Una mattina qualunque di un giorno in ospedale.
Squilla il telefono della centralina dell'unità coronarica: "dottore, è per lei".
Prendo la cornetta svogliatamente: ci sono già abbastanza guai oggi, chi è che mi cerca ancora? Dall'altro capo del telefono c'è Gianni, non mi aveva mai chiamato sul lavoro prima d'ora: "Ciao Fausto, come stai? Sai, oggi ti pensavo, sono riuscito finalmente a farmi stampare la foto che mi avevi chiesto tempo fa..."
Di quella foto non mi ricordavo quasi più. E quando l'avevo chiesta a Gianni, più di un anno prima, ero sicuro che, con tutti gli impegni che aveva, non sarebbe mai riuscito ad accontentare quel mio piccolo desiderio.
Corsi a prenderla, appena possibile, qualche giorno dopo. Ritraeva Chiara Lubich e don Luigi Giussani, insieme e sorridenti, mentre si stringono la mano in piazza San Pietro, a Roma, la vigilia di Pentecoste, il 30 maggio 1998.
Quello di Gianni, quel mattino, fu un momento tanto inatteso quanto opportuno.
Un atto gratuito, arrivato all'improvviso, e capace di dare alla giornata quell'anima che le mancava. Qualcuno - un amico - mi aveva ricordato Qualcosa e quel gesto mi rimise in sintonia col quotidiano, dandogli la solennità che, da solo, non vedevo quasi più.
Quel 30 maggio di dieci anni fa sono là anch'io, in una Piazza San Pietro gremita di folla, un popolo che arriva a riempire anche tutta Via della Conciliazione, fin laggiù in fondo, nei pressi delle mura di Castel Sant'Angelo.
Giovanni Paolo II ha chiamato a raccolta tutti i Movimenti e le nuove comunità ecclesiali, per dirgli quanto la Chiesa li senta parte di sè e quanto lei stessa guardi a loro come maestri di vita.
Ogni Movimento quel giorno appare per ciò che è realmente: un dono dello Spirito Santo per gli uomini. E chi è lì in quella piazza percepisce come certa questa realtà della storia, in cui Dio è presente e non smette mai di assistere il suo popolo e l'umanità intera.
Sono arrivato qui con gli amici, ma mia moglie è a casa, in attesa del nostro secondo bambino e segue tutto attraverso la tv. Non c'è differenza, però: la sento presente come se fosse lì al mio fianco, in mezzo a quella folla.
E, man mano che la giornata trascorre, assisto al miracolo che il mio cuore attendeva da tempo.
Quella che vedo accadere coi miei occhi, quella che sento raccontare - l'unità tra i Movimenti - è la storia della mia vita. Il mio matrimonio, nel suo essere piccolo laboratorio di cammino insieme, da quel momento in poi diventa parte del patrimonio della chiesa. La nostra unità nella diversità - mia moglie dentro al solco del carisma di don Giussani, la mia vita dietro alla storia di Chiara Lubich - oggi viene sancita e proclamata quale tassello insostituibile nel mosaico della vita cristiana.
Scriverà don Giussani, a pochi giorni di distanza da quell'evento:
"Sabato, l'incontro con Giovanni Paolo II, per me è stata la giornata più grande della nostra storia, resa possibile dal riconoscimento del Papa. E' stato il "grido" che Dio ha dato a noi come testimonianza dell'unità, dell'unità di tutta la Chiesa. Almeno io l'ho avvertito così: siamo una cosa sola. L'ho detto anche a Chiara e a Kiko che avevo di fianco in piazza San Pietro: come si fa, in queste occasioni, a non gridare la nostra unità?"
Il discorso di Don Giussani di quel giorno, davanti al Papa, mi aveva insegnato una volta per tutte il significato della parola mendicanza; e mi era parso di capire un po' di più il bisogno vero della vita:
"il mistero della misericordia sfonda ogni immagine umana di tranquillità o di disperazione (...) Questo l'abbraccio ultimo del Mistero, contro cui l'uomo - anche il più lontano e il più perverso o il più oscurato, il più tenebroso - non può opporre obiezione: può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio bene. Il Mistero come misericordia resta l'ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia. Per cui l'esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo".
Prima di lui Chiara Lubich aveva tratteggiato al Santo Padre il significato di quella definizione che lui stesso aveva dato del Movimento dei Focolari, definendolo capace di un "radicalismo dell'amore".
Aveva detto Chiara: "E come non può essere così se lo sguardo di tutti coloro che fanno parte del movimento è sempre puntato, come a modello, su Gesù crocifisso nel suo grido d'abbandono? L'amore più radicale è proprio lì, dove è il culmine del suo patire. E' in Lui - che abbandonato dal Padre si riabbandona al Padre, che sentendosi disunito dal Padre con Lui si riunisce - il nostro segreto per ricomporre in unità ogni divisione, ogni separazione, dovunque".
La conclusione del discorso diventa una promessa per il futuro: "Sappiamo che la Chiesa desidera la comunione piena fra i movimenti, la loro unità che, del resto, è già iniziata. Ma noi vogliamo assicurarle, Santità, che essendo il nostro specifico carisma l'unità, ci impegneremo con tutte le nostre forze a contribuire a realizzarla pienamente".
Le parole di Giovanni Paolo II, che seguono le testimonianze di Chiara, don Giussani, Jean Vanier e Kiko Arguello, sono di gioia e riconoscimento che ciò che sta accadendo è qualcosa di speciale: "oggi la Chiesa goisce nel constatare il rinnovato avverarsi delle parole del profeta Gioele: "Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona.. "(At 2, 17). Voi qui presenti siete la prova tangibile di questa "effusione" dello Spirito. Ogni movimento differisce dall'altro, ma tutti sono uniti nella stessa comunione e per la stessa missione".
Il suo richiamo finale è l'amicizia e il coraggio di cui ciascuno, in quella piazza, sente di avere adesso bisogno: "Oggi da questa piazza, Cristo ripete a ciascuno di voi: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura (Mc 16, 15). Egli conta su di voi, la Chiesa conta su di voi. "Ecco - assicura il Signore - io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Sono con voi!"
Nel ritorno a casa, quel giorno, non c'è stanchezza, ma solo forza rinnovata.
Nelle migliaia di volti di Piazza San Pietro, nella gioia di chi mi è stato accanto, quell'unità proclamata dalla Chiesa l'ho vista già sofferta e vissuta e perciò testimoniata.
E' per questo che il Papa e i fondatori dei movimenti l'hanno potuta raccontare, perchè non si può narrare se non di ciò che non sia già accaduto e che, grazie a Dio, sta accadendo ancora.
Ma dentro di me c'è una gioia in più: penso a mia moglie che ritroverò a casa, alla mia famiglia, alla nostra esperienza insieme. E ripenso alle parole del Papa con sollievo: oggi, in quella Piazza, gli ho sentito raccontare della mia vita.
Quella foto di Chiara e del don Gius, regalo di Gianni, oggi campeggia nell'angolo buono del salotto di casa.
E' una bella foto ed è bello lo sguardo tra i due.
Uno sguardo che, da allora, protegge ogni giorno il nostro cammino.