Eppure l’esperienza del mio
limite sembra essere sempre lì, pronta a fare capolino quando meno te
l’aspetti, scoraggiare tutte le buone intenzioni di cui è sempre lastricata
l’anima mia. Come i discepoli di Galilea, brano del Vangelo di oggi, anch’io,
quando Lo vedo, continuo a prostrarmi, eppure dubito. Nella mia infedeltà ed
incoerenza d’ogni giorno. La risposta sembra stare nel bastone sul quale
Benedetto XVI si appoggia quando scende dall’auto per salire sull’altare, dopo
il bagno di folla in mezzo a questo milione di amici che occupa stamani la
spianata del Parco Nord. Un bastone a forma di croce, l’amore di un Dio che si è fatto Abbandono e che ha vinto ogni infedeltà ed ogni mio
peccato. Il resto è solo una festa. Festa delle famiglie, festa degli amici che
ho intorno. Festa del mio cuore. Contemplo il mistero della Vita della Trinità
ed intravedo la possibilità, come c’invita il Santo Padre nella Sua omelia, di “vivere la comunione con Dio e
tra noi sul modello di quella trinitaria”,
chiamato a “vivere l’amore reciproco e verso tutti, condividendo
gioie e sofferenze”, tassello di un mosaico
anch’io, capace, col mio contributo di “ edificare comunità ecclesiali che siano sempre
più famiglia, capaci di riflettere la bellezza della Trinità e di evangelizzare
non solo con la parola, ma per «irradiazione», con la forza dell’amore vissuto”.
Quando esco con la mia famiglia
dal Parco Nord, al termine della celebrazione, incontro gli amici più inattesi.
In mezzo ad un milione di persone, sono tra gli sguardi e gli abbracci più
intensi. Non ho più paura adesso. “Io sono con voi – dice Gesù agli undici di Galilea – tutti
i giorni, fino alla fine del mondo”. Ed
anche il mio passo ora è sicuro. Cammina l’uomo, quando sa bene dove andare.
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