UNA ROSA NEL DESERTO
Schizzi ed emozioni suscitati dall'ascolto di un album mai dimenticato
Schizzi ed emozioni suscitati dall'ascolto di un album mai dimenticato
La rivista musicale Jam pubblica questo mese uno splendido e dettagliatissimo articolo su un disco pubblicato esattamente vent'anni fa.
Una lunga ed affascinante cover story, che affonda la propria analisi mettendo in relazione la musica e gli spazi del deserto.
Anche la celebrazione di un vecchio album, però, quasi come a dire: beh, mettetevi il cuore in pace, meglio guardare a quanto di bello ci ha fornito il passato, perché lavori così ormai non li fa quasi più nessuno.
Anche la celebrazione di un vecchio album, però, quasi come a dire: beh, mettetevi il cuore in pace, meglio guardare a quanto di bello ci ha fornito il passato, perché lavori così ormai non li fa quasi più nessuno.
Chissà, potrebbe essere davvero così, o forse lo sguardo critico di tutti noi, che stiamo invecchiando col rock, diviene sempre più nostalgico ed incapace di cogliere le novità.
Certo però che di uscite recenti, ascoltate anche con piacere, ma troppo precocemente finite a far la polvere sugli scaffali, in giro ce ne sono davvero parecchie.
Ma questo disco invece no.
A distanza di vent'anni, The Joshua Tree degli U2 é ancora capace di rinascere a vita nuova ad ogni ascolto.
La musica ti colpisce fin dalle prime note, quelle di un organo che introduce la prima canzone - Where The Streets Have No Name - lasciando subito spazio alla chitarra di The Edge.
Ed il suono che esce da quell'amplificatore ti rapisce subito, per non lasciarti più fino alla fine del disco; un martello incalzante ed inebriante - come in Trip Through Yor Wires o In God's County, ad esempio -, tanto che vorresti non finisse mai di colpire; lo senti duellare ovunque, col basso pulsante di Adam Clayton, con l'armonica e la voce - la splendida voce - di Bono, con le atmosfere di tutto l'album, ora desertiche e rarefatte ora letteralmente devastanti come uragani, in una battaglia che, alla fine, non conosce vinti ma solo vincitori.
Ed il suono che esce da quell'amplificatore ti rapisce subito, per non lasciarti più fino alla fine del disco; un martello incalzante ed inebriante - come in Trip Through Yor Wires o In God's County, ad esempio -, tanto che vorresti non finisse mai di colpire; lo senti duellare ovunque, col basso pulsante di Adam Clayton, con l'armonica e la voce - la splendida voce - di Bono, con le atmosfere di tutto l'album, ora desertiche e rarefatte ora letteralmente devastanti come uragani, in una battaglia che, alla fine, non conosce vinti ma solo vincitori.
Il disco si apre con un trittico da leggenda: Where The Streets Have No Name, I Still Haven't Found What I'm Looking For e With Or Without You.
Se é vero che "nei loro momenti più alti, le canzoni rock danno voce alla ferita dell'uomo che cerca di afferrare il mistero" (1), qui si parte dalle strade drammaticamente senza nome, per dare volto a qualcosa che riempa di significato una ricerca disperata:
Se é vero che "nei loro momenti più alti, le canzoni rock danno voce alla ferita dell'uomo che cerca di afferrare il mistero" (1), qui si parte dalle strade drammaticamente senza nome, per dare volto a qualcosa che riempa di significato una ricerca disperata:
Io credo nel regno che verrà,
Allora tutti i colori verranno versati in uno solo.
Sì sto ancora correndo,
Tu hai rotto i vincoli,
Sciogliesti le catene,
Portasti la croce
del mio peccato,
del mio peccato.
Lo sai che credo,
Ma non ho ancora trovato ciò che sto cercando (2)
Bullet The Blue Sky é il suono che ti circonda, quando sopra di te il cielo é una plumbea minaccia che sembra voler inghiottire il deserto. Questa canzone é uno dei centri nevralgici di tutto il disco e, di fatto, accade anche che il primo lavoro che palesa l'amore per l'America di questi ragazzi irlandesi sia un atto d'accusa contro certo imperialismo stelle e strisce:
Attraverso i muri sentiamo gemere la città,
fuori c'é l'America,
fuori c'é l'America.
