Thursday, March 31, 2016

THE DELIVERANCE OF DAN

Chissà se è vero che Marlowe Billings è scappato da un reparto di psichiatria di qualche ospedale di New York, per finire nel Messico del sud, terra di confine con quei paesi del centro America in balia di narcotrafficanti e spesso dilaniati da sanguinose guerre civili. Quel che è certo è che in passato il suo alter ego Dan Stuart non apparve secondo a nessuno in quanto ad abusi alcoolici o ad eccessi di follia. Ed è un dato di fatto che in quel di Oaxaca la mente tormentata di Marlowe abbia finalmente trovato un luogo in cui riposare. Anni di sofferenza per Dan, lontani dalla musica dopo la fine, nel 1992, dei Green On Red, capitolo di quel romanzo, etichettato un po’ impropriamente “Paisley Underground”, che infiammò la musica a stelle e strisce degli anni ottanta, miscelando punk e psichedelia con le radici country e rock’n’roll. Certo, c’era stata un’improvvisa reunion del gruppo, un concerto a Londra nel 2006, omaggio allo scomparso batterista della band, Alex MacNicol. Ed era stato affascinante rivedere insieme il gruppo, tornato sulla scena per onorare l’impegno di un concerto disatteso, quello show cancellato nel 1987, nel corso di un tour europeo interrotto a metà strada per l’incapacità manifesta di Dan Stuart a reggere la scena. Ma dopo quel concerto non si era visto più nulla, fatto salvo, se vogliamo, il secondo episodio Danny & Dusty – con il disco Cast Iron Soul, uscito nel 2007 - decisamente meno emozionante del primo e mai dimenticato The Lost Weekend, del 1985.
Poi, come d’incanto, Dan era tornato. Meno alcool, forse, una mente più lucida e distesa, i capelli grigi sul capo che dicono che tanto dolore si è stemperato nel tempo. E la musica, beh quella non era mai andata via. Merito anche dei Sacri Cuori, certamente, ottima band romagnola guidata da Antonio Gramentieri, che sembrava essere uscita da quell'America di trent'anni prima e che aveva incrociato il proprio destino col suo. Un nuovo disco, nel 2012, ed un libro, stesso titolo per entrambi – The Deliverance Of Marlowe Billings – a dire che forse Dan era stato finalmente liberato. E poi di nuovo un pugno di concerti, qua e là dove capita, dove c’è ancora qualcuno che non si è dimenticato di te. (...)

Saturday, March 26, 2016

PASSO D'UOMO

Canta Mondo Politico, Francesco De Gregori – la sua rilettura di Political World di Bob Dylan – ed in un istante passano davanti agli occhi i fotogrammi del recente attentato di Bruxelles: “Viviamo in un mondo politico / benvenuta non è la pace / che se ne va a bruciarsi viva / nell’esplosione di una fornace”. E riesce difficile non ritornare con il pensiero anche al Bataclan, rinchiusi come siamo dentro l’Alcatraz - il noto locale milanese meta di tanti concerti - la mente ed il corpo solo apparentemente distesi tra un bicchiere di birra e la magia di mille canzoni. Siamo qui per la musica e per la nostra gioia, eppure il cuore resta turbato dalla stessa domanda senza risposta, quella gridata a Dio fin dai tempi di Giobbe: cosa centra questo dolore col nostro desiderio di felicità? Qual è il suo imperscrutabile significato?
Francesco De Gregori è tornato a Milano, col suo fagotto di canzoni, questa volta frutto di amore e furto, come recita il titolo del suo ultimo disco, un lavoro di paziente traduzione di undici canzoni di Bob Dylan, brillantemente arrangiate in maniera simile a quelle dei dischi originali dell’artista americano. Tutta la prima parte dei concerti del suo tour di quest’anno è invariabilmente composta da otto canzoni del disco, al punto che Francesco saluta inizialmente il suo pubblico dicendo “benvenuti a questo concerto in onore di Bob Dylan”. Viene in mente quella sera del 1992, al Madison Square Garden di New York, in cui molti tra i migliori musicisti rock si erano dati appuntamento per celebrare il trentesimo anniversario dall’uscita del suo primo disco, e lui, Dylan, li aveva spiazzati tutti. Uscito sul palco alla fine, solo e con la chitarra acustica a tracolla, aveva scelto Song To Woody, il brano dedicato al maestro Woody Guthrie, colui di cui aveva sempre conservato una paternità nel cuore. I riflettori puntati su di sé, Dylan aveva ancora una volta proseguito dritto per la sua strada. Francesco De Gregori non sembra, in questo momento, compiere un’operazione molto diversa. Certo, c’è da promuovere un disco appena uscito, ma anche per lui è difficile nascondere dove lo porta il proprio cuore. E che la sua musica sia stata da sempre influenzata da quella dell’artista americano non è un mistero per nessuno, con lo stesso Francesco ad affermare di non aver “mai teorizzato l’originalità a tutti i costi”, poiché “niente nasce da niente” (...)