Monday, April 20, 2009

IN LINE WITH MY HORIZON


In line with my horizon
emozioni di viaggio,
lungo l'ascolto dell'ultimo disco degli U2



L'inizio di Unknown Caller é ipnotico. Note magiche ed avvolgenti, come le prime luci dell'alba. Accompagnano il torpore del tuo io, ancora troppo in balia delle emozioni, per poi scuoterlo con forza e richiamarlo alla realtà, ancor prima che sia il sole a farlo, quando, ormai alto, divenga efficace nel risvegliare il desiderio più profondo del tuo cuore.
Tutto l'impatto emotivo musicale con questo disco é un su e giù, un'altalena di sentimenti ora di speranza e frenesia, ora d'intimo ripiegamento su dubbi, ma anche su ciò che conservi di più prezioso. Pennellate di colore potenti - non certo tenui acquarelli - ma tinte di pittori fiamminghi, che ti trapassano attraverso i colpi di plettro della chitarra di The Edge, o passaggi epici che rimandano alla mente echi di Pink Floyd.
Fin dalle prime note del disco ti eri sentito afferrato così.
Una sorta di urto violento, un muro di suono - wall of sound tutto targato U2 - che ti era venuto innanzi senza sconti, solo addolcito, forse, da bassorilievi quali la chitarra di Edge - ancora lei - o le pieghe affascinanti della voce e dei sospiri di Bono.
Quel muro, incisivo ed improvviso, aveva rotto la crosta del tuo io, troppo ripiegato su di sé per vedere al di là del proprio naso.
E così una sorta di solennità ti aveva preso a poco a poco, costretto ad entrare tra le note, a riascoltarle con attenzione, sino a scoprirne le pieghe più nascoste e, con esse, quelle del tuo presente che tentavi in qualche modo di allontanare.
Era così che "No line in the horizon" era divenuto richiamo netto all'infinito, dentro l'orizzonte apparentemente limitato del tuo vivere quotidiano.

Ed era così che l'urto aveva prodotto - a poco a poco anch'esso - una resa.
Perché di resa si era trattato - sorprendentemente dolce e priva di dolore, peraltro - quand'eri giunto a Moment Of Surrender. La canzone più lunga di sempre degli U2, quella che secondo Brian Eno sarebbe la migliore mai incisa con lui dalla band, doveva pur significare qualcosa. Resa di fronte al dolore che l'uomo é capace di procurarsi da sé, stazioni di via crucis capaci d'interrogarti nel profondo: "I was speeding on the subway / through the stations of the cross". Racconta Bono, a proposito di questa canzone: "Conosco molte persone, non ultimo il bassista della mia band che hanno dovuto affrontare i loro demoni. Forse c’è una parte di me che pensa: “Wow, ci sono andato vicino!” Ho anch’io la mia vena selvaggia, e so perfettamente con quanta facilità io perda le staffe. Sai: se vado in chiesa non è solo perché mi piace l’architettura religiosa…".
Ma quella resa ti si era resa ancor più evidente quand'eri arrivato quasi alla fine, sull'unica vera "resa sonora" del disco, quella White As Snow così dolce ed avvolgente, ma allo stesso tempo così simile ad un disperato grido di bisogno: la consapevolezza di non farcela da soli: "Un tempo sapevo che vi era un amore divino / Poi venne il tempo in cui pensai che non mi avesse conosciuto / Chi può perdonare il perdono quando perdono non é / Solo l'agnello bianco come la neve" (White As Snow).



Solo arrivato a quel punto ti era parso di sentirti finalmente liberato, perché avevi scorto un amore più grande, capace di guarire le ferite più profonde e persino le cicatrici: "God is love / And love is evolution's very best day" (Stand Up Comedy), "Only love can leave such a mark, only love can heal such a scar" (Magnificent). Ed era di questa prospettiva che scoprivi d'aver bisogno perché il sole potesse spuntare nuovamente all'orizzonte; occhiali che sapessero vedere la realtà per ciò che é, un disegno d'Amore al di là della sofferenza contingente, una moneta già pagata da Qualcuno più grande di te e della tua storia, ma che ha a cuore entrambe e la tua capacità di cogliere il significato di ciò che accade. E' una "vision over visibility" quella che si fa strada un po' alla volta, quella che sembra stare a cuore a Bono e compagni: "Non sono tipo da tatuaggi, ma se ne avessi uno, sarebbe quello. Elvis aveva "Take care of business", io avrei "Vision over visibility".


Sono appunti di un viaggio felice, questi, presi navigando sulle note dell'ultimo lavoro degli U2. Una musicalità che mi attrae, forse un po' sovraprodotta dal lavoro di Brian Eno e Daniel Lanois, ma incisiva ed efficace nell'impatto sonoro complessivo. La voce di Bono ancora in forma smagliante, ma soprattutto il fatto che abbia ancora qualcosa da dire e da cantare a squarciagola.
Qualcosa che oggi ha fatto irruzione nella mia giornata, facendole rammentare che é sempre sostenuta da un Amore più grande.
La grazia di una Misericordia, oggi é passata attraverso luci e suoni:
"Walk out, into the sunburst street / Sing your heart out, sing my heart out / I’ve found grace inside a sound / I found grace, it’s all that I found / And I can breathe / Breathe now"

"Esci fuori, nella strada bruciata dal sole / canta il tuo cuore, canta il mio cuore / Ho trovato grazia dentro un suono / Ho trovato grazia, é tutto quel che ho trovato / E posso respirare / Posso respirare ora" (Breathe)





Note e ringraziamenti
:
Nel corso del mio viaggio mi sono avvalso di alcune utilissime note tratte da questo sito:
http://digilander.libero.it/u2anchetu/index.html


2 comments:

Maurizio Pratelli said...

Porca miseria Fausto, proprio non riesco a farmelo piacere. Lo trovo pallido come la copertina.

Fausto Leali said...

Oooh, finalmente ci troviamo in disaccordo su un disco.. :-)))

Comunque é difficile da spiegare, ma... questo é un cd particolare per me, forse perché é entrato dentro ad emozioni, fatiche, momenti di vita vissuta: quelli che ho provato a descrivere in "Let's Stick Together"..
Opinioni personali, comunque!