Ho
un’amica che è convinta che la magia d’Irlanda abiti tutta nel suo cielo.
Qualcosa d’indescrivibile a parole, che colora le scogliere e le colline
coperte dall’erica in fiore. Probabilmente è davvero così, anche se i miei
occhi scettici mi fanno pensare a quei paesaggi del nord come avvolti dalle
nuvole e bagnati dalla pioggia, che solo ogni tanto lascia spazio a qualche
squarcio d’azzurro e di sereno. E Milano, questa sera, non mi appare neppure
così diversa, umida e fredda in quest’inizio d’autunno che, per giunta, non
l’ha neppure colorata, lasciandola ancora una volta immobile nel suo perenne
grigiore. Solo il traffico non smette mai di dimostrare tutta la sua nevrotica
vitalità, ma questa è l’unica cosa, capace di rinnovarsi ogni giorno, che perderei
volentieri in un istante. Alcatraz, noto locale milanese, è un’isola, allora,
dove approdare felicemente, tanto più che sul palco, appena entrati dentro,
campeggia la grancassa di una batteria, dove sta scritto che “Save a soul” –
salvare un’anima – è la “mission” del giorno. Un’anima, anche una sola, in
mezzo alla folla di gente che, poco a poco, riempie il luogo dove assistere al
nuovo ritorno di Glen Hansard in concerto. Un’anima sola è sufficiente, così
come un singolo spicchio di cielo può bastare a rasserenare mille giornate
piene di affanni (...)