Thursday, March 22, 2007

PROUD MARY


16 ottobre 1992, Madison Square Garden, New York.
Il meglio del rock si é dato appuntamento per celebrare il trentesimo anniversario dall'uscita del primo disco di Bob Dylan.
Una galassia di stelle, pronte a dar vita ad un concerto che si rivelerà straordinario, ognuno sul palco con versioni personali delle canzoni del cantautore americano.
Dylan, visibilmente imbarazzato ed apparentemente inadeguato come solo lui sa essere in simili circostanze, entrerà in scena alla fine, chitarra acustica ed armonica, a cambiare per l'ennesima volta le carte in tavola, attaccando con "Song To Woody", scritta nel lontano 1962 per Woody Guthrie, il suo primo grande maestro.
In un susseguirsi di cantanti e presentatori d'eccezione (Dylan stesso viene introdotto da un'emozionatissimo George Harrison), il monumento della musica country Johnny Cash, presenta ad un certo punto un trio di vivaci e belle ragazze: Shawn Colvin, la figlia Rosanne Cash, e Mary Chapin Carpenter.
Le tre daranno vita ad una brillante e rivitalizzata versione di "You Ain't Goin' Nowhere", canzone tratta dai mitici "Basement Tapes", i nastri della cantina, registrati da Dylan nel 1967 a Woodstock, insieme ai membri di The Band, in un clima d'irripetibile spensieratezza ed allegria, lontano dai clamori del palco e dallo stress del music business.
Quando le ragazze salgono sul palco non tutti le conoscono così bene, anche se Mary Chapin Carpenter si é già fatta apprezzare con ottimi album come "Shooting Straight In The dark" e "Come On Come On". La versione della canzone di Bob comunque é splendida, con la solista di G.E. Smith - uno dei più grandi chitarristi in circolazione - ad impreziosire le ottime performances vocali delle tre.

Col tempo Mary Chapin si é liberata dall'etichetta di nuova promessa della musica country, per entrare di diritto nell'élite del cantautorato femminile americano.
Una voce splendida, radici ben piantate nella tradizione americana ed una musicalità di prim'ordine.
Mi ritrovo così, a quindici anni di distanza dal concerto di quella sera, ad ascoltare il suo ultimo lavoro.
"The Calling" é di una sonorità avvolgente, rock ballads per lo più, impreziosite dai ricami pianistici dell'amico musicista e produttore Matt Rollings.
Così, quando le note di "Houston" escono dal cd della mia auto, basta un po' di fantasia e il traffico cittadino svanisce, per far posto all'orizzonte senza fine di una freeway che scorre veloce e serena verso un tramonto rosso fuoco.
Non é solo musica, però. In "Houston", ad esempio, vi é tutta la capacità descrittiva nel dipingere la desolazione del dopo Katrina e la disperazione di chi ha perso tutto dopo l'uragano di New Orleans; in altri punti del disco si trova poi l'impegno sociale, e la precisa presa di posizione - come in "Why Shouldnt We" - nei confronti dell'amministrazione Bush.
Grande musica, insomma, unita a contenuti coraggiosi e per nulla scontati.
Un altro bel disco uscito quest'anno, per chi non si nutre di sole compilation fuoriuscite dalle nostrane radio nazionali.

"The Calling", the new Mary Chapin Carpenter's album is out.
For peaceful, dreaming, still fighting souls.

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