Wednesday, February 04, 2009

DOVE MI PORTA IL CUORE

"il vero protagonista della storia é il mendicante: Cristo mendicante il cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo"
(Luigi Giussani)


Non fatevi strane idee: in questo post non c'é nulla di sentimentale.
Ed anche se, neanche troppo in fondo, sono sempre stato un gran romanticone, un approccio virile alla vita é quello che preferisco di gran lunga.
Però il cuore con la mia vita c'entra eccome ed io, per parafrasare la celebre scrittrice, finisco sempre per andare dove mi porta lui.
Intanto lo curo tutti i giorni, ma non il mio, quello degli altri. Il che mi fa correre parecchio e non solo perché il cardiologo lo chiamano spesso d'urgenza, ma perché, secondo me, lo chiamano più degli altri. L'ho anche detto ad un collega neurologo, una volta che ci siamo trovati insieme in pronto soccorso: "sai, tu sei più fortunato di me, a te ti cercano di meno, perché tutti hanno un cuore, ma mica tutti hanno un cervello...".

Tant'é, comunque il cuore mi piace perché é anche una questione di ritmo e a me la musica, si sa, é sempre garbata parecchio. Quindi via libera a tutti i ritmi, non solo quello sinusale regolare, perché amo la fibrillazione atriale e pure la tachicardia ventricolare sostenuta.
E d'altra parte che noia se il ritmo fosse sempre uguale, ben venga il rock'n'roll e pure il punk.
La fibrillazione ventricolare, però, quella no, che dopo poco ci si arresta e allora diventi parte di quel supergruppo in cui suonano già Elvis, Janis e Jimi ed io al loro concerto preferisco invitare meno gente possibile...



(immagini ecocardiografiche di una cardiomiopatia dilatativa: mica é sempre una fortuna avere un cuore grande...)

Vabbé, tutto questo sproloquio, per dire che il mio lavoro mi appassiona e che andare dietro ai cuori della gente é una gran fortuna, perché grazie al muscolo finisci per imbatterti sempre con l'anima. Cosa che fa sì che ti facciano un baffo anche le ore di straordinario non pagate e scusa se é poco e chi ha orecchie per intendere intenda.
Voglio dire che alla fine misurarsi con il limite é una gran fortuna, perché vuol dire essere costretti a prendere sul serio la tua vita. Vita che quando é messa in pericolo, come nella malattia, avvicina di più la persona al Significato che la sostiene.
Essere vicino tutti i giorni a questa realtà, vuol dire aiutare gli altri ed aiutar me stesso a scoprire "come la malattia possa non essere ostacolo alla vita, ma vibrazione di un pezzo di vita più intensa, di un'attesa più importante" (1) e quindi "accorgersi con sorpresa ogni volta in noi stessi e nei malati che incontriamo di questa possibile intensità di vita, é avvicinarsi a quello che più caratterizza l'uomo: un mistero e un desiderio infinito" (2).
Mistero e desiderio infinito si coniugano bene col cuore, ecco perché mi piace andargli dietro.
Ma non é sentimentalismo: é realismo.


Note:
(1) Paola Marenco, dall'introduzione alla mostra "Misurare il desiderio infinito?", Itaca ed.
(2) ibid.

3 comments:

Paolo Vites said...

amico, sei un grande.

Maurizio Pratelli said...

Ma bello bello bello questo post. Gli dedicherei sette canzoni a un cuore come il tuo.

Fausto Leali said...

Grande é avere amici come voi... :-)