Un amico che ti manda una foto. E le sofferenze del suo cuore che camminano quotidianamente dentro le tue preghiere.
Un articolo che stai scrivendo per il tuo bollettino parrocchiale. E quella foto che c'entra con quell'avventura.
Un sabato qualunque di maggio, l'anima che non si vuol staccare dalla meraviglia che ha vissuto, l'abbraccio intenso di un milione e mezzo di persone.
Ogni passo avanti, ora, ha le radici in ciò che é stato. Un passo indietro nella mente e nel ricordo, che sostiene i passi avanti del corpo di ogni giorno.
* * *
“Allora siamo d’accordo, siete ospiti a casa mia. Vi aspetto”. L’avventura a Roma, assieme alla mia famiglia, inizia così, a casa di Gianluigi. Che poi non è che ci si conosca così bene e neppure da così tanto tempo. Ma quando l’amicizia inizia a poggiarsi da subito su Ciò che vale, succede spesso che si lascino perdere tanti convenevoli. E così andiamo, ospiti da lui, nella periferia della città, una mansarda che è già piccola per una persona sola, figurarsi per sei. Tant’è vero che il nostro amico tira fuori un materasso, lo mette per terra per sé e ci offre tutti gli altri letti disponibili della casa che, come per miracolo, spuntano fuori da ogni dove. Gianluigi fa il frate, cappellano nella sezione femminile del carcere di Rebibbia. Lui, la festa della beatificazione di Giovanni Paolo II la vivrà in diretta come noi, ma dietro alle spesse mura dove stanno i suoi amici, recluse e guardie carcerarie. E non sarà meno bella e meno intensa di quella di Piazza San Pietro.
La prima emozione forte è al Circo Massimo, al sabato sera. La Roma delle centomila fiammelle delle canzoni di Antonello Venditti adesso è qua, ad illuminare una veglia di preghiera di brividi ed emozioni che ti scorrono sotto la pelle senza volerne sapere di uscire. Sul palco, prima del rosario, si alternano canti a testimonianze: è l’ingresso in un clima, la predisposizione dell’anima a ciò che avverrà il giorno dopo.
La domenica mattina ci si sveglia presto. Fuori non è ancora l’alba, ma, lo scopriremo dopo, è già tardi. Via della Conciliazione è piena e la folla riempie già lo spazio fino a Castel Sant’Angelo ed oltre. Le persone presenti in Piazza, ci raccontano che siano giunte lì sin dalla sera prima. Scendiamo dalla metropolitana e seguiamo la fiumana di gente che si dirige ormai verso i maxischermi posti in vari punti della città. Il nostro è in Piazza Risorgimento, un piazzale piuttosto grande, ma neppure quello abbastanza per tutta la gente che c’é. Nulla è sufficiente per accogliere il milione e mezzo di persone che oggi hanno abbracciato la città.
Siamo tutti pronti con mantelle ed ombrelli: hanno detto che pioverà e ormai le previsioni del tempo non le sbagliano più da un pezzo. Ma oggi no, stavolta le hanno sbagliate in pieno. Perché non hanno tenuto conto di quello che sta accadendo. E che Giovanni Paolo II, lui, non può far piovere su una folla di amici così. E’ per quello che, alla fine della Messa, spunterà anche l’azzurro del cielo. E pure qualche ombrello, certo, ma solo per ripararsi dal troppo sole.
I miei figli resistono che è un piacere, ore e ore passate per terra o in piedi a camminare e pregare. Mai una parola di lamento, la stanchezza non sembra aver fatto parte di quest’evento. Nel mio cuore, intanto, l’emozione è qualcosa che si fa strada a poco a poco. Non si nutre d’immagini, né di suoni o di colori: il maxischermo è troppo lontano e posto di traverso e l’impianto audio potrebbe anche fare meglio il suo dovere. Ma c’è un popolo intorno, che vive, prega e si commuove. Che condivide il giorno della festa. E’ un cammino in cordata che basta a se stesso, che ti fa dire: valeva la pena che ci fossi anch’io.
Il giorno dopo, la messa di ringraziamento col Cardinal Bertone è un crogiuolo in cui fondere tutto ciò che ti è maturato dentro. Duecentomila persone sembrano un piccolo paese rispetto a quanto è accaduto ieri e infatti ci consentono finalmente di accedere alla piazza. Ma è ancora un popolo, immenso, che non vuole saperne d’andar via, che vuol stare col suo papa santo, stringersi attorno alla sua chiesa, continuare a camminare insieme.
E’ giunta l’ora di partire. Il saluto a Gianluigi è un arrivederci tra fratelli che hanno scoperto un legame tra loro che nulla e nessuno potrà ormai spezzare. “Tutto tace e c’è nella mia baita tintinnio di pioggia e soffio di vento”, ci scrive via sms, mentre la nostra auto procede lungo la strada che porta verso casa. E’ nostalgia di un’esperienza, di ciò che abbiamo condiviso. Del Bello e del Vero che ha riempito le piazze e le vie. Di una Chiesa che è famiglia. La grande eredità che ci ha lasciato Giovanni Paolo II.
No comments:
Post a Comment