Saturday, May 17, 2008

BRINGING IT ALL BACK HOME

"Sono stato costretto a guardare la realtà con i miei occhi, ad ascoltare con le mie orecchie, a toccare con mano. Mi sono ricordato che, da qualche parte, c'era un cuore e, per quanto maltrattata, avevo un'anima. Così ero stato allevato e ben educato: era il caso di ricominciare da lì. Trovarmi altri maestri, nuovi insegnanti, vecchi insegnanti"

(Giovanni Lindo Ferretti)


Non sono mai riuscito ad imparare a suonare la chitarra.
Il che, per uno che porta il mio nome e che non perde occasione per interessarsi di musica, non è davvero il massimo.
Comunque quand'ero giovane ci avevo provato, almeno per un po' di tempo.
Ricordo che allora - erano appena iniziati gli anni ottanta - mi ero comprato in edicola una rivista-manuale per autodidatti, edita da una certa "Lato side". Arrivato a casa la aprii e - fantastico! - c'era davvero tutto: gli accordi, il metodo e pure due piccoli dischi di plastica, quei 45 giri così leggeri che se li prendevi in mano si piegavano letteralmente in due... Poi cominciai a guardare le canzoni da imparare man mano che si progrediva nell'apprendimento, ma il mio entusiasmo si affievolì. Cercavo Dylan e Neil Young, ma lì trovai dell'altro. C'era Bandiera Rossa ed altre canzoni più o meno dello stesso repertorio.
Tra tutte, anche una di un gruppo che non avevo mai sentito, dal nome per lo meno curioso: "CCCP fedeli alla linea". Perbacco, già allora il nome CCCP suscitava in me immagini cupe e da incubi notturni, che partivano dalle purghe staliniane per arrivare al KGB... E allora fedeli a che cosa? Ad un regime del terrore? Ma tant'è, erano tempi strani e questo gruppo di cantanti strano lo era davvero. Oltre tutto erano pure punk. Come i Sex Pistols, insomma, o i Clash. Già, che poi i Clash non erano mica un gruppo punk, ma questo è l'inizio di un'altra storia...
Così, alla fine, misi la rivista in un angolo e finii per non toccarla più, non mi pareva il manuale più idoneo per appropriarmi della tecnica chitarristica. E dopo un po' , purtroppo, misi da parte anche la chitarra, andando avanti solo ad ascoltare dischi.


Sono passati parecchi anni, i capelli cominciano a diventare grigi e c'è anche chi di capelli non ne ha proprio più. Accendo la tv, un giorno quasi per caso - lo faccio di rado, ormai, ne vale sempre meno la pena - e chi rivedo, all'improvviso? Ma sì, è proprio lui, Giovanni Lindo Ferretti, il leader e cantante degli ormai sciolti CCCP! Ed è riconoscibilissimo, stesso sguardo penetrante, ma che ora pare molto più dolce. E stesso tono di voce, come quando cantava Punk Islam: un po' più calmo forse, ma sempre netto e deciso.
Solo che adesso racconta di cose diverse, per esempio del libro che ha scritto e che narra della sua vita e di tante altre cose.



Il libro è uscito già da un paio d'anni, ma io l'ho letto da poco.
L'ho trovato qualche tempo fa, nella sezione "musica" di una famosa libreria milanese, ma in fondo con la musica c'entra davvero poco o nulla.
Reduce non è un libro di facile lettura.
Prima di tutto perchè il linguaggio di Ferretti non è facilmente assimilabile, così di primo acchito. E' prosa, ma rasenta la poesia. E allora va centellinato, letto e riletto, fatto proprio a poco a poco, perchè ogni capitolo del libro possa svelare la profondità che vi è dentro.  
Poi perchè il contenuto - autobiografia sui generis - è la storia di un percorso, che è sì autocritica, ma soprattutto fede ritrovata, non solo nel senso più pieno del termine, ma anche nella riscoperta delle proprie origini e tradizioni, la riconquista di un patrimonio che è faticosa esperienza di vita di coloro che ti hanno preceduto, donato la vita e cresciuto, spesso senza fronzoli e con tanti sacrifici.
E infatti lui si definisce un "reduce", uno che ritorna da una guerra, ma non quelle dei nonni, che magari da quelle vere, combattute con le armi, non erano neppure tornati; bensì da una guerra "dello spirito", come la definisce lui, peraltro non meno spietata e terribile delle altre.
Certo non tutto il contenuto del libro è condivisibile, ma il punto non è questo.  
La positività è dentro il desiderio, la risposta ad un bisogno, la scomparsa della paura di affrontare la realtà dopo la caduta dei pregiudizi.
Ed anche tanta umiltà e lucidità :

"E' l'Infinito, l'Indefinibile, che ci salva. Ci obbliga ad interrogarci su vanità, arroganza, potenza e prepotenza. Misericordia, compassione, carità, amore. Cos'è la verità?
E' l'Infinito, l'Indefinibile e il rapporto che noi instauriamo con Lui a permetterci la meraviglia, la commozione della bellezza, l'altro da noi esseri finiti.
E' la tensione ad aprire nel proprio quotidiano squarci traverso cui un po' di Infinito possa trapelare fino a noi a rendere la vita degna di ogni benedizione.
Dono infinibile che nessuno riuscirà mai a finire ma ognuno può vanificare per proprio libero arbitrio"


Alla fine, comunque, lo sguardo ribelle del punk, Ferretti lo conserva ancora ed in fondo è giusto che sia così.
All'intervistatore della RAI che gli chiede se la definizione di "punk cattolico" possa andargli bene, lui risponde sorridendo che le due cose possono andare tranquillamente d'accordo.
Ma lo sguardo sulla realtà del Ferretti di oggi è molto più maturo del giovane punk filosovietico che capeggiava le fila dei CCCP fedeli alla linea.
Ed è uno sguardo dal quale credo che chiunque possa imparare.
Già imparare... un giorno o l'altro, comunque, voglio provare a riprenderla in mano la chitarra.
In fondo, se c'è una regola che mi piace nella vita, è che non è mai troppo tardi.

4 comments:

Paolo Vites said...

Lato Side.. hehe dovevi aspettartelo.. splendida lettura di lunedì mattina, grazie

Anonymous said...

Suggestiva questa storia, queste grandi "conversioni" . . . fanno pensare, a me, di essere da poco, poi . . . ultimamente mi è stato fatto notare che anche la vita quotidiana, ben spesa, può far pensare a Qualcuno, non solo i grandi gesti!
Benchè i grandi gesti servano!
Spero di aver recuperato bene il pensiero, come lo ricordo . . . era gennaio!
Ciao, R

Fausto Leali said...

La santità si costruisce sul quotidiano... Chiara "Luce" Badano, di cui ho talvolta scritto nel mio blog disse una volta: "Bisogna saper morire a colpi di spillo per saper poi morire di spada".
E dentro la sua storia di santità ci sono stati poi i grandi gesti (come talora il rifiutare la morfina per alleviare le proprie sofferenze)..

Un abbraccio,
F.

Anonymous said...

Vabbé ho capito, a furia di sentirne parlare dagli amici, me tocca leggerlo sto libro impossibile svicolar.