E pensare che ci saremmo potuti anche incontrare. In fondo si lavorava a poche centinaia di metri di distanza. Tu parte del team del reparto di Chirurgia ed io, timido studente dietro al codazzo di primari, aiuti ed assistenti di Clinica Medica. Ma se anche t'avessi incrociato, che cosa mai sarei stato in grado di dirti allora? Che ne sapevo di carezze del Nazareno, che ancora vedevo troppo offuscate, nascoste dietro ai trattati di Patologia Medica? Certo già ti conoscevo bene, per quella vena di poesia che sapeva tramutare in musica ed ironia i drammi incontrati e conosciuti bene lungo la tua strada, ma la mia era ancora troppo lunga da percorrere.
Ma oggi sì, questa sera ti sento davvero più vicino.
Sarà che le ho incrociate tutto il giorno, quelle carezze del Nazareno. Le ho viste distese su barelle di Pronto Soccorso, letti di reparto, o sedute di fianco alla macchinetta del caffé. Le ho viste in fila lungo dodici ore secche, trascorse quasi senza tregua da un ammalato all'altro. Le ho viste - buffo, non trovi? - proprio oggi, Sabato Santo, giorno del mio compleanno passato di guardia in ospedale. Sabato Santo, il giorno della sospensione, il giorno del dolore che attende ancora di trovare la risposta al suo perché. Il giorno del Nazareno crocifisso, che, in fondo, é una gigantesca carezza ad ogni urlo e strazio inconsolato. Ho visto quella carezza in ogni volto che ho incrociato oggi, nessuno escluso. E so che tra poco essa si tramuterà in abbraccio, quello che lascia il sepolcro vuoto e si trasforma in Resurrezione.
Anche il tuo sepolcro, oggi, é vuoto caro Enzo. Anche per te la carezza, l'ultima carezza si é trasformata in abbraccio. La carezza del Nazareno, anticipo di Paradiso già quaggiù.