Sunday, January 07, 2007

PEDANA DI LANCIO


"Si sta facendo buio. Non vedo bene. Non che ci sia molto da vedere, in effetti. C'é troppa confusione. Dovrei dormire, ma sono troppo stanco anche per fare questo.
Mi piacerebbe vedere Clara ed Alessandra. Mi piacerebbe vedere la mia vita. Mi piacerebbe fare tante cose. Tante cose per cui non ho avuto tempo...
Ma come si fa ad avere tempo ?

E' sempre più buio. Ho anche un po' freddo. Non ho più dolore.
Mi hanno spostato di letto. Dove stiamo andando ? Dove mi portano ?
Io non riesco a vedere. Non sento più niente. Niente. Ho di nuovo paura.
Clara ! Alessandra ! Dove siete ? Non lasciatemi solo ...
Ma dove sono andati tutti ?
Ma perché hanno spento la luce ?
E' buio, é sempre più buio. Sempre più buio. "
Nel romanzo di Marco Venturino (1) per il protagonista, Pierluigi Tunesi, ricoverato in rianimazione dopo un'intervento chirurgico, non c'é più speranza : quel buio é l'anticamera della morte.
La storia del libro é spietata e fa riflettere, ma non lascia scampo.
Nel racconto non c'é prospettiva neppure per Luca Gaboardi, responsabile del reparto, che attende la moglie del paziente: "Sono nel mio studiolo e sto aspettando. Sto aspettando le lacrime e il dolore della signora Clara in Tunesi. Lacrime e dolore che conosco bene, che ho visto tante volte. Così come conosco la solita domanda: "Perché é successo ? ". Ma non conosco la risposta".

Quella di Tunesi é l'esperienza estrema: la sua paura é quella finale, terribile, di una malattia vissuta senza speranza.
Eppure basta una circostanza dolorosa qualsiasi e a ciascuno di noi sembra che accada come a lui: qualcuno ha spento la luce.
Cala il buio all'improvviso su circostanze di vita che un attimo prima ti erano apparse diverse, magari anche affascinanti. Buio sulle emozioni, buio anche sulla luce dell'intelletto: ciò che ti pareva d'aver compreso diviene all'improvviso oscuro e privo di significato.
Tuttavia come non sapere che "un prato verdeggiante di notte, quando le tenebre lo coprono, può sembrare non più un prato, però rimane sempre un prato". (2)
Ti sembra di saperlo, ma in realtà lo misconosci: il buio schiaccia e rifiuta l'evidenza.

Ma quel buio che cos'é?
A volte, in un guizzo di scrupolo e di onestà, non appare più l'insieme delle circostanze.
Non più vittima di esse, ma attore di ciò che accade.
L'oscurità é il tuo limite, percepito in tutta la sua consistenza e questo ti opprime ancor di più, ti immobilizza. L'amor proprio e l'orgoglio ferito superano ogni capacità di pazienza.
Se il buio é causato dagli altri ce la puoi fare ancora, ma se é causato da te stesso, i conti non tornano più.

Allora il limite cos'é ?
Ostacolo che ferma la corsa o pedana di lancio su cui salire per andare oltre ?
E' oltraggio a me stesso guardarlo in faccia per quello che é - bisogno di rivolgere lo sguardo ad un Altro - e magari giungere a scoprire che non mi scandalizza più ?
Un prato "rimane sempre un prato", basta guardarlo nella prospettiva giusta, quella dell'Amore.
Perché quello scritto prosegue così : "...Così tu, Gesù in te è sempre bello, lucente, anche se i tuoi occhi lo scorgono nero e pieno di tenebre. Fuga le tenebre con l’amore". (2)

Note:

(1) Marco Venturino - Cosa sognano i pesci rossi - ed. Mondadori.
(2) Chiara Lubich, scritto del 1949

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