La strada che, dal mare di Albisola, sale al paesino di Sassello é per lo più stretta e tortuosa. Guido piano e dolcemente, affrontando ogni curva senza bruschi strappi del motore. Anche l'ultimo dei miei figli é ormai grande, ma l'effetto di un'andatura più brillante potrebbe avere effetti devastanti sull'abitacolo della mia vettura. "
Sei emozionato?", mi chiede mia moglie. Già, dovrei esserlo, dico a me stesso, io che non sono mai stato a visitare i luoghi di
Chiara Luce. Le rispondo di no e mi pare d'essere sincero, ma, sotto sotto, misconosco semplicemente le mie emozioni. Forse é perché ho appreso la vicenda di Chiara così bene che mi sembra d'essere già stato qui. E forse il fatto che la sua storia sia un po' parte della mia, entrambi dietro al carisma che Chiara Lubich ha donato al mondo, rende tutto un po' più familiare. Ma dovrei esserlo, almeno un po', sinceramente emozionato. Mantenere anche oggi lo sguardo di un bambino e sapermi stupire di fronte a ciò che sa di bello e di vero, la santità e l'eccezionalità dentro l'ordinarietà. E probabilmente, emozionato lo sono per davvero.
Oggi é un
giorno particolare a Sassello. Ci sono settanta vescovi, amici del Movimento dei Focolari, venuti quassù dai cinque continenti per conoscere meglio la storia di Chiara e per incontrare i suoi genitori. Li vedo entrare in chiesa, Maria Teresa e Ruggero, semplici e sorridenti come sempre. Ruggero cammina lentamente appoggiandosi a due stampelle. Mi colpisce sempre la figura del papà di Chiara, schivo, di poche parole, quasi a fare da sfondo al fulgore smagliante di mamma Maria Teresa. Entrambi sempre belli a vedersi, sorta di Maria e Giuseppe dei giorni nostri. La loro casa sempre aperta, pronti a parlare con chiunque passi da qui, a voltare verso il prossimo quello sguardo così carico d'amore che hanno sempre tra di loro. Mi scopro a pensare che spesso dietro alla storia di un santo straordinario c'é la santità quotidiana di due genitori.
Prima di venire in chiesa passo con la mia famiglia dal cimitero. Sulla tomba di Chiara c'é tempo e modo di lasciar scorrere libera la mente e la preghiera. Chiedo grazie per tanti amici. Non ricordo cosa chiedo per me. Ma mi lascio avvolgere dalla sua luce, dallo sguardo luminoso dei suoi occhi, una bella fotografia appoggiata sul pavimento della cappella di famiglia. Con noi c'é un'anziana suora, maestra d'asilo di tanti anni fa. Racconta ai quattro bambini di una famiglia di Torino dei piccoli atti d'amore di Chiara verso i compagni di scuola materna. Mi commuove la familiarità che nasce spontanea tra gente che non si é mai incontrata prima. Ecco, forse é questo il primo momento della giornata in cui mi scopro davvero emozionato. Come allora, Chiara Luce genera anche oggi la reciprocità dell'amore. Quando gli amici uscivano dalla sua stanzetta dove giaceva ammalata usavano ripetere spesso:"vicino a lei non si sentiva mai, neanche per un attimo, il peso della malattia, del dolore, delle limitazioni. Stando accanto al suo letto ero io ad avere la netta percezione di essere la malata, l'invalida. Sentivo di doverle chiedere una mano, ma poi, in verità, non occorreva chiedere nulla, bastava guardarla per imparare ad amare sempre e a ripetere con lei: "Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch'io. Sei tu, Signore, l'unico mio bene". Rientrando a casa avevo anch'io la certezza di aver vissuto un momento di paradiso". Chiara continua a compiere questo miracolo in chi le si accosta. Creare una fraternità. Luogo di presenza di Gesù, generata dalla reciprocità dell'amore.
La messa é semplice e solenne allo stesso tempo. Il mio sguardo continua ad andare verso l'altare di destra, lungo la navata: non riesco a distogliere lo sguardo da quella fotografia. Ancora quella foto di Chiara, ancora quegli occhi pieni di luce. Anche vescovi e cardinali, oggi, sembrano essere in un certo senso a scuola. Dirà più tardi Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, anch'essa presente oggi a questa festa: "La sento come una sorella per il carisma dell’unità che ci lega: una sorella minore perché figlia del Movimento dei Focolari che ora presiedo; una sorella maggiore perché, correndo come gli atleti alle Olimpiadi, mi ha preceduta nella santità".
Al termine della celebrazione c'é tempo per incontrare un po' di amici, venuti da ogni dove. Ad un tratto scorgo Franco, lo vedo da lontano dirigersi verso di me. Un amico argentino, che ha letteralmente illuminato tratti di esistenza della mia incerta gioventù. Non lo incontro da anni, mi si fa incontro, lo stesso sguardo e sorriso di sempre, uno dei più luminosi che abbia mai conosciuto. Lo abbraccio, questa volta mi commuovo e mi emoziono per davvero. E' ancora Chiara a generare tutto questo, lo sento. La reciprocità dell'amore. Valeva la pena di arrivare fino a qui anche solo per quest'abbraccio. Lungo una strada tutta curve. Il paradiso dietro a una strettoia.
Di tutti i libri su Chiara Luce che ho letto, quello di Franz Coriasco - "
Dai tetti in giù" - mi é sempre parso il più bello. Coriasco é autore radiotelevisivo, musicale, teatrale; scrittore e critico musicale: sono anni che leggo le sue recensioni di musica rock su Città Nuova e tengo in cuore la speranza di poterlo prima o poi incontrare di persona. Si definisce agnostico, ma il suo sguardo sulla realtà é quello che, da credente, mi piacerebbe spesso avere, io che mi sento così spesso schiavo dei miei pregiudizi. "
Oggi, molto più di vent'anni fa - scrive Franz
- Chiara mi dà sollievo, ogni volta che la penso: non illumina, ma riscalda la mia oscurità. E' come se contribuisse a tenere aperto lo spiraglio di una porta, così da non cedere alla tentazione di un'esistenza claustrofobica o meramente autoreferenziale. Soprattutto m'invita quotidianamente a cercare compiutezza e perfezione nelle piccole cose di ogni giorno, anche se ahimé, ci riesco di rado".
Penso a queste parole lungo le strettoie che da Sassello riportano giù verso il mare. La strada verso casa é lastricata di un misto di emozioni - quelle della giornata appena trascorsa - e d'intenzioni, quelle di puntare a rendere Bellezza tutte le piccole cose che attendono d'incrociare il mio cammino. Il rischio è di fermarsi al desiderio, ma in fondo basta saper volere, proprio in quelle piccole cose di ogni giorno: "Bisogna saper morire a colpi di spillo per saper morire di spada", diceva spesso Chiara. E pensare a Chiara serve anche a me a tenere aperto quel piccolo spiraglio, attraverso il muro della mia oscurità e del mio peccato. Ma non esiste muro così spesso che non abbia crepe. Dovrei saperlo, ormai, che é da quelle che passa la luce.