Domenica, nove del mattino. Ti alzi stanco,
come se fosse già sera. Nuvole grigie, cielo basso e non c’è linea
all’orizzonte; i tuoi pensieri non riescono a sfumare fino
all’infinito. Piove da giorni. Piove sulla cattedrale e sui
quartieri di periferia della città. Hanno detto i telegiornali che
c’è gente che ha perso la casa o quel poco che possedeva e tu non
sei certamente tra costoro, eppure questo pensiero non riesce a
consolarti. C’è troppa pioggia anche nel tuo cuore per permetterti
di vedere chiaro. E nelle incertezze del giorno che si fa strada,
non sembra esserci cavallo sicuro su cui puntare.
C’è un prete sull’altare, ma oggi non basta che sia tuo amico e compagno di cammino. Non serve neppure questo a far smettere di piovere. Legge un libro, dove si narra di un funzionario del re, che sta camminando per andare ad incontrare un uomo di nome Gesù. C’è un sacco di strada, da Cafarnao a Cana e, come se non bastasse, piove che Dio la manda. Si sta inzuppando tutto, è proprio stanco e sta pensando a quel figlio che muore. Ed a tutti i suoi soldi, che, per la prima volta nella vita, non sono serviti a cambiare la ruota del destino. Non vede l’ora di vederlo, il figlio di Giuseppe, quell’uomo venuto da Nazareth, paese di diseredati che non se li fila mai nessuno. Eppure, lassù a Cana, narrano di meraviglie accadute a un matrimonio. Acqua mutata in vino e vino buono, per giunta, che sono ancora in giro tutti a raccontarne, anche giù a Cafarnao. E intanto continua a piovere, pioggia sottile, che s’infila tra le pieghe dei vestiti, passa sotto la pelle e non riesce ad ammorbidire un cuore che s’indurisce sempre di più, ogni giorno che passa.
“Signore, scendi, prima che il mio bambino muoia”. Che buffo. Si era preparato un sacco di bei discorsi, eppure una volta arrivato lì davanti, non era riuscito a dire nulla di più. E sì che un funzionario del re trova sempre le parole giuste per ogni occasione. Invece questa volta niente. Solo quattro striminzite parole ed il terrore che anche la grandezza di quell’uomo non potesse nulla contro la vita di un figlio che scivola via sempre di più. “Và, tuo figlio vive”: non gli aveva detto nient’altro Gesù. Solo che aveva accompagnato quelle parole con uno sguardo, uno di quelli di cui era capace lui. Quelli che non riesci più a toglierti di dosso, qualunque cosa succeda. E lui quello sguardo se l’era portato con sé, giù di nuovo, di corsa fino a Cafarnao, lungo quella strada faticosamente salita il giorno prima, con la pioggia che, anche lungo la strada del ritorno, non aveva smesso di scendere incessantemente. “Ieri, dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato”. Dopo mezzogiorno! Non un istante prima di quello sguardo. E appena un attimo dopo quell’incontro.
Ti ridesti, come da un sogno e c’è di nuovo il tuo amico, sull’altare, che sta provando a spiegare quella storia. Parla di proverbi, dice che la saggezza popolare non è mica tutto oro che luccica, in fin dei conti. Anzi, che spesso e volentieri certe frasi e luoghi comuni andrebbero proprio ribaltati. Come quello che dice che bisogna vedere per credere, quando, invece, è vero che bisogna credere per saper vedere. Credere per vedere, questa è davvero bella. Ma come ha fatto a venirti in mente, genio di un amico? Se le cose stanno così, allora sì che cambia tutto. Ripensi a quell’uomo, dopo le parole di Gesù. Mica aveva chiesto altre spiegazioni: gli era bastato uno sguardo. E si era rimesso in cammino verso Cafarnao. Chissà quante cose nuove aveva visto, lungo la strada del ritorno. Sempre sotto la pioggia, eppure la luce intorno alle cose era mutata. Scorgeva colori che non aveva mai visto, udiva suoni che non aveva mai sentito. Poi era arrivato da suo figlio, guarito. Poiché aveva creduto in Lui, la realtà gli si era finalmente mostrata. E tutta la sua famiglia avrebbe continuato a credere, d’ora in poi. Per continuare a vedere.
Alzi gli occhi di nuovo, guardi le vetrate al di sopra dell’altare. Da dove arriva la luce che adesso filtra da esse e riempie la chiesa di colori nuovi? C’è di nuovo il sole, là fuori, e sembra voler fare di tutto per entrare. E’ una piccola crepa, quella dalla quale riesce ad entrare anche nel tuo cuore. Già, una piccola crepa, come c’è in tutte le cose e già lo sapevi, in fondo, che è solo dalle crepe che la luce riesce a passare. Leggi le parole del salmo: “Fa splendere il tuo volto sul tuo servo e salvami, per la tua misericordia. Che io non resti confuso, Signore, perché ti ho invocato”. No, non sei confuso, ora, dopo che il Suo sguardo si è posato un’altra volta su di te. Chissà dove lo incontrerai di nuovo, una volta uscito da qui. Magari impresso sul volto degli amici, pochi passi più in là. Perfino davanti ad un caffè al bar dell’oratorio. Un banale e semplice caffè. Ma in compagnia di Gesù.
