Un cult-movie, senza dubbio, con tanto di siti web ad esso dedicati.
Sta di fatto che, a dispetto della storia triste, rimane ancora un gran bel film.
Wim Wenders che si cimenta per la prima volta in una storia d’amore e lo fa in un modo tutto suo.
Un racconto anomalo, tutto americano, frutto della mente di quel Sam Shepard ritrovatosi di lì a poco anche con Bob Dylan, in quella “Brownsville Girl” scritta assieme, anch’essa lontana anni luce dal mito di un’America fuoriuscita da un catologo del Marlboro Country Travel, e capace di compiacersi nel fascino che ne deriva dall'esserne così distante.
Scenari western, deserti del New Mexico e dell’Arizona, girovagati a lungo da Wenders prima del film, in un voyerismo fotografico straordinariamente espressivo, che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, anche nelle numerose mostre allestite sul regista.
Ry Cooder ci mette del suo, con una musica a dir poco stupefacente.
L’uso sagace del bottleneck, la slide guitar, a creare le atmosfere desertiche più idonee alle immagini del film, al punto da costituire non più semplice colonna somora, ma opera a sé stante, capace di suscitare emozioni proprie e muovere l’immaginario in una sorta di etereo trance.
Il tutto avvalendosi dell’aiuto del fidato David Lindley, uno che nei settanta, quando il west-coast sound era un mito per tanti di noi, non era certo lì a fare da spettatore.
Il film non é altro che la storia di una famiglia che non é riuscita a stare in piedi, vittima di quell’America errabonda e perennemente alla ricerca di un’identità, incapace di vivere le proprie responsabilità, ma anche altrettanto piena di quel grido rivolto alla Realtà di farsi presente.
Il grido di Jane (Nastassja Kinski), abbandonata dal marito, allo sbando nel suo sbarcare il lunario nei peep show, ma che nella drammaticità della sua vita non perde una stilla di sangue del suo essere madre del figlioletto Hunter.
Il grido di Travis (Harry Dean Stanton), incapace di resistere alla propria folle gelosia, distruttore di sé e degli altri, ma capace alla fine di recuperare la maternità di Jane, apparentemente relegata in una deriva di sofferenza senza senso.
La soluzione felice sembra ad un passo, ma la storia non può giungere così in là: Travis non appare in grado di riproporre a se stesso una possibilità.
Eppure, alla fine, quel senso di famiglia ti rimane dentro lo stesso.
Quel grido d’impotenza, la deriva sempre possibile dietro l’angolo, non é esclusiva di qualche personaggio estremo, elaborato dalla genialità di un bravo scrittore o regista.
E’ un qualcosa dentro ciascuno di noi, pronto a far capolino appena pensi di poter camminare da solo, nella presunzione di un bastare a noi stessi nella bontà delle passioni e dei sentimenti che abbiamo dentro.
Come dice Paola Scaglione: “A indicare l’orizzonte della vita a due non c’é il reciproco guardarsi negli occhi di chi si illude che si possa amare sul serio l’altro escludendo il resto dell’esistenza, ma il camminare insieme nella medesima direzione. Perché non ha altra scelta chi, pur desiderando amare in modo totale, scopre che la propria fragilità lo rende incapace di una simile pienezza”
8 comments:
forse è ora che veda qs film... dvd anybody?
io ho solo il VHS (searching for dvd, anyway) ... se lo vuoi fammi un fischio !
that would be nice... next time we see for dinner :-)
good idea...we should decide to arrange it !!!
as long as i dont have to pay :-)
sembri quasi un genovese....
belin! i was born between portofino and sestri levante....
ciumbia, I know... Lavagna, isn't it ? beautiful places, anyway :-)
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