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Poco più in là, una giovane
coppia musulmana osserva, in rispettoso silenzio, mentre i loro bambini giocano
sullo scivolo del parco giochi. I loro sguardi sembrano colmare all’improvviso
ogni distanza sociale e culturale e mentre prego mi scopro a pensare che è
bello che in fondo sia proprio una donna la mediatrice di tutto questo. Abbiamo
un Padre, abbiamo Cristo che si è fatto nostro fratello, ma abbiamo anche una
Madre a cui è stata affidata l’umanità intera. E l’amore di una madre è quello
di cui nessun essere vivente riesce in alcun modo a fare a meno. Forse è per questo
che spesso la fede rinasce nei santuari mariani, sulle macerie delle lotte e
dell’odio, di ogni peccato e contraddizione. Perché ciò di cui c’è bisogno, per
poter ricominciare ad amare, è di uno sguardo d’amore gratuito, senza misura,
sentito prima di tutto su di sé. Non puoi portare amore dove non c’è amore, se
quello sguardo non l’hai sentito prima sui frantumi del tuo io.
Il rosario volge al termine, il
sole è tramontato, la famigliola musulmana s’incammina verso casa. Il gruppetto
di persone si saluta e si ritrova, sorride, rinnova la bellezza di un cammino
che, tra mille affanni, continua a compiersi insieme. Dopo i saluti, ognuno
s’allontana, la direzione della strada verso casa sembra la prosecuzione di
ciascuno di quei raggi, disegnati ancora dalle piastrelle del pavimento del
parco. E la piazza si svuota, ma rimane piena di uno sguardo. Quello di una
Madre, che non smette di accompagnare il nostro cammino.