Saturday, December 11, 2010

SHOOTING STARS




Thank your luckystars all the way
No one thought you'd still be here today
(Neal Casal, Luckystars)

Le canzoni di Neal Casal accompagnano dolcemente i miei percorsi autostradali. Adoro i dischi di quest'uomo. Ricordo un'intervista, letta da qualche parte un po' di tempo fa, dove gli si diceva che in fondo era un vero peccato che lui fosse il chitarrista di Ryan Adams e non viceversa. Neal si era trincerato dietro un sorriso, neppure troppo compiacente: "sono felice di fare il mio lavoro", aveva risposto. Una lezione d'umiltà che solo pochi sono capaci di dare.
Già, che bella cosa l'umiltà. Una virtù che conosco e pratico troppo poco. Ma non é mai troppo tardi per riprendere a percorrere il cammino buono.

Seen a shooting star tonight
And I thought of me
If I was still the same
If I ever became what you wanted me to be
Did I miss the mark or over-step the line
That only you could see?
Seen a shooting star tonight
And I thought of me
(Bob Dylan, Shooting Star)

Non c'é solo Neal, c'é anche Dylan con me, lungo i miei viaggi di ogni giorno. Lui non mi abbandona mai. E questa notte la mia musica e la mia strada mi hanno riportato qui: quel decimo piano, con le luci della città laggiù sullo sfondo. Come ogni giorno, peraltro, da molto tempo a questa parte. Casa e ospedale, andata e ritorno, stesso percorso rotolante avanti e indietro, punteggiato dalle canzoni, ma spesso e volentieri anche da pensieri che diventano preghiera.
Così, due o tre del mattino, quel che é, e sono un'altra volta qui, davanti alla mia dolce e cara macchinetta del caffé. In fondo questo é il mio personale osservatorio sul mondo. Anzi, soprattutto su me stesso. Il castello esteriore e quello interiore, che vedo venir su, pietra dopo pietra, a poco a poco. E questa notte, oltre alla luci della città, ci sono anche le stelle. Stelle cadenti e stelle fisse, luminose, dritte in mezzo al cielo.
Su quelle cadenti sto imparando tante cose, ora che molta acqua é passata sotto i ponti ed altrettanta ne sta passando ad ogni istante. Che si tratti di rivoli o fiumi in piena, comunque, é sempre ed invariabilmente acqua benedetta, che mi piaccia o no. Che si tratti di fonte che disseta o burrasca dalle conseguenze scomode o inattese.
Il fatto é che, in ogni circostanza, c'é una ricchezza di grazia che non manca mai.


La prima stella cadente é stata questo blog e tutto quello che si é portato dietro troppo a lungo. Uno scenario infarcito di orgoglio e narcisismo, distaccato quanto basta dalla realtà e da coloro che mi hanno sempre voluto bene. E allora perché tornarci sopra di nuovo, dopo aver detto di non volerne più sapere? Forse perché é vero quello che mi ha detto un caro amico: "Il blog aveva luci ed ombre. Delle ombre sai ormai tutto: autogratificazione, esercizio d'estetica, eccessivo tempo, esclusivo rifugio, proprieta' privata.... Litanie in negativo. Le parole sono diverse, ma la musica e' la stessa. Non senti? Turris eburnea, ianua coelis, salus..., refugium..., consolatio.... Le luci dovrebbero valere di piu', ne hai i segni... e anch'io gironzolavo con piacere nel giardino dei tuoi pensieri, traendone beneficio..."
Riproporsi qui, allora - di tanto in tanto e con più saggezza ed equilibrio - significa provare ad indossare un vestito nuovo, che quelle ombre sappia scrollarsele davvero di dosso. E' un passaggio delicato, questo, molto profondo. Ma possibile. Ed io voglio provarci, in qualche modo.
Un blog fatto di carne e di sangue, come la vita vera, l'unica che conta, non quella inutile e virtuale. E messa nelle mani di un Altro. Come strumento e testimonianza del Suo amore.



