Monday, August 24, 2009

CAHIERS DE FRANCE (1) - ANGELI NELLA BAIA


I riflessi della luce della luna formavano splendidi ricami d'argento sull'acqua. Il mare circondava ormai ogni cosa ed appariva inquietante e calmo allo stesso tempo. Sembrava incredibile che, solo poco tempo prima, centinaia di persone avessero attraversato a piedi la baia proprio là in mezzo. Eppure era proprio così: poche ore appena e la spiaggia sarebbe tornata ancora in superficie ed i gabbiani vi si sarebbero posati di nuovo.
Ogni giorno, più volte al giorno, quel gioco di alta e bassa marea si svolgeva incessantemente, sotto gli occhi della statua dell'arcangelo San Michele, posta lassù a dominare tranquilla quel luogo.
Luogo che potevi scorgere da lontano, molto prima di arrivare al mare, con la sagoma del monte ad ergersi perennemente all’orizzonte come qualcosa di magico ed inaccessibile.
Quanti antichi e nuovi pellegrini erano arrivati fin qui? Quando vi eri entrato anche tu, a tarda sera, era finalmente scomparso il continuo andirivieni delle orde di visitatori, che prima aveva reso quasi impraticabile la ripida via del paese, quella che saliva, lentamente curva, sino all'inizio della lunga rampa che conduceva all'abbazia. Allungando un po' il passo potevi spingerti anche lungo le mura delle torri di guardia e da là in cima lo sguardo verso l'acqua e la sua misteriosa marea si caricava di una sensazione d'incertezza ancor più sottile e penetrante, ma misteriosamente mescolato ad un'inesplicabile attrazione.


Guardavi quelle mura e desideravi che avessero potuto raccontare quello che avevano vissuto.
Allora, socchiusi gli occhi e rivolto lo sguardo verso la piccola foce dell'esile Cuesnon, anch'essa mutevole come le continue maree, ti era parso d'aver visto tutto.
Secoli e secoli scorrere l'uno dietro l'altro, come veloci fotogrammi di un film; e sotto di essi urla strazianti e sommesse preghiere, a fare da voce a quei sassi che non sapevano parlare.
Così eccoti innanzi all'umile Aubert, il vescovo di Avranches tutto intento a costruire pietra su pietra il primo santuario su quell'isolotto di granito, chiedendo ogni notte all'arcangelo Michele la forza di rimanere fedele a quel voto, forza che, a tratti, sembrava inesorabilmente venir meno. Poi altri monaci benedettini a proseguire l'opera e ancora incendi, ricostruzioni ed archi sempre più slanciati verso il cielo, perché la cattedrale é molto più di una chiesa, la cattedrale é una preghiera.
In mezzo, di continuo, la vita di ogni giorno, lo scorrere continuo dei pellegrini, a sfidare acqua e sabbie mobili. Poi di nuovo guerre e ancora mura per difendersi da un'esistenza troppo dura; fino ai centodieci gloriosi paladini, quelli vittoriosi sull'assedio dei ventimila inglesi, l'ordine leggendario dei cavalieri di Saint Michel.
Grida di giubilo, le insegne del re di Francia ancora issate e poi, ineluttabile, il declino; i monaci scacciati, il luogo della fede trasformato in invincibile prigione, la Bastiglia del mare dove far morire gli avversari ed i preti renitenti alla nuova legge, quella della Révolution.
Ma ecco anche le grida ed il terrore spegnersi di nuovo a poco a poco, finché la calma ed il silenzio tornano a regnare, fino a quando la “Merveille” ritorna al suo splendore antico. Ed allora ecco nuove voci a farsi sentire, voci di meraviglia di nuovi viaggiatori di tempi di pace, grida di fronte alle quali queste mura sembrano sorridere quasi compiaciute, loro che si sono fatte capaci di resistere fin qui.


Al mattino di quello stesso giorno eri già stato sin lassù – il cuore della cattedrale – dov’eri giunto a poco a poco, insinuandoti lentamente e faticosamente tra tutta quella gente che invece, alla sera, era sparita, insieme al sopraggiungere dell’alta marea.
Ma là in cima, il punto più alto di tutta l’abbazia, la confusione era sparita come d’incanto e non eri stato in grado di resistere al fascino di quelle voci e del suono dell’arpa e del flauto.
La messa celebrata a mezzogiorno, come San Benedetto usava fare un tempo, da monaci e trappiste che ora ne tramandavano fedelmente la tradizione.
Era così che ti eri fermato a pregare con loro e quell’angolo d’abbazia ti era parso, senza esagerare, vera e propria anticamera di paradiso. Mai, in tutta la tua vita, ti era capitato di sentire armonie di voci e suoni così; mai pregare ti era sembrato più facile di allora.
Uomini e donne ti erano parsi angeli, poi, ad un certo punto, uno di quegli angeli era pure passato tra la gente, per raccogliere le offerte; era in quell'istante che avevi incrociato con sorpresa un viso di giovane donna, volto di una suora sorridente, con occhi azzurri penetranti e affascinanti allo stesso tempo; occhi persino quasi scanzonati, come di chi sa tutto del mondo che si azzuffa fuori ogni momento.
Tra i monaci avevi scorto visi giovani ed anziani, affascinanti anch’essi, ognuno a modo suo; finché, ad un tratto, ne avevi visto uno differente, capelli e barba lunga, l'aspetto dimesso, eppure con la stessa dignità e solennità dei confratelli. Ti era sembrato qualcuno che avesse da raccontare più di tutti gli altri, come di chi avesse vagato a lungo in cerca di qualcosa, prima di arrivare finalmente sin lassù.
Uno che avesse lasciato tutto ciò che possedeva e fosse passato di casa in casa, di ponte in ponte; giorni e notti passate senza sosta in un'insolita città, dove i fiumi, invece che uno, erano due. Quell'uomo sembrava adesso aver trovato ciò che cercava; forse, soprattutto, il significato della propria mendicanza.
Poi, distolto lo sguardo, avevi guardato nuovamente verso l'abside ed il coro e, per un attimo, tra le colonne, l'avevi visto anche tu. La sagoma di un angelo, bello e sorridente e non più misteriosamente sfuggente, come troppo a lungo era stato; anche quell’angelo, forse, aveva trovato un luogo dove smettere di fuggire e di sparire: un luogo in cui far riposare finalmente il proprio desiderio.
Per un istante era parso anche a te d’aver sempre cercato quell’angelo e quel luogo ed in quell’attimo di scoperta, te ne eri dolcemente compiaciuto.
Momenti interminabili di serena compagnia insieme a quei due, la cui storia, forse, apparteneva un poco anche a te.
La storia del ricco, fattosi monaco dopo che straccione e quella di quell'angelo, l'amico dell'arcangelo Michele.
L'angelo venuto sin lassù da quella strano e lontano luogo, dove due fiumi s'intrecciano incessantemente ogni giorno; due fiumi anima di una città: il Rodano e la Saone, maschio e femmina di Lyon.


Note
Testo liberamente ispirato alla canzone di Francesco De Gregori, “L’angelo di Lyon” ed alla magia di Mont Saint Michel.

3 comments:

hazel said...

Prima o poi ci vado in bici fino lassu'.Sia beato il nostro cardioman preferito!

Paolo Vites said...

meraviglia

Maurizio Pratelli said...

una delle cose più affascinanti che abbia mai visto, li rimasi fulminato, in tutti i sensi.