Saturday, July 26, 2008

MASCHERE

"I have my Bob Dylan mask on, I'm masquerading,"
(Bob Dylan, Halloween Concert, Philarmonic Hall, NYC,
31 ottobre 1964)

Se c'é uno che nella vita di maschere sembra non averne mai indossate, questi é probabilmente Bob Dylan.
O forse, invece, ne ha indossata una tutta particolare, spesso enigmatica e quasi impenetrabile, e che sostituì un giorno e una volta per tutte il Robert Allen Zimmerman che c'era sotto, come a difenderlo da un mondo esterno troppo spesso complicato: "You may call me Bobby, you may call me Zimmy / You may call me R.J., You may call me Ray / You may call me anything, but no matter what you say" ("Gotta Serve Somebody")
E' indiscutibile comunque che il modo di Bob Dylan di porsi di fronte al pubblico sia sempre stato libero, anticonformista, indipendente dal giudizio altrui. Quando, nel famigerato tour inglese del 1966, uno spettatore lo insulta e gli grida Giuda!, lui prosegue per la sua strada. "I don't believe you!" gli risponde e poi aggiunge "you're a liar" - "sei un bugiardo!" - come dire io sono io e questo é quello che porto sul palco adesso, sei tu che mi vuoi diverso, che vuoi che mantenga la maschera che ti piace di più, quella che possa andare bene ora - il folksinger di protesta - per poi chiedermi un domani d'indossarne un'altra.
Anche gli attuali shows del neverending tour, in fondo, appaiono l'espressione di una forma di libertà d'espressione quasi imbarazzante. Una proposta musicale che appare discutibile, dentro i limiti di una voce logorata, di una band sottotono, di una scaletta musicale troppo ripetitiva, di un entusiasmo dell'artista che appare poco percepibile. Eppure c'é un'onestà di fondo, un proporsi per quel che si é, forse e soprattutto un bisogno esistenziale in quel continuare a percorrere palcoscenici di tutto il mondo al di là del prodotto finale. Non c'é dialogo con chi ha di fronte, o ce n'é poco, certamente, ma non c'é mai una maschera, non c'é inganno. Come la ragazza di Like A Rolling Stone, l'artista sembra più nudo adesso e quindi, paradossalmente più avvicinabile, perché lontano dal mito di se stesso: "When you got nothing, you got nothing to lose / You're invisible now, you got no secrets to conceal".




Ci sono un sacco di artisti, nel mondo del rock - così come nella vita di tutti giorni, del resto - che di maschere sembrano indossarne parecchie.
Maschere di ogni tipo, ad esempio quelle del "tutto esaurito allo stadio", che arrivano perfino al regalare i biglietti del concerto, pur di raggiungere lo scopo.
Ma quello di nascondere se stessi é un vizio comune e, a ben vedere, riguarda tutti quanti, nessuno escluso.
Chi non ha mai indossato una maschera qualunque al mattino? Da mettere su quando non hai voglia e quando ti difendi. Per non rischiare, per la poca voglia di giocarsi fino in fondo di fronte alla realtà.
E' così lungo il cammino dell'uomo verso la vera libertà.


"potremmo anche aver suonato la migliore o la peggiore musica mai scritta, ma questo poco importa, perché quello che conta é che ci sia stato un gesto dove chi ha proposto la sua arte non l'ha fatto per vendere o per farsi applaudire, ma l'ha fatto per comunicare... e chi ha ascoltato era teso e attento a quanto veniva comunicato".

Così scrive Ivano Conti, a proposito della seconda edizione di rdRock, sul forum di Crossing.
Allora ripensando allo show di qualche sera fa, svoltosi al Rosa Antico Club, piccolo locale di Milano, la prima cosa che mi viene da pensare é che lì di maschere, invece, non se ne sono proprio viste.
E questo non solo per la bellezza ed onestà della proposta, una verve compositiva che prende spunto sempre da un'esperienza di vita, ma anche per un qualcosa che percepisci essere relazione.
Relazione col pubblico, perché qui sì che ti importa quello che pensa chi é lì davanti ad ascoltarti. Anzi, proprio perché anche quello diviene esperienza può e deve essere correlato per forza al tuo suonare e raccontare. Ed allora non appare neppure strano il percepire anche - e questo é cosa strana ed inusuale davvero - che i musicisti che si sono alternati sul palco sembrava facessero a gara a mostrare la loro amicizia, quasi più che le canzoni.
Come a dire che c'é un giudizio che emerge da uno stare insieme così e forse un prodotto artistico frutto di un percorso del genere può davvero avere la possibilità di essere fuori dal comune, con molte più probabilità di altre proposte di coniugarsi con il fascino e la bellezza.
Di buona musica - poi - l'altra sera se ne é sentita parecchia, ma questo, ti viene da pensare, é quasi inevitabile, se dentro hai davvero qualcosa da grande.

In questo video, cortesemente messo in rete da Ivano Conti e dal blog di Bomber, ci sono un po' di foto e di canzoni della serata.






Ivano Conti (http://www.myspace.com/ivanoconti)
Giovanni De Cillis & Coil Spring (http://www.coilspring.altervista.org/)
Walter Muto (http://www.waltermuto.it/)
Francesco D'Acri (http://www.myspace.com/frankdacri)

2 comments:

formazione said...

Grazie per il bellissimo post, solo per correttezza ti informo che il video è stato realizzato direttamente da Ivano Conti e pubblicato sul forum di Rdrock quindi ogni autorizzazione andrebbe chiesta direttamente a lui.
L'intervista è invece stata realizzata qualche giorno prima dell'evento da un gruppetto di frequentatori del forum stesso.
PS se per te va bene ti ho aggiunto tra i miei link preferiti...

Fausto Leali said...

Grazie a te Bomber!
Naturalmente ti ho aggiunto anch'io nei miei link preferiti :-)
Adesso corro da Ivano a chiedergli il permesso....