo forte. Così forte che ti rialza a poco a poco, ti aiuta a comprendere che non é l'esito delle tue vicende ciò che ti definisce - quello alimenta solo l'orgoglio di te stesso - ma é l'Amore in sé, quello che sfugge ad ogni tua definizione, che rende vera la tua vita. Amore che si compie malgrado la tua incapacità e che, allo stesso tempo, ha bisogno di te e del tuo sì, espresso dentro quell'avventura che si chiama libertà. Libertà di aderire a un disegno e di lasciare agire un Altro, Colui al quale quell'Amore appartiene per davvero, e che ha desiderio di farne partecipe la tua esistenza tutta intera.
Ancora una volta il miracolo si é compiuto e la musica ha adempiuto, a sua volta, al suo dovere.
"La musica - dice l'amico Maurizio Pratelli nel suo blog - non é la cura. La luce, alla fine del tunnel, é l'amore".