Friday, December 07, 2007

REALTA'

Alla fine sembrava la scena di un film.
Di quelli con Bud Spencer e Terence Hill, che se uno comincia a dare uno spintone, tutti si prendono a cazzotti non si sa bene perché.
Un ufficio postale qualunque; tanta gente, come spesso accade; tutti nervosi, come quasi sempre succede.
Un signore che ha perso il turno, ma vuole passare ugualmente davanti a tutti.
Anziani pensionati che si arrabbiano, forse già stanchi della vita e per di più irrisi da quel signore con un: "voi cos'avete da fare tutto il giorno ? Io sono uno che lavora".
Spunta fuori il direttore dell'ufficio, tenta di riportare le persone alla realtà, ma alla fine é aggredito anche lui.
"Chiamate il 113" - dice alle sue impiegate - "ora ci scappa anche una querela".
E' davvero troppo, mi monta un senso di tristezza insopportabile; butto il mio numeretto nel cestino e me ne vado fuori: la raccomandata la spedirò domani.

Salto su in macchina, ho ancora così tante cose da fare e il traffico che c'é in giro non fa presagire nulla di buono.
La musica dentro il lettore cd. Accidenti, le vie di Milano non assomigliano per niente a quelle di Nashville, ma con un po' di fantasia posso immaginarmi anche là, basta lasciarsi trasportare da un'armonica o da una steel guitar.
Qualche giorno fa ho letto il brano di un'intervista ad un giornalista musicale (1).
Parlava di emozioni, proprio quelle di cui sento di aver maledettamente bisogno ora:
"La mappa resta aperta se la musica é una sola, per chi suona e per chi ascolta. Se chi suona va verso chi ascolta. Se chi ascolta va verso chi suona. Queste sono le direzioni, perché é proprio così: chi ascolta reinventa la musica ed é almeno la metà di un processo e il rock'n'roll é stato ed é magnifico in questo. Non hai bisogno della Scala. Non ti serve un'orchestra. E nemmeno lo smoking. Ti basta una chitarra, o ancora meno un disco, una canzone alla radio, per sentirti una rock'n'roll star o magari per sentirti meno solo, o meglio ancora, parte di qualcosa. Magari é solo un'emozione, una sensazione, ma basta e avanza a cambiarti la vita".

Mi sembra vero tutto questo.
Sono già dentro quel dannato traffico - sempre lui - ma De Gregori attacca "compagni di viaggio" ed io non mi sento più così tanto solo.


Certi momenti forti della vita, chissà perché, si accompagnano spesso ad una buona tavola ed al buon vino.
Lo sapeva anche Gesù, che quando il gioco si faceva duro provava ad incontrare le persone anche lì. Come quel giorno, che aveva visto Zaccheo sull'albero e gli aveva detto di sbrigarsi ad andar via di là: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua" (2).
O come quell'ultima volta, l'ultima cena, quando provò a spiegare loro la dimensione ed il significato ultimo di un incontro, capace di divenire dimora: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui" (3)

Una cena tra amici - colleghi nella vita - qualche giorno fa mi ha ridato speranza.
Le parole di un amico speciale, meditate insieme, davanti a una zuppa di pesce e ad un bicchiere di vino.
La premessa di una realtà complessa, quella del nostro lavoro di medici, sempre più difficile da vivere. E la tristezza, spesso, di vedere cose che non cambiano mai: "Aiutaci a capire in quale situazione siamo, che cosa sta acacdendo intorno e che cosa sta accadendo in noi, in modo da chiarire le ragioni di una diffusa stanchezza, quella che fa dire ad alcuni tra noi: "non ce la faccio più. Ditemi la ragione per cui valga la pena di andare avanti a fare questo mestiere dopo 10, 20, 30 anni. Non cambia niente..."
Parole dure ? Certamente, ma chi non può dire di passare momenti di stanchezza così, qualunque "mestiere" si faccia ?
Ma poi parlando ad uno ad uno, la speranza si riaffaccia, ed é legata alla presenza di Uno più grande tra noi, che ci costringe a guardare in faccia alla realtà in un modo nuovo: "E' successo qualcosa che ha ridestato l'interesse, che ci ha rimesso in moto: sì, l'incontro: qualcosa che si é insediato in noi e che ha ridestato tutte le nostre esigenze".

Uscendo da lì, quella sera, la realtà non mi faceva più così paura.
E' un abbraccio diverso, quello che si fa strada nel cuore, che non guarda più al particolare.
Neanche quello del mio limite, di fronte a circostanze spesso più grosse di me, che mi fanno sentire solo col pallone in mano, davanti al dischetto del rigore.
E - in fondo - é quello che cantava anche De Gregori, quando, risalito in macchina, ho rimesso su la musica, a farmi compagnia lungo la strada:

"Mino, non aver paura di sbagliare un calcio di rigore,
non é da questi particolari che si giudica un giocatore.
Un giocatore lo vedi dal coraggio,
dall'altruismo, dalla fantasia
".

Il coraggio che si é dato un gruppo di amici.
E che mi ha fatto, ancora una volta, ricominciare.


Note:
(1) "Il Rock'n'roll di Marco Denti" - intervista di Luca Miele a Marco Denti
http://www.bombacarta.com/?p=562#more-562

(2) Vangelo di Luca, 19, 1-10
(3) Vangelo di Giovanni, 6, 56, 14-20

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