Sali in auto al mattino, svogliatamente. Appesantito già, dalla stanchezza di giornate apparentemente messe in fila senza senso. E per giunta piove, a rendere il traffico assurdo e la gente rabbiosa.
"C'è gente senza cuore in giro per la città, alcuni pensano liberamente, alcuni pensano in cattività": De Gregori attacca a cantare Finestre Rotte, dal ritmo accattivante ed incalzante. Peccato solo che assomigli così tanto a The Levee's Gonna Break di Dylan, ma che importa, è bella lo stesso. E poi, che diamine, Bob l'aveva copiata anche lui, e quindi che differenza fa: il blues è patrimonio largo, ci stanno dentro tutti.
Sono giorni che giro intorno a questo disco, dal titolo curioso.
Ora mi attira, ora mi respinge, e non riesco a spiegarmi il perchè.
Poi, all'improvviso, mi pare di capire: è una questione di malinconia.
Una volta Don Giussani disse che "in quella parola ci riconosciamo tutti, in questa verità di attesa misteriosa facilmente ci riconosciamo tutti." Perchè "l'essenza del cuore dell'uomo è rapporto con una felicità attesa, di cui non si conosce né l'ultima natura, né il nome". Ma non è un'attesa qualunque: é "attesa di un compimento a cui noi diamo un nome: Dio".
E allora lo rimetto su il disco, continuo ad ascoltare. Sono istanti brevissimi, che separano quella stanchezza da un nuovo entusiasmo che mi sembra già di scorgere vicino. E prima ancora che abbia capito, prima ancora di qualsiasi altra cosa, una nuova canzone mi aiuta a benedire quello che sembra così stretto su di me:
Ogni giorno c’è un pezzo di strada da macinare,
ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra.
E una lacrima che sa di pioggia, che sa di sale,
ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra.
(...) E a volte mi sento come un prigioniero da liberare,
ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra.
Ma non ci sono sbarre, non c’è modo di scappare,
ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra.
E ogni giorno c’è un pezzo di strada da ritrovare,
ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra.
E una lacrima da benedire, da conservare,
per tutti i giorni di pioggia che Dio manda in terra.
Ogni Giorno Di Pioggia é luce nuova ed inattesa.
La carità è possibile - ancora una volta lo è - prima di tutto su di me, perchè possa poi rivolgersi agli altri. Ma deve avere una radice nella sofferenza. Perchè non sia buonismo, perchè sia roba vera. Devi imparare a benedire ogni lacrima, a capire il significato della fatica che c'è dietro a ciò che costruisce o, soprattutto, a quello che Qualcuno riesce a costruire.
Malgrado te, malgrado gli altri, malgrado tutto.
L'Angelo Di Lyon è difficile da raccontare.
Ma il primo istante è un tuffo nel passato e allora provo a lasciarmi cullare.
Mi rivedo affacciato su un ponte, la Saone scorre tranquilla sotto di me.
Chalon è la prima tappa di un viaggio da ventenne in Francia. Tra sogni on the road, castelli e cattedrali, notti in ostelli della gioventù.
Mi affascina da subito, quel legame tra fiume e città. Così come il mistero di ogni cattedrale - ne incontro giorno dopo giorno - magari vista sin da lontano, come quando arrivi a Chartres da Parigi. Oggi in auto, ma è proprio come ieri, cavaliere o viandante a trovare la strada e la via di casa, unica luce all’orizzonte le guglie di una chiesa.
L’Angelo Di Lyon è di una bellezza trascendente.
Mi avvolge nella musica, ma sono magiche anche le parole.
Una storia affascinante e dentro ci puoi scrivere la tua. Farci riaffiorare il desiderio, la ricerca, il Mistero nella vita; Quello che ha indossato un volto, ha vissuto e condiviso, è morto per noi. Ed alla fine è risorto.
Fu la visione di Anna Maria, con il rosario tra le dita,
ad incantare lo stregone e a fargli cambiar vita.
Lasciò la scena in un vestito grigio, lasciò un messaggio con un sorriso,
Diceva parto per Lione e cerco un angelo del paradiso.
Salì sul treno che portava a Bruxelles, ordinò cognac e croissants,
Fece l’elenco dei suoi beni futili, nella carrozza restaurant.
Pensò alle ville e alle piscine e ai pezzi rari da collezione,
Poi fece un voto come San Francesco, per il suo angelo di Lione.
E cantò l’Ave Maria, almeno i versi che ricordava,
mentre guardava dal finestrino, l’ombra del terno che lo portava.
