Saturday, October 28, 2006

IL DIALOGO DELLA RAGIONE


Vent’anni esatti quest’oggi, da quell’intuizione di Giovanni Paolo II di radunare ad Assisi i leader cristiani e delle altre religioni, per pregare gli uni accanto agli altri.
Il dialogo interreligioso é avanzato in questi anni, nell’accresciuta consapevolezza di ciascuno delle radici e ragioni della propria fede e tanto più quanto ci si é sforzati di mettere in atto la famosa “regola d’oro”, comune a tutte le religioni e che recita "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te" o, in positivo, "Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te" .
Uno di questi momenti di dialogo é accaduto in questi giorni a Milano, all’Università Cattolica di Milano, in occasione della presentazione della traduzione in lingua araba del più famoso libro di Don Giussani, “Il senso religioso”.
Chi ha assistito all’incontro, presenti don Julian Carron, attuale successore di Don Giussani alla guida del Movimento di Comunione e Liberazione, ed il professor Wa’il Farouk, docente di lingua e letteratura araba all’Università del Cairo, difficilmente lo scorderà.
Momenti di dialogo intenso, nel desiderio d’incontrare l’altro nella sua integralità.
Come quando Wa’il Farouk dice a tutti : “Sono qui stasera per fare il primo passo, per dire insieme a voi che la paura non deve impedirci di amare. Non abbandonate il coraggio dell’amore”.
Farouk risponde alla proposta che Carron cita come contenuto del libro, “occasione di scoperta dell’esperienza umana in tutta la sua ampiezza per le persone di culture e tradizioni diverse dalla nostra”.
Un momento di coraggio, di quel “coraggio di aprirsi all'ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza”, citato da Papa Benedetto XVI a Ratisbona, preludio al vero dialogo delle culture e delle religioni

2 comments:

Anonymous said...

Caro Fausto, ammiro le tue convinzioni ma, devo dirti la verità, non riesco a condividerle.
Lo so, mi mancano le tue certezze, la tua preparazione ma nella mia semplicità non riesco a capire il bisogno del dialogo interreligioso a tutti i costi. Non fraintendermi, non sono certo qui a rimpiangere lo spirito delle crociate (a proposito, che bisogno c'era di scusarsi di un evento di 800 anni fa ormai spiegato dalla storia?) ma ugualmente faccio fatica a considerarmi assolutamente sullo stesso piano di fedeli di altre religioni. Mi chiedo, se sono sicuro che il messaggio di Cristo è vero e valido, come posso rapportarmi con chi nega tale verità, come posso accogliere chi spesso propone ideali del tutto antitetici ai miei? Certo, abbiamo precetti comuni come il valore del vecchio testamento, il significato della preghiera, della carità ma mi sembrano solo aspetti "secondari" rispetto al messaggio della Croce.
La Fede non prevede relativismi: o si crede in un messaggio e lo si ritiene vero e pertanto superiore agli altri oppure no. Un'idea politica, sociale, economica può prevedere zone di contatto, può ammettere grigi, la fede no. Mi sembra di ricordare che nel Vangelo è scritto: sia sì al sì e no al no. I forse, i magari, i " si potrebbe" appartengono agli uomini, non al divino
Ciao e scusami
Ale, ovvero un emodinamista confuso

Fausto Leali said...

Ale carissimo,
grazie per la tua attenzione ed il tuo prezioso commento.
Per quanto mi riguarda non si tratta di dialogo interreligioso a tutti i costi, ma di amore, costi quel che costi.
Quando penso al testamento di Gesù “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,20) non riesco a pensare a chi mi sta di fronte in una dimensione differente da quella dell’Amore.
Come dire che Dio chiede a me di relazionarmi col prossimo con questa modalità, senza secondi fini, fossero pure quelli di giungere alla condivisione della fede in cui credo, al resto pensa Lui.
Ricordo anni fa quando una illustre e santa persona, morta di tumore nel 2001, parlando ad un gruppo di membri del Movimento dei Focolari descrisse una propria modalità di vivere l’amore evangelico che mi rimase impressa e di cui faccio tesoro ancora oggi.
Egli disse – più o meno – che costruire rapporti d’amore significa amare colui che mi sta di fronte nell’attimo presente. Questo amore, questo uscire da me stesso, questo amare per primo, questo amare senza giudicare, comporta una risposta che può essere un rifiuto o un’accettazione. Se è un rifiuto è la nascita di Gesù crocifisso e l’abbraccio a quel Gesù è sempre un Gesù riconosciuto e perché riconosciuto quel Gesù emana lo Spirito Santo che raggiunge anche quella persona espressione del rifiuto. Lo raggiunge in un modo misterioso, a noi sconosciuto, ma lo raggiunge.
Se invece c’è un gesto d’accettazione, indipendentemente dal fatto che lui sia o no cristiano, per il semplice fatto che c’è una manifestazione di reciprocità, nasce la presenza di Gesù tra le persone, perché anche lui è uscito da se stesso e, in qualche modo ha abbracciato Gesù crocifisso. Questo è solo un seme, ma portato avanti genera frutti che possono essere grandi.
Tutto qui, senza desiderio di un nuovo sincretismo religioso e fedeli – certamente – al sì sì no no del Vangelo.
Perché amare il prossimo è anzitutto essere fedeli alla Verità che la provvidenza ti ha fatto incontrare.
Con un caro saluto,
Fausto