Friday, August 19, 2011

CAHIERS DE FRANCE (11) - NOSTRA SIGNORA DI CHARTRES


Non è un lungo pellegrinaggio a piedi, quello che mi porta fino a qui, un cammino come quello che Charles Péguy fece da Parigi. Eppure il percorso che mi conduce a Chartres è, a suo modo, altrettanto intenso e affascinante. Per mesi ho studiato ogni pietra di questa cattedrale, ho cercato di entrare nel mistero della capacità di carpentieri, scultori e mastri vetrai, che in soli ventisei anni riuscirono ad innalzare quel capolavoro d’arte gotica che è la cattedrale di Notre-Dame. Ventisei anni a partire da un venerdì di giugno del 1194, in cui un furioso incendio risparmiò solo la cripta e le torri della facciata dell’edificio principale ed in cui si pensò che il Velo della Vergine, quello indossato da Maria il giorno dell’Annunciazione, fosse andato irrimediabilmente perso tra le fiamme. Fu il suo insperato ritrovamento tra le braci, invece, a fare da vera e propria testata d’angolo della costruzione di una nuova chiesa, quella – più bella – che forse la Madonna voleva per sé ed alla cui ricostruzione una comunità intera - vescovi e commercianti, umile popolo e cavalieri - volle dedicare tutta la fatica ed il proprio denaro.

Ho già percorso altre volte la strada che, dalla periferia sud-ovest di Parigi, conduce sino a qui: la campagna della Beauce, infinite distese di prati verdi e campi di granturco, dai quali, già a molti chilometri di distanza, si possono scorgere le guglie della cattedrale svettare verso il cielo. Il viaggio è più veloce di quando viaggiatori e pellegrini di un tempo lo percorrevano a piedi o a cavallo, ma le sensazioni non sono poi così diverse, per uomini che abbiano conservato intatto il desiderio del proprio cuore.
Perciò, quando giungo davanti alla facciata, mi sembra d’avere in tasca, in qualche modo misterioso, le chiavi per aprire finalmente i cancelli della Bellezza, il portone dell’infinito capace di farsi solida certezza. Nel suo discutibile libro “I misteri della cattedrale di Chartres” – discutibile perché distorce, con occhio esoterico e massone, la realtà – Louis Charpentier almeno una cosa giusta era giunto ad affermarla: “l’armonia è rimasta intatta… e nessuno può vantarsi, anche intellettualmente, di uscire dalla cattedrale di Chartres identico a quello che era prima di penetrarvi”. E' proprio così: non si può rimanere indifferenti in questo posto. Ma il possesso di quelle chiavi non é esclusivo: si tratta di qualcosa alla portata di tutti, di chiunque abbia conservato un cuore sincero, non corrotto dal tempo e dalle cose, e capace ancora di desiderare cose grandi.

Il sole, passando attraverso il blu cobalto delle vetrate, illumina magicamente anche gli angoli più remoti della cattedrale, mentre fuori la luce di un tramonto surreale – quasi le dieci di sera e dietro ad ogni individuo si staglia ancora chiara la sua ombra – incornicia uno dopo l’altro i meravigliosi portali. L’angolo nord-est, direzione del sorgere del giorno al solstizio d’estate, è il luogo dove tutto reinizia, la porta della Natività, il compimento della Nuova Alleanza. Come uomini del Medioevo, incapaci di leggere e scrivere, ma custodi ancora di quel cuore sincero, si può compiere un percorso che, passando dal portale sud, giunga infine sino al Portal Royal, l’ovest della cattedrale e rintracciare così tutte le sorgenti del sapere. Non c’è contraddizione tra scienza e fede: Dio s’è incarnato e tutta la sua vita è qui rappresentata; ma la vita dell’uomo è importante ai Suoi occhi e la continuità della creazione è scolpita negli uomini al lavoro, nei numeri, nel suo sapere. Non ci sono urla né stridore di denti per chi sia stato capace di conservare quel cuore di carne. Il giudizio universale del portale sud e la rappresentazione dell’apocalisse ad ovest, l’ingresso della cattedrale, posto là dove il sole tramonta, non sono luogo di mistero e di paura, ma di speranza per chi si dirige ad est, verso il Levante, dove apparirà, come un nuovo sole, Cristo che sconfigge tutte le nostre fatiche e il nostro dolore. Anche il labirinto, tristemente coperto dalle sedie, al centro dell’enorme navata centrale, non è luogo che quel cuore lo schiacci o lo opprima. I pellegrini che lo percorrono in ginocchio oggi non ci sono più, ma l’ultimo passo, il “salto nella gioia” si può compiere anche adesso, ché la via d’uscita è uno sguardo verso l’alto ed il mito di Crosso, il combattimento di Teseo col Minotauro, è storia del passato: non siamo fatti per luoghi di morte, ma per la vita. E percorrendo in lungo e in largo tutta la cattedrale, le necessarie soste davanti a Notre-Dame de la Belle Verrière, al Velo della Vergine, a Notre-dame du Pilier, lo sguardo non riesce a fare a meno di andare continuamente fin lassù, le volte della chiesa. Perché la magia di quest’edificio di pietra è anche questa: un luogo dove mura, colonne ed archi rampanti convergono le forze verso il basso, attira invece irresistibilmente i nostri occhi verso l’alto. Nulla è superfluo, tutto è necessario. Ma ciò che è necessità, qui si é fatto anche Bellezza.

Alla fine, quando il giorno se ne va, giunge anche per me il momento d’andar via. Anche se non si tratta di un addio: piuttosto di un arrivederci, perché prima o poi qui ci tornerò. Ma c’è un’esistenza, là fuori, che chiama a sé, esistenza destinata a diventar certezza, ancor più bella - se vissuta bene nell’attimo presente - di dieci, cento, mille cattedrali. Nell’Annuncio a Maria, di Paul Claudel, Anna Vercors dice a Pietro di Craon, costruttore di cattedrali: “Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per esser data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire”. Eccola, la vita che chiama a sé, l’avventura che mi aspetta. Ed é semplice, in fondo, basta saperle obbedire. Con Amore. Nella certezza che il nostro nome, da sempre, è già stato pronunciato. Da un Altro.

(4-continua)

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