C’è un prete sull’altare, ma oggi non basta che sia tuo amico e compagno di cammino. Non serve neppure questo a far smettere di piovere. Legge un libro, dove si narra di un funzionario del re, che sta camminando per andare ad incontrare un uomo di nome Gesù. C’è un sacco di strada, da Cafarnao a Cana e, come se non bastasse, piove che Dio la manda. Si sta inzuppando tutto, è proprio stanco e sta pensando a quel figlio che muore. Ed a tutti i suoi soldi, che, per la prima volta nella vita, non sono serviti a cambiare la ruota del destino. Non vede l’ora di vederlo, il figlio di Giuseppe, quell’uomo venuto da Nazareth, paese di diseredati che non se li fila mai nessuno. Eppure, lassù a Cana, narrano di meraviglie accadute a un matrimonio. Acqua mutata in vino e vino buono, per giunta, che sono ancora in giro tutti a raccontarne, anche giù a Cafarnao. E intanto continua a piovere, pioggia sottile, che s’infila tra le pieghe dei vestiti, passa sotto la pelle e non riesce ad ammorbidire un cuore che s’indurisce sempre di più, ogni giorno che passa.
“Signore, scendi, prima che il mio bambino muoia”. Che buffo. Si era preparato un sacco di bei discorsi, eppure una volta arrivato lì davanti, non era riuscito a dire nulla di più. E sì che un funzionario del re trova sempre le parole giuste per ogni occasione. Invece questa volta niente. Solo quattro striminzite parole ed il terrore che anche la grandezza di quell’uomo non potesse nulla contro la vita di un figlio che scivola via sempre di più. “Và, tuo figlio vive”: non gli aveva detto nient’altro Gesù. Solo che aveva accompagnato quelle parole con uno sguardo, uno di quelli di cui era capace lui. Quelli che non riesci più a toglierti di dosso, qualunque cosa succeda. E lui quello sguardo se l’era portato con sé, giù di nuovo, di corsa fino a Cafarnao, lungo quella strada faticosamente salita il giorno prima, con la pioggia che, anche lungo la strada del ritorno, non aveva smesso di scendere incessantemente. “Ieri, dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato”. Dopo mezzogiorno! Non un istante prima di quello sguardo. E appena un attimo dopo quell’incontro.
Ti ridesti, come da un sogno e c’è di nuovo il tuo amico, sull’altare, che sta provando a spiegare quella storia. Parla di proverbi, dice che la saggezza popolare non è mica tutto oro che luccica, in fin dei conti. Anzi, che spesso e volentieri certe frasi e luoghi comuni andrebbero proprio ribaltati. Come quello che dice che bisogna vedere per credere, quando, invece, è vero che bisogna credere per saper vedere. Credere per vedere, questa è davvero bella. Ma come ha fatto a venirti in mente, genio di un amico? Se le cose stanno così, allora sì che cambia tutto. Ripensi a quell’uomo, dopo le parole di Gesù. Mica aveva chiesto altre spiegazioni: gli era bastato uno sguardo. E si era rimesso in cammino verso Cafarnao. Chissà quante cose nuove aveva visto, lungo la strada del ritorno. Sempre sotto la pioggia, eppure la luce intorno alle cose era mutata. Scorgeva colori che non aveva mai visto, udiva suoni che non aveva mai sentito. Poi era arrivato da suo figlio, guarito. Poiché aveva creduto in Lui, la realtà gli si era finalmente mostrata. E tutta la sua famiglia avrebbe continuato a credere, d’ora in poi. Per continuare a vedere.
Alzi gli occhi di nuovo, guardi le vetrate al di sopra dell’altare. Da dove arriva la luce che adesso filtra da esse e riempie la chiesa di colori nuovi? C’è di nuovo il sole, là fuori, e sembra voler fare di tutto per entrare. E’ una piccola crepa, quella dalla quale riesce ad entrare anche nel tuo cuore. Già, una piccola crepa, come c’è in tutte le cose e già lo sapevi, in fondo, che è solo dalle crepe che la luce riesce a passare. Leggi le parole del salmo: “Fa splendere il tuo volto sul tuo servo e salvami, per la tua misericordia. Che io non resti confuso, Signore, perché ti ho invocato”. No, non sei confuso, ora, dopo che il Suo sguardo si è posato un’altra volta su di te. Chissà dove lo incontrerai di nuovo, una volta uscito da qui. Magari impresso sul volto degli amici, pochi passi più in là. Perfino davanti ad un caffè al bar dell’oratorio. Un banale e semplice caffè. Ma in compagnia di Gesù.