Friday, October 02, 2009

LUCKY OLD MARK


Ascolto Get Lucky, l'ultimo disco di Mark Knopfler e continuo a pensare a paesaggi del nord. Immerso nel traffico, incontro gente frettolosamente in viaggio verso il lavoro, altra che quel lavoro non ce l'ha o, semplicemente, percorre il tragitto che porta verso casa. Persone di ogni tipo, distratte o affaccendate, troppo spesso nervose. Mi piace fermare l'auto davanti alle strisce pedonali, raccogliere il sorriso di chi attraversa la strada, che se é una bella ragazza meglio ancora, ma godendo pure della smorfia del vecchietto incerto nel cammino. Sorriso come anatema dei clacson, quelli isterici dei cretini dietro a me, la cui vita sembra dipenda dal minuto e mezzo che avranno guadagnato, quando, correndo come pazzi, saranno arrivati finalmente in posti dove magari non li aspetta poi nessuno. 
No, non si possono ascoltare così queste canzoni, no davvero: "Prima che la gente avesse gas, tv ed automobili, ci si sedeva intorno a un fuoco, ci si passava la chitarra e si ricordavano canzoni" (Before gas and tv). C'é bisogno di spazi distesi e della luce del tramonto. Non é più il people on tv di Money For Nothing, ma gente seduta intorno a quel fuoco che si passa la bottiglia del vino, racconti di strada che si fanno tradizione: "in the tales of the road, since time out of mind" (Before gas and tv). E' per questo che anch'io, arrivato a questo punto, devo cambiare strada, allungarla, portarla in luoghi improbabili e inattesi, far entrare di nuovo il mare dentro i miei pensieri.

Vorrei invecchiare come Mark, come la sua chitarra, sempre più dolce e sicura. Non più l'assolo devastante di Sultans Of Swing, ma l'arpeggio che entra nelle vene profonde, lasciandovi dentro il brivido che non ha mai fine.  Sono colori pastello, quelli d'indimenticabili paesaggi di Normandia; magie di suoni, radici folk, country e blues malinconicamente e sapientemente intrecciate come solo questo musicista é capace di fare, il cuore che oscilla come un pendolo tra Scozia, Inghilterra del nord e delta del Mississippi. I sessant'anni di Knopfler sono diversi da quelli di Springsteen, giocati sui registri dell'introspezione che rendono lontani i Dire Straits almeno quanto la E Street Band é invece ancora vicina al cuore del Boss. Modalità espressive differenti - non per questo differentemente vere - ma che, nel caso di Mark, rispondono forse un po' di più a quell'esigenza di sintesi interiore di pezzi di vita e d'esperienza musicale che solo la maturità artistica coniugata al genio é in grado di ottenere.

Inframezzato tra il canto di Knopfler ed ogni melodia c'é un canto di popolo, forse autobiografica nostalgia, che si esprime dentro la tranquillità sonora di archi e pianoforte o l'allegria di whistle e violino; frasi luminose di una chitarra, capace di cantare come la più perfetta delle voci ed oggi sempre più in grado di venire dolcemente e magicamente in primo piano anche quando sa mettersi in disparte. 
Il songwriting di Mark Knopfler sembra avviarsi verso una semplicità espressiva solo apparentemente scanzonata ("a volte mi addormento mentre suono la chitarra", ebbe a dire una volta in un'intervista), in realtà figlia di un bagaglio espressivo sempre più colto e cosciente delle proprie radici.
Un disco dopo l'altro, le sue sonorità appaiono sempre più spesso malinconiche, ma, paradossalmente capaci in realtà di rubare la tristezza, quella che ti rende immobile ed incapace di proseguire dritto verso la strada che un Destino buono ha da sempre tracciato dentro la tua storia. La colonna sonora ideale per quest'autunno già iniziato e per mantenere intatte le speranze di un sole d'estate, capaci di scaldare anche il freddo più intenso dell'inverno che verrà. 

7 comments:

Paolo Vites said...

chissà come è che quelli che scrivono bene e hanno qualcosa da dire li trovi sui blog gratuiti, mentre quelli che non sanno scrivere e non hanno niente da dire sono nei giornali e si fanno pagare.

questo post è cosa bella e giusta. grazie

Fausto Leali said...

ma grazie a te, mio mentore :-)

Maurizio Pratelli said...

perchè si sanno vendere, anche l'anima, dear Paolo. Questo disco di mark devo ancora scoprirlo bene, ma con lui non ho mai fretta.

ciciuxs said...

grazie per avermi 'costretto' a riascoltarlo mentre tornavo, tardi, dal lavoro. Quando smetti i panni di cardioman vai sempre meglio in quelli di blogman. No che dico, sono la stessa cosa. Thanks again.

Vernè said...

Si può piangere di felicità ascoltando una canzone???
Ieri ho messo "a palla" il mio impianto stereo per ascoltarmi l'ultimo lavoro di Mark. Quando è partita Get lucky avrei voluto ancor di più aumentare il volume perchè la sua musica mi stava riempiendo il cuore , l'anima, il cervello, lo stomaco, e volevo imprigionarmela dentro tanta era la dolcezza che mi regalava e mi faceva stare in beatitudine.
Mi sono limitato a spalancare la finestra della sala per far giungere in strada questa meraviglia sonora quasi a diffonderne presso gli eventuali passanti il suo verbo di meraviglioso attaccamento alle cose belle della vita. Quando il Whistle ha "spifferato" le sue note nell'aria, dolci e gioiose lacrime hanno rigato le mie guance: troppa pienezza nell'anima; doveva fuoriuscirne la gioia, esternarsi e rivelarsi!.......

Fausto Leali said...

Quando leggo commenti come i vostri mi sembra che questo blog ritrovi il senso per cui é nato: non tanto il saper scrivere o avere davvero qualcosa da dire, quanto il poter condividere qualcosa con qualcuno.
In altre parole: un'amicizia.
E' quella che mi porto dentro quando spengo il PC e stacco la spina.
E solo quella, alla fine del giorno, é ciò che vale.
Grazie a voi!

Gigio said...

Un caro saluto e un augurio di una buona e santa domenica,... A presto Kalos