Ha fatto la cosa più rock'n'roll di tutte. Andare dietro al desidero ed all'attesa che aveva nel cuore. Non vada, signor parroco, non entri in chiesa, che qua tra un po' viene giù tutto. E lui niente, non ascolta nessuno, entra dritto e deciso: c'è la piccola statua della Madonna da salvare.
Il Signore se l'é preso quand'era pronto: al culmine di un atto d'amore. A noi, ora, colmare col nostro, di amore, ciò che resta da fare. Basterebbe riempire di esso anche solo l'attimo presente del nostro povero e misero agire quotidiano, lì dove Dio ci ha messo giorno su giorno. A Maria non smettere di fare ciò che ha sempre fatto, sin da quando Giovanni l'ha presa con sé dopo la morte del Suo Figlio in croce.
"Something is happening here and you don't know whati it is. Do you, mr. Jones?"
Mi sono svegliato al tremare del letto. Nel silenzio dell'oscurità ho udito vibrare le mura della stanza. Non ci siamo detti nulla in quegli istanti, solo ci siamo stretti forte la mano. Fuori di noi la paura, dentro le mani il nostro amore. Senza parole, di notte, solo il nostro amore.
A chi appartiene la notte?
Percorrere la città quando tutto é oscuro. Incrociare volti così diversi da quelli che sfilano via senza ragione durante il giorno. Ogni frenesia é scomparsa all'orizzonte insieme al sole e con essa l'illusione che solo ciò che é veloce abbia ancora un senso. Attimi uno dopo l'altro, fatti di un nervosismo presuntuoso, villano ed ignorante. Eppure non sono altre facce, quelle della notte, ma gli stessi, identici, visi di ogni giorno. Lineamenti di volti divenuti finalmente anima e pensiero, liberi di camminare davanti ad una strada libera. Tratti di un pennello che dipinge espressioni nuove.
Milano di notte é povertà e criminalità percepibile e vistosa, ma anche, soprattutto, gente comune che smette di correre e di urlare. Un gigante d'argilla che, dopo il tramonto, cade a terra, sgretolato dalle mille crepe che l'hanno attraversato durante il giorno. E che, curvato finalmente lo sguardo su di sé, scorge quello spazio largo e disteso che non trovava prima.
C'é bisogno di percorrerla al buio, la città. Quando le auto sono chiuse dentro ai garages o ferme a ridosso dei marciapiedi vuoti. E di guardare. Non smetterei mai di farlo. Attraversarla da un capo all'altro e fermarmi ad osservare. Un viso triste, chino sulla fermata di un autobus che non arriva mai e che quando giunge non ha più un posto dove poterti portare. Un volto che avanza, inesorabilmente lento, pedalando su una bicicletta sgangherata. Una coppia che si bacia, una scritta sul muro, o un ubriaco fermo, appoggiato ad un lampione. Ogni faccia col suo dramma dentro, o con la gioia d'un istante durato troppo poco. Per tutti lo stesso, insopprimibile, desiderio di felicità. Milano di notte é la Milano esistenziale, quella più facile da amare. Se ci fossero finestre senza tende, in questa brutta e insopportabile città, potresti leggere le stesse storie anche negli occhi sepolti dentro appartamenti troppo piccoli per contenere le vicende di un'esistenza intera.
Se c'é qualcosa che sta accadendo ora, la notte é il momento in cui quel qualcosa si fa tenero e struggente. Ed é ora che non voglio lasciarmelo sfuggire. Perché sappia riconoscerlo anche domattina, quando tutto sarà più insopportabile ed irato. Il grido di un'umanità ferita, ma desiderosa di qualcosa di grande, perché plasmata a modello della Bellezza. Il grido di un Dio, che - crocifisso perché pazzo d'amore - s'é fatto addirittura abbandono. Pupilla attraverso la quale Egli vede il suo popolo. E pupilla nostra attraverso la quale noi siamo in grado di vedere finalmente Dio.
C'è una crepa in ogni cosa, ma la terra di sogni e di speranze ora si svela.
E' così che di solito passa la luce.
