Friday, July 29, 2016

LA SPERANZA CHE NON MUORE

All’indomani dell’attentato alle Torri Gemelli, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, morta nel 2007 ed oggi, con un processo di beatificazione in corso, annoverata tra i Servi di Dio, ebbe a dire che il mondo, nonostante tanto dolore, stava camminando più decisamente verso l’unità. Una visione paradossale, quasi sconcertante, da parte di una delle figure più innovative della Chiesa post-conciliare, e che torna alla mente di questi tempi, in cui l’orrore ha una cadenza pressoché giornaliera e quella terza guerra mondiale “a pezzi” di cui parla il Papa sembra avere frammenti sempre più estesi, pronti a confluire gli uni negli altri. Cosa spingeva la Lubich a vedere semi di fraternità in quei giorni così drammatici, a non smettere di testimoniare una speranza? La speranza, ha detto di recente padre Pierbattista Pizzaballa, per tanti anni custode della martoriata Terra Santa, è la più piccola delle virtù cristiane, ma è anche quella che tiene unite le altre due, fede e carità. E’ la capacità di vedere, nella fede, ciò che ancora non c’è, e realizzarlo concretamente nell’amore. Questo – egli afferma – costituisce la vita di tanti testimoni, dalle prime pagine bibliche ai martiri odierni. E il cristiano non vince il male, ma agisce per costruire il bene, consapevole che il male non lo priverà mai della propria libertà. E’ ciò che è accaduto a padre Hamel, che, alla fine di un’esistenza vissuta in donazione agli altri, non è stato in grado di opporsi al male che lo ha ucciso, ma ha reso quel male, in ultima analisi, impotente, perché incapace di distruggere il suo cuore. (...) 

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