Attraverso il campo vedi il cielo squarciato,
vedi la pioggia attraverso una ferita aperta,
battere sulle donne e i bambini,
che corrono,
tra le braccia
dell'America
dell'America
Dolore vissuto e presagio di minaccia ancora, che sembra dissolversi d'incanto quando la chitarra distorta lascia spazio alla bottleneck di Running To Stand Still. La disperazione é ancora vicina ("lei patirà il gelo dell'ago, sta correndo per restare ferma"), ma nella musica il bianco e nero del cielo sembrano lasciare spazio a squarci improvvisi di sereno, che ti conducono ad un tramonto intenso ed inatteso, dolce e struggente almeno quanto l'armonica di sottofondo, alla fine della canzone.
A questo punto, quando la musica era di vinile, avresti girato il disco ed era come l'alba di un nuovo giorno.
Red Hill Mining Town ti accoglie così, ma stavolta non c'é respiro fin dal mattino, in un nuovo quotidiano che, appena iniziato, vede già arrivare senza gioia le luci della notte: "il nostro amore ha visto giorni migliori / sto tenendo duro / sei tutto ciò che é rimasto a cui aggrapparsi / guarda le luci spegnersi su Red Hill".
La tristezza é un grido acutissimo, ma non può, non deve morire su se stessa e finire in un vicolo cieco. Alcuni anni dopo Bono arriverà a dirci: "(...) tutti hanno questo vuoto. Alcuni più nero e più vasto di altri. Esso corre dritto nella tristezza. E' questo che ti fa gridare a Dio". (3)
La tentazione é forte, fortissima, come in Exit, o nella finale Mothers Of The Disappeared, ma il paese di Dio - God's County - sembra davvero lì ad un passo : "abbiamo bisogno di nuovi sogni stanotte / rosa del deserto".
The Joshua Tree non ti lascia tranquillo.
E' un disco musicalmente splendido: ci sono gli U2 in forma come non mai e c'é l'ottimo lavoro di produzione di Brian Eno e Daniel Lanois.
Ma, soprattutto, é un corpo con un'anima.
Per questo non smette di stupire ed é capace ancora di rivelare nuovi spiragli di luce ad ogni nuovo ascolto.
Oggi come allora.
E ancora per almeno altri vent'anni.
E' un disco musicalmente splendido: ci sono gli U2 in forma come non mai e c'é l'ottimo lavoro di produzione di Brian Eno e Daniel Lanois.
Ma, soprattutto, é un corpo con un'anima.
Per questo non smette di stupire ed é capace ancora di rivelare nuovi spiragli di luce ad ogni nuovo ascolto.
Oggi come allora.
E ancora per almeno altri vent'anni.
Post scriptum:E' uscita nei negozi l' anniversary edition del disco: una confezione deluxe comprendente due cd, comprensivi delle canzoni originali, delle b-side dei singoli e di cinque inediti, unitamente ad un ricco libretto e ad un dvd con un concerto del gruppo, tenutosi a Parigi il 4 luglio 1987.
Un'occasione in più per riscoprire uno dei capolavori della discografia degli U2.
Note:
(1) Leonardo Eva, Walter Muto, Paolo Vites - Good Rockin' Tonight - Itaca edizioni
(2) "I Still Haven't Found What I'm Looking For"
(3) ibid. (1)
4 comments:
ma sarà un bell'articolo questo di jam? mah... mica mi fido tanto...
bello, bello, soprattutto l'intervista a John Waters... :-)
Io nel mio paesino la rivista non sono riuscito a trovarla. Mi aiutereste a procurarmela o almeno a ottenere le fotocopie delle 10 pagg. dedicate agli U2, pagando naturalmente? Fatemi sapere il Vs. preventivo, è importante.
clfanzine@tiscali.it
Grazie
Vincenzo
Caro Vincenzo, per quanto mi riguarda, il mio unico canale d'accesso per ottenere JAM é l'edicola. Se chiedi ad un edicolante disponibile, dovresti comunque riuscire ad ottenerla. Oppure contatta direttamente JAM sul sito per avere un arretrato (ormai siamo quasi a gennaio e il numero é di dicembre 2007).
Fotocopie purtroppo non se ne possono fare perché vi é una legge sul copyright che rende impossibile farlo.
Cari saluti,
Fausto
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