"To be outside the law, you must be honest"
(Bob Dylan)
La situazione si era fatta francamente imbarazzante.
Perché, insomma, dopo tre o quattro canzoni, già non ce la facevo più.
E sì che dopo i suoi sguardi ammiccanti a quella bionda in prima fila, distante solo pochi passi da me, l'uomo sembrava decisamente galvanizzato e messo nelle condizioni migliori per tirar fuori un grande show.
E invece no, il concerto stava diventando francamente noioso.
Come se non bastasse, poi, quella sgradevole sensazione stava drammaticamente sostituendo l'ebbrezza del trovarmi per la prima volta lì davanti, cinque, dieci metri al massimo da colui che non avevo mai smesso di seguire nei suoi shows, fin da quando - il lontano 1984 - l'avevo visto la prima volta a San Siro.
Macché, questa volta Bob Dylan mi stava profondamente deludendo e dopo un po', se il bar non fosse stato troppo lontano, sarei proprio corso lì, ad annegare i dispiaceri in una bella birra.
Cosa c'é che non va nei concerti di Bob Dylan oggi?
Cosa non funziona nel suo riproporsi senza tregua, in un neverending tour che ormai prosegue senza soluzione di continuità esattamente da vent'anni?
Tante cose. La voce logorata, ad esempio, ma non solo. Anche il suo attuale defilarsi dietro alle tastiere (suonate male) e, abbandonata la chitarra, quel suo porsi di lato, quasi a sfuggire lo sguardo diretto del pubblico. E poi una band apparentemente inadeguata, che sembra avere un basso tasso tecnico, ma che é volutamente fatta suonare in un certo modo, così che tutto assume le sembianze di un funk-blues, che rende le canzoni tutte uguali.
Canzoni, poi, che, pur variando un poco la scaletta da un concerto all'altro, appaiono sempre più ripetitive, a fronte di un repertorio che, invece, potrebbe essere tra i più vasti in assoluto nel rock.
Non é un caso se, nel sito italiano di Bob Dylan per eccellenza -
Maggie's Farm - si é aperto un dibattito che qualche tempo fa sarebbe parso impensabile: "
Dylan pro e contro".
Qualcuno va anche oltre, nelle critiche al buon vecchio Bob, sostendendo che la vena compositiva si sia ormai inevitabilmente affievolita. Ed effettivamente c'è da dire che le pubblicazioni di materiale live od inedito pregresso (le Bootleg Series, di cui é imminente l'uscita del nuovo Tell Tale Signs) appaiono francamente più esaltanti degli ultimi album in studio, Love & Theft e Modern Times.
Eppure, sull'ultimo disco - Modern Times - c'é Ain't Talkin', una canzone spesso proposta dal vivo e che personalmente non può lasciarmi indifferente, al punto da avere ispirato il titolo di questo blog.
Una ballata lenta ed avvolgente, dotata di una musicalità scarna, essenziale, ma terribilmente incisiva; un incedere quieto ed intenso allo stesso tempo. L'anima di chi scrive ha sofferto (heart burnin', still yearnin'), é stanca, e non parla, ma cammina solamente. Quello che viene descritto e attraversato é uno stanco mondo di dolore (just walkin' through this weary world of woe), con ponti che bruciano prima che tu possa raggiungerli (I'll burn that bridge before you can cross). C'é un pianto che consuma (Now I'm all worn down by weeping) ed é un mondo cinico e crudele (danzeranno sulle tue disgrazie quando sarai a terra), ma forse la speranza é destinata a non morire: "il fuoco é scomparso ma la luce non muore/ chi lo dice che non otterrò l'aiuto dal cielo?". Quell'anima non é sterile e si fa capace di chiedere ancora: "dicono che la preghiera abbia il potere di guarire/ perciò prega per me, madre/ nel cuore dell'uomo può albergare uno spirito malvagio/ sto provando ad amare il prossimo e far del bene/ma, oh madre, le cose non vanno così bene".
Quando ascolto questa canzone non riesco a non pensare ad un'anima mendicante. Cioé a qualcuno che non rinuncia all'idea della bellezza di un destino, ma che ora che ha sofferto percepisce che questa non risiede nelle proprie mani perché, oltre che desiderata, va richiesta.
E per me la mendicanza per eccellenza é quella che descrisse un giorno don Giussani, quella a cui forse, inconsapevolmente, tende anche quell'anima che non parla, ma cammina solamente :
"il Mistero come misericordia resta l'ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia. Per cui l'esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia é il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo"
Il mio amico
Paolo Vites sostiene che una possibile chiave di lettura della perseveranza del
neverending tour di Dylan, coi ritmi e nelle condizioni attuali, possa essere il suo desiderio d'andare dietro al destino, costi quel costi.
Penso che abbia ragione, che possa essere proprio così.
Nel corso dell'intervista all'interno del programma "60 minutes" della CBS, Ed Bradley chiede a Dylan "perché lo fai? perché sei ancora in giro?". "Torniamo al discorso del destino", gli risponde Bob: "Ho fatto una specie di patto di ferro col destino... sai, un sacco di tempo fa".
Una ragione, dunque, uno scopo. Né più né meno quanto raccontò al giornalista di Playboy trent'anni fa, che gli chiese perché stesse facendo quello che stava facendo: "Devi avere uno scopo. Devi credere di poter passare attraverso i muri. Senza quella fede non riuscirai a diventare un cantante rock o un cantante pop o folk-rock davvero bravo, e neppure un bravo avvocato. O un dottore. Devi sapere che stai facendo ciò che stai facendo"
Un Dylan che va sempre dritto per la sua strada, noncurante di tutto e di tutti. In fin dei conti ha sempre fatto così. Racconta, alla fine di Chronicles - che già all'inizio della sua carriera, l'attitudine era quella d'imboccare strade apparentemente scomode ed incerte: "(...) la strada si stava facendo pericolosa e io non sapevo dove portava, ma la seguii ugualmente. Laggiù, più avanti, uno strano mondo stava per svelarsi, un mondo tuonante, dagli spigoli taglienti come fulmini. Molti non lo capirono e non l'avrebbero mai capito. Io ci entrai senza esitare".
Forse é perché Dylan é così che, nonostante tutto, non perderò mai del tutto la voglia di andarlo a sentire in un concerto. E sfidare così la sua strafottenza, la poca umiltà, ma rimanendo affezionato a quella strana ed imbarazzante cocciutaggine ed onestà di fondo. Dylan continua ad essere "Honest with me", una canzone spesso in scaletta nei concerti ed altrettanto spesso noiosa.
Ma, onestamente, Bob, ho deciso di seguirti lo stesso, fino alla fine: sai com'é, questa questione del Destino interessa anche me. Costi quel che costi.