Wednesday, April 02, 2008

IL SILENZIO DI ADAM


"The silence of God is God"
(Carolyn Forché - The Angel Of History)



Che Adam Duritz non sia un tipo semplice, acqua e sapone, è fatto risaputo e d'altra parte il suo spazio su Myspace.com inizia proprio con le testuali parole "I'm just a wired guy". Così non può certo stupire che anche l'ultimo atteso lavoro coi suoi Counting Crows - Saturday Nights & Sunday Mornings -  inizi in modo duro e sferzante, con la prima track del disco - 1492 - a lasciarti subito senza respiro sia nel testo che nel ritmo incalzante.
Eppure, superato l'urto iniziale, questo è un disco che non ti disturba affatto.
Anzi diviene a poco a poco affascinante, musicalmente attraente com'è, e concept-album quale si rivela, vero e proprio lp d'altri tempi, quelli in cui la prima facciata del disco poteva avere un significato ben preciso, da mettere di fianco alla seconda, come due capitoli di un libro da leggere tutto d'un fiato. E infatti qui si parte su ritmi densi e martellanti, fatti di un rock di classe ma incisivo, per passare ad atmosfere improvvisamente calme e di ampio respiro, di sapore più decisamente country e folk.
E' un percorso voluto, quindi; quello che dalle atmosfere del sabato sera, allucinate e alla deriva, porta fino a quelle della domenica mattina, in cui la realtà ti riappare davanti per ciò che è realmente e, smaltita la sbornia, lascia spazio al rimorso ed al rimpianto. Un passaggio che, ascoltando il disco, avverti netto, quando le chitarre sferraglianti di Cowboys vanno letteralmente in frenata alla fine del brano e quei pochi secondi che le separano dalle prime note di chitarra acustica di Washington Square ti appaiono la resa della notte di fronte all'alba del nuovo giorno.
Questa è la trama del racconto, il percorso da peccato a pentimento, che Duritz stesso spiega e delinea, a vantaggio di chi non si sia accorto già da solo della strada su cui viaggiano le canzoni dell'album. Eppure questa non è storia di redenzione: è stato già scritto da altri (1) ed è profondamente vero. Ma può significare forse che essa non ci sia, che questa non possa divenire il capitolo successivo del seguito della storia, l'epilogo di una giornata - Sunday morning - che è appena cominciata ?




Su Myspace.com il cantante racconta cosa gli accadde anni fa, quando, ragazzino, si trovò in Israele, "walking into Jerusalem looking for God". E, tra derive trasgressive che ormai non ci sorprendono più, inframezza immagini, quasi inopportune, d'istanti prolungati, trascorsi davanti al muro del pianto, seduto quasi in attesa di lasciarsi provocare da una realtà che a lui sembra non manifestarsi, ma che forse ha solo bisogno di occhi nuovi per essere vista.
E cita il silenzio di Dio: "the silence of God is God", quasi a dire: mi son messo lì, l'ho voluto, l'ho cercato e l'ho aspettato, ma non sono riuscito a trovarlo.
E' una frase tratta da un libro di Carolyn Forché, autrice americana che parla anche di ebrei.
Ed è frase terribile, che narra di un silenzio preoccupante e disarmante, che sembra far capolino nei momenti peggiori dell'esistenza di ciascuno, non solo in drammi della storia quali l'olocausto della seconda guerra mondiale.
Ma quello stesso silenzio l'ha citato anche un papa, tedesco come l'oppressore, ma capace di farsi uno con gli afflitti come Cristo, e che anch'egli - non è un caso, forse - cita il silenzio nel momento in cui, quale viandante e mendicante di Cristo, visita Auschwitz nella primavera del 2006.  Ecco, allora, le parole del Salmo 44 : "Perché dormi, Signore ? Perchè nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?". Ma ecco anche la capacità di andare oltre, nell'aiutarsi a riconoscere che "il nostro grido verso Dio deve essere al contempo un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio. (...) Il Dio in cui noi crediamo è un Dio della ragione, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene.  Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio" (2)


Dentro la mia storia, specie negli ultimi tempi, c'è un altro tipo di silenzio, che avverto farsi strada a poco a poco. 
E' il silenzio che vuol farsi vuoto, che non ha paura di gridare, di chiedere aiuto, ma che vuole anche lasciarsi plasmare. Ed è un silenzio che fa contrasto con tutto il chiasso che c'è là fuori.
Ma il rock di Adam Duritz e dei suoi Counting Crows, ora sferzante, ora struggente, non è rumore che possa disturbarlo.
Anzi lo aiuta, invece.
A riempirsi sempre più di Significato.

Note:
(1) Grazie a Claudio Todesco, per il suo articolo "Counting Crows - Peccato e Pentimento", pubblicato su Jam di marzo 2008 
(2) Il discorso di papa Benedetto XVI, pronunciato in occasione della visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau il 28 maggio 2006, si trova qui.

2 comments:

Paolo Vites said...

splendido post pieno di spunti - il disco dei CC mi piace molto, forse più per il concetto che c'è dietro che per le musiche, o almeno alcuenche mi sembrano un po' forzate rispetto alle reali capacità di gruppo e cantante - cmq è un disco da aprofondire a lungo da ogni punto di vista, liriche comprese - la frase 'the silince of God is God', forse non ho capito io, ma misembra più positiva che disperata, come dire che il silenzio di Dio è solo apparente, e che comunque è un silenzio più fragoroso di ogni voce umana

o no?

thanx for the post

Giova said...

Bel post, anch'io trovo l'album dei CC molto bello, sia nell'idea di fondo che nella realizzazione. Se davvero non si parla di redenzione, ma solo di peccato e pentimento, mi sembra comunque più leale di chi si sente a posto: è come se Duritz avvertisse che la risposta va prima (ri)scoperta nella propria vita e poi magari si mette anche in musica. Interessante anche la tua chiusa sul silenzio che non è semplicemente lo stare zitti, anche se tante volte lo presuppone, ma riconoscere uno che ti sta parlando in ogni circostanza, un lavoraccio insomma. Ciao. G.