Friday, November 14, 2008

SHAME


"Ho fatto le prove generali, siamo tutti pronti! Non ho fretta di morire, ma non ho paura, sono serena e in pace, perché io sono una donna fortunata".
Sono parole di Elena, le prime parole citate dal prete durante l'omelia del suo funerale. Elena era un'amica di famiglia, una giovane donna, medico anestesista, madre di bambini.
Elena era malata di SLA - la famigerata "sclerosi laterale amiotrofica" - non ha mai maledetto la vita ed é morta quando é giunto il suo momento, certamente in odore di santità.
Scriveva, poco tempo prima: "(...) anch'io, come Luca Coscioni, parlo con un sintetizzatore vocale e sono tetraparetica ma credo che l'omicidio di un essere umano, pur piccolo come un embrione, non può condurre a niente di buono"


Morire di fame e di sete.
Non lo augureresti al tuo peggior nemico.
Può capitare per disgrazia, per sciagura; succede al protagonista di Into The Wild, ad esempio, nel film di Sean Penn che narra di una storia realmente accaduta.
Oppure può trattarsi di condanna a morte. Come quella di Massimiliano Kolbe, perpetrata da "giudici" che indossavano l'uniforme di ufficiali nazisti.

E allora evitiamo, almeno, di farla soffrire, Eluana, non é vero? Bontà loro.
Perché finora l'abbiamo accudita, assistita, nutrita, le abbiamo fatto compagnia. E qualcuno ha chiamato tutto questo "accanimento terapeutico".
Ma adesso dovremo trovare dei medici che somministrino farmaci, perché la sospensione dell'assistenza di Eluana comporta giorni di agonia prima che giunga la fine e allora richiede sedazione.
E d'altra parte anche ai condannati a morte per iniezione letale si somministrano anestetici generali, prima d'iniettare il cloruro di potassio che gli fermerà il cuore. Cuore che si ferma di fibrillazione ventricolare, una morte molto più veloce di quella per disidratazione.

Pena capitale, allora, perché di questo stiamo parlando.
Questo é l'eutanasia, quella che i giudici della Corte d'Appello e poi di Cassazione non hanno avuto il coraggio di chiamare col suo nome.
Eutanasia, aborto, pena capitale; nomi diversi per descrivere la stessa cosa: l'arrogarsi un diritto che l'uomo - al di là di ogni convinzione religiosa - non possiede: quello di disporre della vita, propria ed altrui.
Che vergogna all'indomani di una sentenza così.
E che tristezza.


Comunicati stampa:
Medicina e Persona (http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=8717)
Scienza&Vita (http://www.scienzaevita.org/)
Comunione e Liberazione (http://www.clonline.org/articoli/ita/vol_Eluana1108.pdf)

Post Scriptum:
l'editoriale di oggi di Medicina e Persona, a cura di Clementina Isimbaldi e Felice Achilli, esprime molto meglio delle mie parole perché non si può condividere ciò che i giudici hanno sentenziato in questi giorni.
Il testo completo si trova qui: http://www.medicinaepersona.org/cm/rassegna.jhtml?param1_1=N11d9afc97f079d7ef7d&param2_1=N11d9afc97f079d7ef7d
da esso traggo solo queste poche righe: le ha scritte Giacomo Leopardi:
"questo malato é assolutamente sfidato e morrà di certo... I suoi parenti per alimentarlo, come richiede la malattia, si scomoderanno realmente nelle sostanze: essi ne soffriranno danno vero, anche dopo morto il malato... Che cosa dice la nuda e secca ragione? Sei un pazzo se l'alimenti. Che cosa dice la natura? Sei un barbaro e uno scellerato se per alimentarlo non fai e non soffri il possibile"

2 comments:

Anonymous said...

Caro Fausto, non penso sia molto difficile definire quello che è successo; al di là di ogni ipocrisia e ogni ricerca del politically correct si tratta esclusivemente e drammaticamente di OMICIDIO (anzi di OMICIDIO DEL CONSENZIENTE - ma lo sarà poi? - art 579 del codice penale "« Chiunque cagiona la morte di un uomo, con consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. »). La cosa tragica è che questo reato è stato auspicato da un genitore e permesso da un giudice, ovvero dalle due figure che più di altre avrebbero dovuto perseguire la vita e la giustizia

factum said...

Non è una bella giornata, anche i miei amici hanno reagito a questo:
http://www.samizdatonline.it/node/526

Ciao