Che cos'è il tempo, Davide? Ho chiuso gli occhi come hai detto tu, almeno per un po', lungo la carrellata di ricordi che hai messo proprio all'inizio del tuo spettacolo. Li ho chiusi e in un istante la magica alchimia che sai creare con le parole mi ha preso con sé e trascinato via lontano. Slogans pubblicitari, flashes del tempo che fu, prima di uno spettacolo di canzoni. Poi, quando li ho riaperti, mi sono pure vergognato un po'. Ho evitato di guardare se chi era seduto di fianco a me aveva seguito il tuo consiglio, se li aveva chiusi per davvero o riaperti all'improvviso, prima del tempo. "Quelli che hanno chiuso gli occhi hanno la mia età" - hai detto - interrompendo di colpo l'inarrestabile fluire del tuo parlare, ed io non mi sono sentito vecchio, in quel momento, proprio per niente. Semplicemente ricco di tutto quel che avevo vissuto sino a qui.
Una magica alchimia la tua, come sempre, esaltata dalla dimensione intima e raccolta del teatro Smeraldo di Milano. E che peccato che, proprio questo luogo che ci ha visto ballare e sognare, ridere e scherzare, piangere e crescere tante volte insieme, tra poco non ci sarà più. Un teatro che chiude, un colpo di spugna su mile frammenti, fatti di musica e di parole, pezzi di vita che si danno la mano, chi sul palco a raccontarli, chi laggiù in fondo, l'ultima fila della balconata, a sentirli come se fossero i suoi.
Che con te, Davide, ogni volta é così, quando metti in scena quel fiume di poesia di cui sei capace. Scherzi, ridi, ci prendi in giro, ci fai cantare e ballare e poi sterzi all'improvviso, ci trascini giù nel profondo, là dove é nostalgia di bellezza e magia, di vita dura e voglia di mistero, di desiderio di afferrare il senso delle cose.
Come la dura pioggia che cade ogni giorno, per esempio, e che questa sera é un meraviglioso medley con A Hard Rain's A-Gonna Fall di Dylan e la splendida New Orleans, una delle poche canzoni che non riesco mai a smettere di ascoltare. E' così facile sentire quella pioggia come vera, vera come quella degli affanni di ogni giorno. Sentirla inzuppare l'anima prima ancora che il vestito, appesantirne il corpo al punto che in certi momenti sembra quasi non che riesca più a tirarsi su. O come la scia costruita lungo una vita di sacrifici, orgoglio e dignità della propria famiglia e del proprio lavoro, eredità da lasciare a un figlio, che sarà - come te - Costruttore di motoscafi a modo suo. Un altro pezzo di storia, unico ed insostituibile come lo é la tessera di un mosaico, perché il disegno, tutto intero, abbia un senso, segno di una storia che la "breva" proverà "a scancélà", ma che "la porterà mai via".
Le canti tutte, Davide, le tue canzoni. Le canti tutte, questa sera. E sarà pur vero che questa mini serie di quattro date é, in fondo, il "best of Davide Van De Sfroos" tour, da ricomprarsi in doppio cd anche se quelle canzoni le abbiamo già tutte vissute ed ascoltate. Ma é anche vero che risentirsele di nuovo, stanotte, fa bene a te e pure a noi. Perchè non si smetta, per noia o per stanchezza, di continuare a guardare a tutto ciò che dà senso all'esistenza, a ciò che sa di bello e di vero, che non toglie il gusto della vita sia dentro la gioia che nel dolore. Sono raggi di sole nella pioggia, le tue storie e le tue canzoni, che la trafiggono incessantemente e fanno brillare quella scia d'asfalto lungo la quale corrono i nostri pensieri e tutta la strada - tanta - che abbiamo ancora da fare.
Ho un solo rammarico, caro Davide. Almeno a Milano, 40 Pass la potevi pure cantare.
Perché se é vero che quei corsari della Bovisa non sono frutto della tua immaginazione, ma gente che hai incontrato veramente, é altrettanto vero che "trii come luur" - ce lo hai insegnato tu - siamo anche noi. E che quella Madunina, "la sarà anca piscinina", ma "la riess amò a brilà" e "anca a scultà".
Forse é tutto qui il Grande Mistero e non c'é più bisogno di continuare a chiedersi, con Lucio Dalla, cosa sarà che fa crescere gli alberi o morire a vent'anni anche se vivi fino a cento... In questa vita che vìvum e sògnum de sfroos, c'è da fare solo una cosa: pregare il Signore a bassa vuus.
Ognuno con la sua bricòla. Una bricòla a furma de cruus.