La seconda stella cadente é stata, di nuovo, un vestito. Il camice da dottore, questa volta, messo da parte per un istante perché in quelle stanzette d'ospedale, adesso, c'é il volto di persone amate. Tutta la sicurezza di un mestiere a lungo collaudato vacilla paurosamente ed il volto del turbamento é scorto con chiarezza da chi ti sta davanti. Al collega che ti chiede come stai, rispondi senza pudore, svelando la tua debolezza senza veli, ma gli mostri anche che il trovarsi dall'altra parte sia parte di quell'educazione di cui hai bisogno, per andare avanti a fare sempre meglio questo mestiere così strano. Non é così, di solito, non é così quando il male riguarda tutti gli altri, e chi ti ascolta ti dice che é legittimo che ognuno tiri su le sue difese. Altrimenti - ti risponde - come faremmo a farcela ad andare avanti? E invece no che non é neppure così, se ti guardi davvero fino in giù nel profondo, senza sconto alcuno: "Il medico deve essere vero con se stesso e con la sua vita. Per poter vivere con verità il destino dell'altro deve essere aiutato a vivere con verità il proprio destino. Deve imparare a giudicare la sua vita e le sue azioni non sulla base del loro esito, ma sulla base di ciò che le muove. E questo avviamento non é istintivo, ma é l'esito di una compagnia e di una educazione."(Antonio Rodari).
Le difese non servono a nulla, certamente non ad andare avanti meglio . Stelle cadenti anche loro, questa sera.

L'ultima stella che ho visto andare giù é la stella del mio io.
In fondo quell'io, senza un abbraccio d'amore che lo sostenga e dal quale lui non tenti di fuggire, non é altro che un idolo, un dio decapitato. Un "Dio", appunto, che, con la testa mozza, diventa solo un "io": povera cosa. Ma se quell'io agisce come un "Tu che mi fai", allora sì che diventa un uomo, capace di fare cose grandi, perché strumento dell'Amore che, fattosi carne sino a provare l'abbandono, alla fine del terzo giorno é finalmente risorto.
La pretesa di un amore, elargito a prescindere da quel Tu che mi fai, é l'ultima stella a cadere questa notte. Se c'é qualcosa da donare ancora, saranno frutti di alberi cresciuti da semi che hanno saputo marcire nella terra. Note di una canzone da sempre amata.
Musica che continua ad accompagnare ogni mio passo, anche questa notte.





In mezzo a tante stelle cadenti, questa notte ne ho vista una fissa, lassù in mezzo al cielo, a forma di cometa. E mi é sembrata infinitamente più bella delle altre.
Qualche giorno fa un vicino di casa si é lamentato con l'amministratore di condominio per il monopattino di mio figlio, lasciato troppo spesso, a detta sua, sullo zerbino di casa nostra, in quel cosiddetto "spazio comune" che non deve essere occupato da oggetti personali. Sarà che i bambini, al giorno d'oggi, danno fastidio a molti. Io, comunque, il monopattino l'ho tirato dentro, ma qualche giorno fa, mentre sistemavo gli addobbi natalizi, oltre ad appendere due angioletti sulla porta, ho messo sul muro del pianerottolo - spazio comune, appunto - anche un disegno che uno dei miei figli ha fatto un po' di tempo fa. Un pezzo di cartone rotondo, qualche bel colore ed una scritta al centro, che recita così: "Vieni Signore Gesù".
Questa sera, mentre vedo cadere le stelle cariche dei peccati del mondo, ne guardo un'altra, luce fissa in mezzo al cielo e più bella delle altre, e penso a quella frase, che invoca la venuta e la presenza di Quel bambino. L'unica speranza per questo mondo triste ed affaticato, ma che possiede ancora un cuore capace di desiderare cose grandi.

8 comments:

Paolo Vites said...

mmm quell'intervista a neal casal mi sembra di ricordarla. non credo ci sia narcisismo a parlare di sé. siamo sulla terra per affermare il nostro io. come possiamo e come dobbiamo. il narcisismo lo lascerei a julian assange :-)

welcome back, ance se a intermittenza

anna said...

Ciao Fausto! "Ovunque possiamo cadere, cadiamo nelle Sue mani"
(l'ho appena riletto da un messaggio di Benedetto XVI di qualche giorno fa...)
Buona settimana

Anonymous said...

welcome back
wolf

Maurizio Pratelli said...

pochi ma buoni!

Anonymous said...

Niente ti turbi,
niente ti spaventi.
Tutto passa,
Dio non cambia.
La pazienza
ottiene tutto.
Chi ha Dio
ha tutto.
Dio solo basta.

Teresa d'Avila




[blues]

allelimo said...

bentornato

Fausto Leali said...

grazie Alle, di vero cuore

e buon Natale!

Anonymous said...

il quadro di william congdon che vedo nel post merita davvero un commento speciale: che spettacolo!!!!