Thursday, November 16, 2006

UNA CROSTA DA ROMPERE


Ci sono mattine in cui, al risveglio, mi ritrovo appesantito ancora dal negativo incontrato il giorno prima; giorni in cui il sorgere del sole, le ritrovate energie, non bastano a ricoprire di fascino l’irrompere di una nuova giornata, tutta da vivere con pienezza. So già che gioia ed allegria si mescoleranno inesorabilmente ad imprevisti scomodi e fastidiosi, a rabbie e paure, ad ostacoli in apparenza insormontabili. E mi ribello, incapace di riconoscere in quelle circostanze il Suo volto, quando, in un eccesso di follia d’amore, ha gridato anche Lui “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?”.
Allora, quando riesco, mi affido, e questa - invariabilmente - diventa la via d’uscita, capace, di dare la svolta alla mia giornata.
Perché “c’é una crosta da rompere”, ogni momento, come racconta Emilio Bonicelli, scrittore e giornalista del "Sole 24ore" in questo suo splendido libro:

Quando, avvolto nella coperta dorata, mi portavano lungo i corridoi dell’ospedale verso la dolorosa TBI, chiudevo gli occhi e desideravo di vedere il volto di Maria. Lo stesso volto del quadro che avevo lasciato nella mia camera. E invece di fronte a me compariva solo una crosta, come la pelle nera di un serpente. La luce stava dietro.
C’é una crosta da rompere. Da rompere ogni giorno. La crosta dell’egoismo e dell’invidia, la crosta della banalità e della meschinità, la crosta della violenza e della solitudine, la crosta della malattia e della morte. Ma la crosta é mescolata in modo profondo e umiliante alle nostre ossa e togliercela di dosso non ne siamo capaci. Noi desideriamo, cerchiamo, ci disperiamo, ma solo una grazia può squarciare quel velo. Solo lo stupore di fronte al mistero di Dio che viene a immischiarsi con noi e rende possibile una terra nuova.
La crosta non é scomparsa, ma un giorno, chiudendo gli occhi si é lacerata, come un’iniziale ferita, e da quel taglio scendeva la luce. La luce di Cristo, che gratuitamente si dona, che entra in noi e ci insegna ad amare. Nella carne, nella terra arata, nella collera, nella dimenticanza, nella selva che confonde la luce, nell’amicizia che sostiene. Ma, da questo grano della vita, a ogni istante possiamo alzare a lui lo sguardo, come mani levate, e la fede cambia la pioggia, cambia il dolore, cambia le ferite. Non più gelida notte, ma fervida attesa in cui, nella fraternità, si afferma la comunione. Luce del giorno che viene, per essere come lui nel suo amore. Sino a che la terra arata, il corpo segnato, le mani affaticate, le ginocchia infiacchite diventano culla di una gioia che nessuno può strappare. Culla di conversione.”

(tratto da “Ritorno alla vita. Il cammino di un uomo che lotta per vincere la leucemia”, di Emilio Bonicelli, ed. Jaca Book)

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