E ad occhi chiusi sognò quei due fiumi, il Rodano e la Saone.
Simbolo eterno delle due anime, maschio e femmina di Lyon.
Restò ad aspettare sul vecchio ponte, pensò all’incontro di un anno fa,
ma i giorni vanno, diventano mesi, quattro stagioni son passate già.
Ora il suo abito è tutto stracciato, somiglia proprio ad un barbone,
Gira le strade, cerca ad ogni passo il suo angelo di Lione.
Stanotte nella cattedrale, mille candele stanno bruciando,
le tiene accese suor Eva Maria, a mano a mano che si van consumando.
E dentro i vicoli come sogni, trascina il passo lo straccione,
il vecchio scemo fuori di testa, per il suo angelo di Lione.
E cantò l’Ave Maria, almeno i versi che ricordava,
Mentre fissava fuori sui muri, la vecchia ombra che lo seguiva.
E attraversò quei due sacri fiumi, il Rodano e la Saone,
e l’acqua scura come il mistero di quell’angelo di Lyon.
E’ proprio bello questo disco e più lo ascolto, più faccio fatica a trasformarlo in parole. Ma è una preoccupazione inutile, perchè già Francesco ce lo dice: "non ci sono mai riuscito, in tutta la mia vita, a parlare delle canzoni".
E allora vado avanti ad ascoltarlo, che è molto meglio.
A scoprire paura e pessimismo, ma anche speranza e libertà da ideologia - come in Celebrazione, chissà a quanti non piacerà affatto - ed a godermi questa musica, così colta e matura anche lei, proprio come l'autore.
Perchè affiancata all'anima c'è proprio lei, la musica, e non c'è da stupirsi che sia così bella, con una band così. Ce l'avesse Bob Dylan, dannazione, invece di quel gruppo senza infamia e senza lode, dove le chitarre, se potessero, preferirebbero suonarsi da sole.
"Certo è molto diverso da quello che passano di solito le radio", dice alla fine De Gregori a proposito del disco ed a conclusione dell'intevista pubblicata sul suo sito, nuovo di zecca.
Sarà per questo, forse, che faccio fatica a togliere il cd.
O sarà quella benedetta malinconia, che continua a rapire un pezzo del mio cuore.
Post Scriptum
"L'angelo di Lione" è il titolo del bellissimo post di Paolo Vites.
Lo trovate sul suo blog qui:http://gamblin--ramblin.blogspot.com/2008/05/langelo-di-lione_18.html
5 comments:
bella lettura di un grande disco, specie l'interpretazione che fai di Ogni giorno di pioggia è davvero ficcante... grazie bro'
BELLISSIMO, grazie Fausto per questa intro, mi hai fatto venire una gran voglia di ascoltare il disco.
certe canzoni non saranno mai di moda, e forse per questo dureranno molto di più... io penso perchè parlano di un mistero che cerchiamo noi, che siamo noi.
E siccome il tema non è chiuso ma aperto, non è definibile, non si può dare in pasto al mercato, non è "vendibile".
E forse è meglio così.
A presto!
ps. qs vorrei pubblicarlo sul grillo!!
Non riesco mai a scrivere di nulla se dietro, in qualche modo, non c'è la mia vita e l'esperienza vera di ciò che mi accade.
Proprio un paio di giorni fa, dentro il negativo di una giornata spesa male, mi veniva in mente ancora quella canzone ed il benedire le mie lacrime con un "per Te", che era uno sguardo più in alto.... Tutto dopo è andato meglio, perchè su quel mio "niente" Lui è riuscito a costruire qualcosa.
Grazie, Paolo e Grillo, per i vs. commenti.
Naturalmente il Grillo ha carta bianca nel pubblicare quello che trova su qs. blog!!!
un abbraccio
Che cosa sta succedendo nella musica?
Sempre più cantanti fanno dischi "religiosi" in cui c'è un riferimento esistenziale a Dio.
Il clima è cambiato e loro se ne accorgono per primi?
Marketing?
Cristianesimo sdoganato?
L'età che avanza?
De Gragori, Vasco Rossi, Dalla, Venditti e altri.
Beh il materiale per un post ce l'hai...
Forse è tutto questo, o forse é il Bello che si fa strada in chi non ha mai smesso di guardare con sguardo vero la realtà.
De Gregori, come Dylan e tanti altri, sono affascinanti per questo.
E per me, ogni volta, è stupore...
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